I pericoli della caccia subacquea di Angelo Viziano

I pericoli della caccia subacquea Inaugurato a St. Vincent II congresso della medicina sportiva I pericoli della caccia subacquea Inesperienza e inefficienza fisica possono essere causa di sciagure irreparabili - Il caso del giovane morto nel golfo del Tigullio - Per adattarsi alle profondità marine è necessario compiere un allenamento razionale (Dal nostro inviato speciale) Saint Vincent, 4 giugno. Si troverà certamente la causa occasionale per cui l'infelice cacciatore subacqueo Riccardo SinigalHa si è accasciato ieri inerte su un fondo marino. Diciannovenne pieno di slancio, esuberante nell' avventuroso nuovo tipo di sport, audace nell'emulare le meravigliose gesta degli esperti sommozzatori militari, egli è scomparso torse in una serena morte asfittica. Una inchiesta vi ritroverà certamente la causa specifica determinante; ma la vittima frattanto c'è. Bisogna ohe sì interrompa la tragica catena di questi - morti, .che particolarmente nella stagione estiva va allungandosi qualche volta per fatalità inerenti gli apparecchi respiratori adottati, più sovente per l'inesperienza dei soggetti, o per l'inefficienza di requisiti fisici, che non sono certo soltanto di natura muscolare, e soprattutto per mancanza di preparazione, quanto dire di quel razionale allenamento che deve portare ' all'adattamento temporaneo alla vita subacquea. Difatti anche a voler benignamente non ripudiare una peregrina ipotesi che vorrebbe far provenire l'uomo dalle acque marine, certo troppo tempo sarebbe comunque passato da allora per concederci impunemente periodi di vita anfibia. Non si nasce uomini-rana; tanto che i pescatori di perle e dì spugne non sarebbero mai arrivati a quegli strepitosi primati di immersione se non avessero cominciato tutti ad allenarsi gradualmente sin dalla prima giovinezza; tanto più che essi non usano apparecchi respiratori, pur riuscendo a calarsi, persino le donne, addirittura a 45 metri di profondità ed a rimanere un minuto e mezzo sul fondo. Oggi sul loro esempio anche una moltitudine di giovani nostri, al mare, ai laghi, nelle piscine, tenta il nuoto subacqueo sfruttando semplicemente il tempo della cosiddetta « apnea > volontaria, cioè quel breve periodo in cui è consentito di vivere senza tirare il flato. Ma quali effetti fisio-patologici può suscitare 11 nuoto subacqueo effettuato in tali condizioni? Al complesso quesito ha dottamente risposto oggi lai flsiologa di Torino professoressa Anna Maria Di Giorgio, nella relazione, ufficiale al X congresso nazionale di medici na dello sport, inaugurato solennemente stamattina con l'intervento delle più spiccate personalità della materia e delle autorità della valle. Il congresso aveva difatti messo il tema all'ordine del giorno opportunamente in accordo con la federazione nazionale degli sport subacquei, ai fini di un più pratico • orientamento alla prevenzipne dei rischi dell'attività venatoria sott'acqua. Se anche fuori d'i questa vogliamo provare a rimanere in < apnea », chiusa la bocca e serrato il naso, ci accorgiamo che, ohi dopo 20 o 30 secondi, chi scoccato al più un minuto, siamo tosto tutti costretti a riprendere flato. Non ci sì può intestardire contro la sopravvenuta sete di ossigeno (di cui l'organismo si è impoverito, tanto più rapidamente se il soggetto lavorava) e contro la necessità di espellere con l'aria l'eccesso tossico di anidride carbonica formatasi nei tessuti e nel sangue. Perché mai l'imperiosa, automatica ripresa del respiro? Per un meccanismo, ormai accentato, sgorgante da un colpo di frusta tempestivo che l'anidride carbonica esuberante va a dare a quel centro della respirazione che si alloga nel cervello. (A parte gli eccitamenti