Vite da salvare

Vite da salvare Ancora troppo alta la mortalità infantile Vite da salvare Molto si è fatto per ridurre le perdite dovute all'ambiente: occorre ora combattere le cause fisiologiche che eliminano il bimbo nel primo mese di vita - L'assistenza alle gestanti e i doveri delle mutue Nel 1955 sono nati in Italia 867 mila bambini e le nascite hanno superato i decessi di 422 mila unità; al netto delle emigrazioni la popolazione è cresciuta di 183 mila persone. Ouesta situazione è demograficamente ancora pesante; si può affermare che convenga o non convenga preoccuparsene; ma è certo che, invece, occorre considerare seriamente il fatto che, nel 1955, vi siano stati 24.468 nati morti e 42.168 bambini siano deceduti nel loro primo anno di vita. Rallegrarsi perché in Italia le nascite si riducono — come stanno riducendosi — è posizione discutibile, ma accettabile; mai, però, sarebbe accettabile una qualsiasi trascuranza nel salvare quelle tenerissime vite, nel momento stesso in cui vengono alla luce o mentre, ancora nella cuba, si schiude loro una esistenza che potrebbe anche essere felice. Né meno doverosa è la necessità di salvare la vita alle donne nel momento in cui esse generano altre vite. La natimortalità e la mortalità infantile stanno subendcJ, in Italia, una drastica riduzione, quando si pensi che, nel i9o5, ia prima era rappresentata da 2Y,4 nati morti su 1.0UU nati (a tale cifra corrispondono i 24.-468 nati morti prima ricordati) e la seconda da 48,6 morti nel primo anno su 1.000 nati vivi, mortalità quest'ultima che, nei periodo 1872-V5, toccava ii 219,1 per mille. Questo apparente successo non ci esime dalla constatazione che noi siamo, tra ì grandi Paesi civili del mondo, uno di quelli che presentano alti tassi delle vane forme di mortalità all'inizio della vita. Se, a titolo di confronto con i nostri, si riportano i dati olandesi (i Paesi Bassi, la Svezia e la Svizzera sono, infatti, in Europa, alla testa nella lotta per la salvezza dei nascituri e dei neonati), si vedrà che, nel 1953, la situazione era la seguente: lEpoca dal decesso Morti per mille nati In Italia In Olanda alla nascita Mila 1* settim. mi 1' mete Mi 1° anno di vita 2»,5 19,0 28,6 58,5 17,5 12,7 14,8 22,0 Ma quanto, forse, ancor più colpisce è il fatto che, malgrado le trombe di vit toria tanto suonate nel pe riodo fascista e l'opera più silenziosa condotta poi, i nostri progressi, sempre confrontati con quelli dell'Olanda, appaiono veramente modesti, come risulta da questo prospetto: Epoca del decesso Diminuì, della mortalità , dal 1931 al 1953 In Italia In Olanda alla nascita nella 1' settim. nel 1° mese nel 1° anno 13,69% 9,23% 31,18% 48,18% 30,00% 25,73% 3(i,75% 55,65% Questa non rallegrante differenza va ascritta a varie cause. La prima di esse è data dal fatto che, purtroppo, esistono due Italie, sotto l'aspetto della mortalità al principio dell'esistenza umana: in qualche area depressa del Sud i nati morti sono 2,81 volte più numerosi che in certe zone ricche del Nord ed i morti dal 15° al 30° giorno di vita sono, in determinate regioni del Meridione, 4,45 volte più frequenti. Ma esiste un'altra causa di carattere profondo e generale. Il lettore che abbia esaminato attentamente i prosDetti prima riportati avrà notato che la grande differenza fra l'Italia e l'Olanda sta nella mortalità entro il primo anno di vita (rispettivamente 58,5 e 22 per mille), mentre, per i nati morti e per i morti nella prima settimana, l'abisso che divide i due Paesi è mi nore. Per contro, l'attento lettore avrà trovato, nel se^ condo prospetto, il fenome no opposto: la diminuzione raggiunta in Olanda nei ri guardi dei nati morti e dei morti nella nrima settima na è molto forte se paragonata a quella da noi ottenuta; mentre, per i morti nel primo anno, i successi dei due Paesi sono vicini. Ed ecco il perché ciò av venga. Esistono due grandi gruppi di cause che provocano la natimortalità e la morte nelle primissime età. Endo gene sono dette le cause che hanno una base biok> gica (malformazioni conge nite, immaturità, cattiva conformazione della madre, ecc.) e colpiscono il feto facendolo nascere morto o eli' minando il bambino entro il primo mese di vita; esoge ne, e cioè dovute all'ambiente in cui vive il neonato, sono le altre cause che lo uccidono dopo il primo mese della sua esistenza (polmoniti, diarree, ecc.). Ebbene, in Italia stiamo lottando con successo contro le seconde cause, che l'Olanda da un pezzo aveva già quasi vi~*? e sul cui terreno migliora, nerciò, ormai, lautamente; queste vittorie alla mac'ior norme igieni- sono dovute diffusione di che e all'incremento del te nore di vita. Ma noi non abbiamo seriamente ìv'r'r'-o ancora la battaglia contro le cause endogene contro le quali, invece, con successo, oggi lottano tutti i Paesi civili. Questa campagna è ben diversa dall'altra e ben più •difficile, perché si devono combattere fatti biologici, spesso ancora misteriosi, insiti nella natura umana. Essa ottiene le sue vittorie attraverso l'assistenza alle gestanti;' ma, soprattutto, con il loro ricovero, al momento del parto, nelle maternità e nelle cliniche specializzate e dotate dei mezzi più moderni di assistenza e di rianimazione del neonato. Quando si pensi che, in alcune grandi città americane, il 99,7 % delle donne partorisce in ospedale e, invece, nei piccoli comuni della Lucania, vi partorisce lo 0,3 %, la conclusione è facile; ma, purtroppo, il rimedio è difficile. Agevole esso può essere, per contro, in un altro settore: quello mutualistico. L'impostazione che, in Italia, è stata data a questo problema va radicalmente cambiata, se non vogliamo ancora figurare, nei trattati scientifici stranieri, come un Paese a basso livello sociale. Oggi le mutue permettono il ricovero delle gestanti neeli ospedali solo quando si prevede un parto difficile, altrimenti esse devono nartorire a casa, volenti o nolenti. Ma l'ostetrico non ha il dono divino della chiaroveggenza: parti previsti facili diventano improvvisamente difficili e il bimbo che, in clinica, potrebbe essere sai vato, a casa muore. E mag gior probabilità di morte incombe anche sulla madre. Queste cose le dicono tutti; ma la statistica dimostra, in modo inequivocabile, che quanto più si ricoverano le gestanti al momento del parto in istituti adatti, tanto minore è il numero dei nati morti. Queste cose sono state ripetute, ma — per di più — provate in una relazione congiunta presenta' ta dal prof. Dellepiane e da chi scrive al recente Congresso della Società Italiana di Ostetricia e Ginecologia, tenuto a Napoli. O l'organizzazione mutualistica italiana cambia sistema o noi, che tanto ci vantiamo della nostra civiltà, continueremo, in questo campo, ad essere sempre verso la coda nella gradua^ toria dei Paesi civili. Diego de Castro

Persone citate: Dellepiane, Diego De Castro