La clamorosa cattura dei banditi di via Cavour e il ricupero dei cinquanta milioni di gioielli

La clamorosa cattura dei banditi di via Cavour e il ricupero dei cinquanta milioni di gioielli Piange di gioia Tore fico alla notizia dell'insperato ritrovamento La clamorosa cattura dei banditi di via Cavour e il ricupero dei cinquanta milioni di gioielli I preziosi si trovavano in due valige al deposito di Porta Nuova - Due dei rapinatori tentano di riprenderli: sono pedinati e accerchiati dalla polizia in piazza San Giovanni - Altri due fermati a Milano, dov'era la centrale della banda - Si ricercano i complici: alcuni appartennero alla "gang,, dì Pierrot Le Fou - Sulle tracce del "palo,, che nascose la refurtiva L'operazione della Questura di Torino contro i rapinatori di via Cavour si è conclusa con esito brillantissimo: i gioielli del valore di 50 milioni sono stati recuperati, due banditi sono stati tratti in arresto e la cattura del resto della terribile banda è ormai cosa certa. ■ La rapina — come i lettori ricorderanno — era avvenuta I la mattina di giovedì 21 giugno in via Cavour 6, nel tratto compreso tra via Lagrange e via Gobetti. Alle 9 e qualche minuto tre individui erano entrati nell'oreficeria del signor Umberto Orlando. Secondo quanto è stato possibile ricostruire attraverso le indagini, due di essi reggevano ciascuno una valigia: erano entram- be di fibra, da poco prezzo, gialla una, verde l'altra: la gialla era vuota e doveva servire per portar via 1 gioielli, la verde conteneva un mitra < Beretta » calibro 9 con l'impugnatura rifatta tipo pistola (quindi notevolmente accorciata), due rivoltelle cariche con pallottola in canna e otto caricatori per il mitra: una semplice pressione sullo «scat- to » della valigia e ne sarebbe rò venute fuori le armi, pronte per sparare. Il terzo bandito impugnava una chiave inglese di notevole proporzione, avvolta in Un cencio. L'Orlando non aveva nemmeno il tempo di rendersi conto della situazione, che la chiave inglese gli si abbatteva sul cranio con selvaggia violenza. Nel giro di pochi mintiti 1 tre malviventi s'impadronivano di quasi tutti i gioielli esistenti nel negozio (35-40 milioni di valore effettivo, circa 5X1 milioni di valore commerciale) e poi fuggivano salendo a bordo di una « 1100 » targata Gorizia Subito dopo l'orefice, che era stato legato e imbavagliato, veniva soccorso dai negozianti vicini e trasportato all'ospedale San Giovanni. La Mobile arrivava sul posto immediatamente e i funzionari, come p. '.ma misura (rivelatasi efficacissima) ordinavano il blocco della città. L'allarme era diramato a tutti i commissariati e a tutte le pattuglie volanti: centinaia di agenti — la forza disponibile al completo — circondavano Torino nello spazio di un quarto d'ora controllando le vie d'uscita e fermando ogni macchina sospetta. Il blocco obbligava i banditi a rinunciare alla sortita da Torino: essi abbandonavano verso le 10 l'auto (rubata a Milano ad un rappresentante di commercio di Gorizia) e sparivano. Il particolare che l'auto fosse stata rubata nella capitale lombarda faceva supporre facilmente che la banda provenisse di là. I funzionari della Mobile interrogavano alcune persone che avevano assistito alla fuga dei rapinatori da via Cavour e che ne ricordavano i connotati. Sabato 23 il dottor Sgarra si recava a Milano con tre di queste persone e passava l'intero pomeriggio nell'archivio segnaletico della Questura esaminando fotografie di pregiudicati. Dopo quattro- o cinque ore di lavoro i testimoni riconoscevano concordemente due del banditi. Prima di notte i vari elementi della banda, sei in tutto, erano stati identificati. Cinque risultavano a Milano, il sesto (come ai poteva apprendere più