che la deficienza di ossigeno porta su altri centri di difesa). E' qui un esempio della supremazia dei bisogni della vita vegetativa sulla volontà. Se questa si spinge a essere caparbia, fuori dell'acqua forse le conseguenze potranno essere ancora superate; ma sott'acqua, obnubilandosi la mente e stremate le forze, chi ce la fa più a non bere a morte? Bisogna .quindi che il pescatore subacqueo senza apparecchio respiratorio calcoli tempesti"amente il tempo di riemersione prima che inesorabilmente scatti la rottura dell'* apnea >. C'è però modo di prolungare il fenomeno ed esso è nato dall'osservazione che, a parte la costituzione individuale e le abitudini sportive del soggetto, la possibilità di tenere più a lungo il fiato si realizza facendo precedere all'arresto del respiro una profonda inspirazione d'aria, una di quelle boccate capace di introdurre nei polmoni un litro e un litro e mezzo di più del normale mezzo litro, e conseguentemente maggior carico di ossigeno utile alla vita e al lavoro. C'è di meglio: esperimenti nel laboratorio di fisiologia di Torino hannri dimostrato che qualora si facci. -jrie di ampi e frequent inspiratori per qualche minuto si impoverisce l'organismo di anidride carbonica; la sospensione successiva del respiro può raggiungere allora valori di due o tre minuti. Meglio ancora se, liberatisi in tal modo dell'anidride carbonica, prima di sospendere il respiro si compiono quattro o cinque atti respiratori in ossi¬ gasazqppdpmvltrnemdtmsmsrrptierrdcrcqrbat1cpcpsiprUpdngfMcran geno puro. Si arriva persino a cinque minuti di « apnea > e si cita il caso di uno giunto anche a quindici minuti senza respirare. Ciò fuori dall'acqua. Nell'immersione bisogna però fare i conti con la temperatura e con la pressione, due fattori che riducono le possibilità. Per conoscere il comportamento del cuore, per la prima volta nel mondo la scuola della signora Di Giorgio è riuscita con speciali accorgimenti a registrare nel corso stesso del nuoto subacqueo le variazfoni elettriche cardiache col sistema elettrocardiografico. Anche dai risultati così ottenuti potranno derivare utili orientamenti per la condotta degli sportivi subacquei. Ma di non minore interesse pratico è stata la constatazione che durante la sospensione del respiro il momento più proficuo per un lavoro cade a metà di tale periodo, e che quanto più il compito richiede attenzione e precisione tanto più difficile riesce assolverlo. Il che ancora una volta dimostra come deficienza di ossigeno ed eccesso di anidride carbonica si riflettano morbosamente sui centri cerebrali. Mortificati questi, che importa se il cuore può ancora riprendere i battiti? Nella preparazione agli sport subacquei non si tratta quindi solo di allenare 1 muscoli, ma, col sistema cardio-vascolare, anche e so prattutto i centri nervosi. Il che è stato pure dimostrato possibile, facendo respirare sovente, per mesi, il soggetto in esperimenti con aria sempre più povera di ossigeno e ricca di anidride carbonica Unico modo per realizzare pertanto ciò che si dice l'adattamento fisiologico. Sull'applaudita dissertazione della professoressa Di Giorgio hanno interloquito i professori Ugo Cassinis, La Cava, Mitolo, Virno, Venerando, Vìncenti, e il comandante Ferrara. Sono seguite quindi comu nicazioni da parte di Billar dello, Nuzzone, Patti, Totarel li, Pozzi e Roghi su argomenti inerenti il tema. Al prof. Mi tolo, di Bari, in apertura di congresso era stato conferito solennemente il premio Anger lo Mosso, destinato a chi ha dato particolare lustro alla medicina dello sport. Angelo Viziano

Persone citate: Anger, Anna Maria Di Giorgio, Di Giorgio, La Cava, Mitolo, Pozzi, Ugo Cassinis, Virno

Luoghi citati: Bari, Ferrara, Torino