Confessioni di un gabbamondo

Confessioni di un gabbamondo r- LA VITA, L'ARTE, LA PARODIA Confessioni di un gabbamondo Felix Krall ha sollecitato per quarant'anni la fantasia di Thomas Mann: è uno strano personaggio, un cavaliere d'industria prediletto dalla fortuna Se le incompiute Confessioni del cavaliere d'industria Felix Krull — che possiamo ora leggere nella traduzione italiana di Lavinia Mazzucchetti (Milano, Mondadori) — rappresentano, in parte, l'ultima conquista di Thomas Mann nel campo della narrativa (esse vennero da lui pubblicate nello scorcio del 'uir, nel loro nucleo originario (e artisticamente ' più valido) esse risalgono però al primo periodo della sua attività letteraria. A.esse Mann cominciò a lavorare infatti, sotto lo stimolo occasionale della lettura delle memorie di un avventuriero dell'ultimo Ottocento (il Manolescu), nel 1910, sùbito dopo aver finito Altezza Reale; e un primo, ampio frammento, corrisppndente all'attuale libro primo (che rievoca l'infanzia e l'adolescenza di Felix nella natia cittadina renana e nell'ambigua atmosfera di un ambiente familiare godereccio e dissipato), ne fu pubblicato, in un almanacco letterario, già nel 1911. Da allora, e per più di quarantanni, si può dire che il Krull non abbia cessato di sollecitare la fantasia di Mann: che più volte fu tentato di riprenderlo per condurlo a compimento (e un altro frammento, con l'episodio dell'astutissima commedia recitata da Felix davanti alla commissione di leva per sottrarsi al servizio militare usci nel '37) ; e che, d'ai tronde, era incline a considerarlo come l'opera sua « forse più personale ». E s'Intende perché. La vicenda di Felix Krull — la storia cioè, narrata in prima persona, di un geniale gabbamondo, della sua formazione ed educazione e delle sue avventure — gli offriva la possibilità non solo di tentare un'originale parodia di quel Bildungsroman (o « romanzo della formazione» d'un personaggio) che dal Meister goethiano in poi ha sempre costituito una delle più alte ambizioni degli scrittori tedeschi; e di ribadire cosi il proprio singolare « rapporto, a un tempo amoroso e dissolvente, con la tradizione ». Ma anche di riprendere' in chiave ironica e parodistica (e ognun sa quanto posto e quale funzione abbia la parodia nell'opera di Mann) temi a lui cari: da m e a quello della vita come arte, come finzione e potere d'illusione, e della finzione come modo di vita (tema, questo, già svolto anche in Altezza Reale, nell'analisi allusiva della esistenza principesca come < esistenza formale, simbolica, da virtuoso, insomma artistich ») a quello della celezione», delle vocazioni e destini privilegiati, e, per qualche aspetto, esemplari. E, Infatti, Felix Krull è qualcosa di più, e di diverso, d'un semplice Hochstapler o c cavaliere d'industria ». E' — come lo stesso Mann ha avuto cura di sottolineare — un «prediletto della fortuna»: un giovine tagliato « in un legno fine », « molto bello e attraente», dotato di un'innata forza di seduzione, il quale dimostra sin dall'adolescenza straordinarie doti mimetiche e trasformistiche, da lui coltivate con scaltro impegno, e una spiccata attitudine a « sentire profondamente tutto quanto, nel mondo e nella vita, illude e incanta » (e aiuta così a evadere dalla € goffa normalità e legalità dell'esistenza quotidiana ») : tanto da aspirare a fare della propria vita un capolavoro d'arte illusionistica. E' cioè, a sua guisa, un «artista»: che nelle proprie attitudini truffaldine (ed erotiche) scorge, con orgoglio, quasi un segno di elezione, da « beniami no della potenza creatrice»; e che, nell'esercitarle, prova un esaltante senso di pienezza vitale e come di consonanza del proprio essere con una forza superiore. Appunto per questa sua convinzione, egli rifugge da tutto quanto sa di calcolo o di premeditazione, attendendo paziente che una qualche congiuntura propizia gli permetta d'Inserirsi al momento giusto nel gioco degli eventi e di volgerlo a suo profitto. Per questo come per altri aspetti della sua psicologia, Felix Krull, per paradossale che ciò possa sulle prime sembrare, presenta non poche analogie — giustamente sottolinea'e dal Lukàcs in uno dei saggi su T. Mann e la tragedia dell'arte moderna (Milano, Feltrinelli) e da Hans Mayer in un suo libro sull'autore del Buddenbrook di recente tradotto da Clara Bovero per 1 « Saggi » di Einaudi, con 11 protagonista della tetralogia biblica di Giu¬ sluapl e e o a i a ¬ seppe e i suoi fratelli: anche lui giovine e bello, e dotato di un sottile potere di seduzione; anche lui convinto della propria superiore elezione; anche lui duttile e scaltro, e abile nel l'« aiutare », con tempestivi accorgimenti, i segreti disegni della volontà divina. (Analogie che si estendono anche a taluni episodi particolari delle due opere). E ha, al tempo stesso, evidenti somiglianze con il mitico Ermes: il dio del ladri, e ladro all'occasione anche lui stesso, ricco di eloquenza e d'ingegnose trovate e amatore fortunato. E simile a Er mes egli appare, infatti, a una matura ma appassionata scrittrice, ohe, a Parigi (dove Felix si è ridotto a fare 11 lift-boy in un grande albergo, ma di dove spiccherà poi il volo per un viaggio intórno al mondo, sotto le faUe spoglie d'un giovane aristocratico lussemburghese), colpita dalla sua bellezza. Io accoglie nelle proprie braccia, parlandogli ispirata in versi alessandrini, e si esalta e gioisce, nello scoprire In lui Il ladro di un suo cofanetto di gioielli (e lo costringe a rubargliene altri, sotto i suol stessi occhi). Ma la ricerca dei rapporti e valori simbolici del Krull, delle segrete parentele dei suoi temi o episodi con quelli di altri romanzi di Mann, ci porterebbe troppo lontano. Basti qui rilevare che, pur non possedendo una compatta, organica unità artistica e risentendo dei vari tempi della sua composizione, esso è uno dei libri più originali e attraenti dell'autore della Montagna in cantata. Specialmente tutto il primo libro e gran parte del secondo hanno una freschezza e trasparenza, e una concretezza, quali Mann raggiunse solo nel suol momenti più felici. Mentre, a sua volta, l'ultimo libro, rappresenta una nuova prova della sua virtuosità narrativa e stilistica (una virtuosità che diventa però non di rado, fine a se stessa) E suscita nel lettore un'lm pressione analoga a quella che Felix provava, da ragazzo, nel negozio di Delikatessen della sua cittadina nativa: dove profumi della cioccolata e del la carne affumicata si mesco lavano alle esalazioni snuisi tamente putride dei tartufi ». Paolo Scrini

Luoghi citati: Feltrinelli, Milano, Mondadori, Parigi