tardi) era rimasto a Torino. Una rapida inchiesta negli ambienti della malavita milanese permetteva di stabilire che nessuno dei cinque era stato visto con valigie di gioielli, né era entrato in contatto con ricettatori. La refurtiva, con ogni probabilità, doveva trovarsi a Torino. Infatti i banditi, effettuata la rapina, avevano girato per Torino presumibilmente a piedi e in taxi e alle 12,30 si erano fermati a mangiare in una trattoria-bottiglieria di via Barbaroux: erano ancora in possesso delle due valigie. Nel pomeriggio si recavano da una affittacamere del centro e qui uno dei sei — giovane, basso di statura, bruno di pelle e di capelli, dall'accento meridionale — prendeva alloggio tenendo presso di sé le valigie. Gli altri, in treno o in pullman tornavano la sera stessa a Milano. Ma la polizia aveva iniziato un rigoroso servizio di perlustrazione in alberghi pensioni e camere d'affitto: cosi 11 giovanotto (che, si pensa, durante il « colpo » aveva funzionato da palo e s'era poi incontrato con i complici in un secondo tempo), temendo di essere sorpreso, giudicava opportuno disfarsi temporaneamente delle valigie e alle 23,55 di domenica le consegnava all'ufficio bagagli a mano di Porta Nuova. Allo sportello era l'impiegato signor Vincenzo Domenino di 46 anni; e il Domenino si ricorda perfettamenIte dell'episodio in quanto 11 gfbngbzisvtpgldtadptcnmmTrdgpuQt«gbddanLncdnd giovanotto era in preda ad una fretta indiavolata. < Sono subito da lei » diceva il Domenino che stava ritirando la valigia di un altro viaggiatore «abbia pazienza un attimo ». « Pazienza, pazienza! » esclamava il giovanotto in tono seocatissimo « non ho tempo da buttar via, io!...». Intascava lo scontrino n. 1485 e s'allontanava precipitosamente. Alle 7 di lunedì una pattuglia, che svolgeva indagini per la rapina, passava anche dal deposito bagagli: e subito l'attenzione del funzionario era attirata dalla valigia verde e dalla valigia gialla. «Chi le ha portate qui? Lei si rammenta? ». L'impiegato descriveva 1 connotati del giovanotto. I connotati corrispondevano esattamente a quelli del sesto elemento della banda rimasto a Torino. Non vi potevano essere dubbi. Da quel momento il deposito bagagli veniva sorvegliato strettamente. La trappola stava per scattare. Martedì all'alba giungeva una comunicazione-radio dalla Questura di Milano: era partita alla volta di Torino una « 1900 Alfa Romeo » di colore grigio, targata MI 184236: a bordo dell'«Alfa» erano due degli indiziati, Luigi Discepolo di 44 anni, nato a Marsiglia e abitante a Milano in via D'Annunzio 1 detto « il tatuato », e Luciano Serrapiglia di 37 anni nato a Gentilly (Parigi), domiciliato in viale Coni Zugna 57, detto «Armando»: i due erano stati sorvegliati e pedinati sin da sabato notte e ogni loro mossa'non poteva sfuggire alla polizia. Quando alle 6 giungevano alla fine dell'autostrada venivano seguiti a breve distanza da una vettura della Mobile. H Discepolo e il Serrapiglia parcheggiavano l'< Alfa » In piazza San Giovanni, al ridosso di Palazzo Chiablese, e poi s'avviavano a piedi. Si fermavano in un bar di via XX Settembre a far colazione e alle 8,45 circa facevano la loro comparsa nell'atrio della stazione di Porta Nuova. Per tre volte, nel corso di un paio di ore, s'avvicinavano allo sportello dell'ufficio bagagli, ma ogni volta si ritiravano. Intanto la stazione era stata circondata da decine e decine dagenti armati. Il Discepolo e il Serrapiglia notavano il movimento e avevano la sensazione di essere caduti nella rete. Si dividevano e s'allontanavano. Si riunivano in corso Matteotti angolo via XX Settembre e procedevano insieme per via Arsenale. Erano forse convinti di essere riuscita sfuggire all'accerchiamento della polizia: tuttavia, sino al le 14, girovagavano per Torino: e gli agenti sempre dietroAlle 14 mangiavano nella bottiglieria di via Barbaroux (dove aveva già sostato la banda dopo il «colpo»: è sottinteso che la scelta del locale è stata puramente dettata dal caso) alle 15,30 tornavano in piazza San Giovanni per risalire aull'tAlfa» e tornare a MilanoMa la polizia era lì, in agguato, e per colmo di prudenza gli agenti avevano sgonfiato le gomme della macchina. Come il Discepolo e H Serrapiglia aprivano lo sportello si sentivano afferrate per le bracciaDieci minuti dopo erano negluffici della Mobile. Si mostraI vano offesi, negavano recisa11111 i 1111 1 ■ 1111 II 111111111111111111M ■ 111111111 ! 111 1 mente. In tasca non avevano armi e nemmeno lo scontrino necessario per 11 ritiro delle valigie. Evidentemente essi a Torino, nei pressi della stazione, dovevano incontrarsi con il giovanotto piccolo e bruno che deteneva Io scontrino. Le valigie' — con* l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria — venivano prelevate e portate in questura: nell'una vi erano le armi, nell'altra tutti i gioielli, dal primo all'ultimo monile (compreso il famoso rubino da 8 milioni che sembrava fosse stato presentato a Genova per una stima). La notizia del ritrovamento completo dei gioielli riempiva di una felicità indescrivibile la famiglia dell'orefice Orlando. Il signor Umberto, il figlio Nino e la signora si abbracciavano esultanti. L'orefice aveva gli occhi lucidi per l'emozione e continuava a ripetere « Adesso al che guarirò "prestò. Domani stesso lascerò l'ospedale ». L'interrogatorio degli arrestati si è protratto martedì sino alle 23: e ieri è durato tutto il giorno. I funzionari si sono trincerati dietro il consueto riserbo, si sa comunque che i due — pur mantenendosi sempre sulla negativa — sono caduti in gravi contraddizioni e hanno.finito praticamente col confessare. Prima di mezzogiorno arrivavano da Milano, fermati, il fratello del Discepolo, Gabriele, detto « Gaby » e Ferdinando Russo detto « Nando il terrone», abitante in via Preneste 14. Entrambi, come il Luigi Discepolo e il Serrapiglia, sono pericolosissimi avventurieri, grossi nomi della malavita internazionale: in particolare Gabriele Discepolo Illlllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll ha appartenuto alla famigerata banda di « Pierrot le fou » e di « Naudy » che otto anni or sono si rese responsabile di atroci crimini a Milano e a Genova. Nel pomeriggio di ieri 1 quattro sono stati messi a confronto e a tarda aera rinchiusi alle Nuove. Si annunciano imminenti, a scadenza di ore, altri arresti e altri férmi. Ieri notte, negli uffici della Mobile, si sono trovati riuniti, per una breve pausa, prima di portare a termine definitivamente la grande operazione, tutti 1 funzionari a cui va il merito delle indagini: il Questore dott. Chlriaco, che ha diretto energicamente e coordinato le varie fasi dell'Inchiesta, il dott. Sgarra, capo della Mobile, che si è .prodigato in modo veramente encomiabile, i due vice-questori dott. Leoni e dott. Fransone e I commissari Valerio, Serlantil e Lanza. Si vedevano molti visi con le barbe lunghe e gli occhi arrossati dalla stanchezza: ma erano visi soddisfatti. Qualcuno, a testa bassa, in silenzio, mangiava un panino. Il Discepolo e il Serrapiglia scortati In carcere dagli agenti 1M M19 r 1111111111 i I ] 111111 1IIIIIIII1IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIÌIIIIIIIIIIIIIIII L'orefice Orlando, ancora in ospedale, piange e abbraccia felice la moglie e figlio Le valige del banditi, la plstola-mltragliatrlce e le pistole ( r 11111L i M1111111MI [ 1111 ! t ! 1MIJ M11111M111111111 ! i 11111111111 111111 i 111 i IM1111 ! 11 II 111 < 11111111 1MI