Uno sciopero della fame di universitari parigini

Uno sciopero della fame di universitari parigini —- IMQBIETPBI1SI DELLA «lOVEEBTC* FRANCESE «— Uno sciopero della fame di universitari parigini I " normaliens „ orgoglio degli atenei, chiedono una tregua in Algeria - Le lacrime del cardinale -Feltin e le polemiche tra cattolici (Dal nostro inviato speciale) Parigi, 25 maggio. I mille studenti delle sette scuole normali superiori di Parigi han fatto l'altro giorno lo sciopero della fame. La decisione era stata presa con voto regolare di una loro assemblea che aveva approvato (793 sì, H8 no, 39 astensioni) un ordine del giorno con il quale si chiedeva al governo di attestare € immediatamente la sua volontà di negoziare ufficialmente con tutti gli elementi rappresentativi della opinione algerina».' Primo gesto da compiere, secondo gli studenti, sarebbe stato la liberazione dei detenuti politici; garanzia offerta dagli studenti per comprovare, il loro lealismo verso le istituzioni era che nessuno di loro intendeva protestare contro il richiamo dei militari in congedo: < Il richiamo alle armi è un provvedimento legale e non abbiamo niente da obietta/re ». Questo lealismo è apprezzabile, anche se in parte è stato suggerito dalla prudenza. E' in vigore difatti una disposizione ministeriale secondo la quale gli studenti ammessi al rinvio del servizio militare non sono soggetti a richiamo, « a meno che la loro partecipazione a talune forme di agitazione polìtica li metta in condizione di perdere il beneficio del rinvio ». Insomma, i giovani erano stati avvertiti che le teste calde sarebbero state spedite ai « bat' d'af », i battaglioni d'Africa, e hanno creduto bene di comportarsi con saggezza. Ciò tuttavia non ha impedito al conservatore Figaro di deplorare « una volta di più » lo spettacolo offerto dagli studenti < delle grandi scuole » scesi su un terreno « molto estraneo alle loro abituali preoccupazioni, soprattutto in periodo di esami e di concorsi ». II dramma dei conservatori Se lo sciopero, e il successivo pronunciamento, dei normaliens fosse stato determinato da motivi del genere nazionalistico tradizionale, il Figaro sicuramente non avrebbe protestato, ma colta invece la occasione per esaltare, una volta di più, i gen-xrosi slanci patriottici della gioventù stu¬ UIIIIIMIIMIIIIIIIIIIMIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII a a i ¬ diosa. Gli studenti francesi delle scuole d'Algeria che hanno scioperato i giorni scorsi per denunciare la debolezza governativa nella repressione della rivolta, non sono stati difatti deplorati. Hanno anzi avuto elogi dai conservatori il cui dramma consiste, per loro mala sorte, nel trovarsi, in un momento come questo, di fronte ,ad avversari di tipo nuovo, che essi non sono ituati a combattere. Non si tratta dei sotiti sovversivi che è facile ridurre a capri espiatori di tutte le difficoltà nazionali (la campagna dei comunisti contro la guerra in Algeria è relativamente moderata, e sono i deputati comunisti che continuano a sostenere il governo di Mollet al quale hanno concesso-i pieni poteri): sono, per mala aorte dei conservatori, questi attidenti delle grandi scuole, i normaliens orgoglio della Francia} i giovani migliori. Per frequentare le sette grandi scuole di cui parliamo è difatti necessario vincere un concorso difficilissimo. Ai mille vincitori sono concesse mille borse di studio, ed essi come pensionati dell'ingegno volonteroso rappresentano le mille speranze nazionali dell'annata. Condannarli è difficile, come arduo competere con altri ceti, classi e personaggi dello stesso livello: con i cattolici, ad esempio, che in Francia contano tra le forze più vive intellettuali, anche se sprovveduti di ingerenza politica determinata e diretta. L'altra domenica mattina, a Notre Dame, l'arcivescovo di Parigi, Cardinale Feltin, ha parlato nella sua predica delle ' € spaventose divisioni che si sono aperte à causa dell'Algeria fra i cattolici francesi. Col Vangelo alla mano, alcuni di essi chiedono di fraternizzare con gli algerini; altri, cercando nello stesso Vangelo altri versetti, chiedono fuoco e repressione contro i fellagha; e qui é il conflitto sul quale ha pianto da buon pastore il Cardinale Feltin. Comunque nell'insieme le coscienze cristiane si volgono di più verso la tregua. Missionari che tornano dall'Africa pubblicamente parlano della necessità di fraternizzare, in nome del Dio unico, con i musulmani. Si ci- IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIllllllllllimilllllW ta U padre De Foucauld che quaranfanni ,or sono già presagiva: < Se non riusciamo a trasformare gli africani in francesi, essi ci lasceranno prima o poi, ed io vi dico che per renderli francesi il solo modo è di farli cristiani». I cattolici chiedono, ispirati a -De Foucauld, che siano ritirate le truppe e data mano libera ai missionari, Mauriac diffonde il suo concetto della € religione del cuore » avvertendo che € gli adoratori dello stesso Padre si sono già riconosciuti come fratelli». Egli lamenta che i francesi abbiano offeso e umiliato «Za bellissima razza araba » e vuole nel Nord Africa una federazione di popoli liberi i quali tornerebbero ad adorare, come una volta, la Francia. L'uomo politico francese che si facesse promotore della federazione (Mauriac arriva a proporne il compito al sempre prestigioso generale De Oaulle) * potrebbe addormentarsi tranquillo, le mani giunte sulla guardia di una spada che non sarebbe altro che una croce ». Un punto d'incontro II punto d'incontro fra il cattolico Mauriac e gli studenti progressisti — che è come dire i rappresentanti della giovane intelligenza francese — è da vedere nel discorso che egli ha pronunciato l'altro giorno, su loro invito, al « Perde républicain d'études » di Vernon, dipartimento dell'Eure. « Noi non vogliamo — ha detto — che la Francia perda l'Algeria, ed anzi su questo punto siamo molto più esigenti dei nostri avversari politici. Per noi l'Algeria non è solo una terra, ma anche un popolo. Non perdere l'Algeria significa non perdere un popolo e per non perdere un popolo bisogna amarlo e farsene amare. So bene che ci dicono continuamente, questi machiavelli di corta vista, che " quella gente " non rispetta che la forza e non capisce che il bastone, ma io vi dico che capisce, che avrebbe capito un altro linguaggio. Ci sono voluti anni di umiliazioni e di offese prima che " quella gente " si ribellasse, e se noi perderemo l'Algeria non sarà perché siamo stati deboli, ma perché siamo stati stupidi. Stupidamente abbiamo creduto solo nella forza ». Leggiamo suH'Aurore che in questo modo si favorisce gli avversari, delittuosamente, con la sensazione che in Francia esista un partito molto forte favorevole alle trattative, e ciò può spingere i nemici all'intransigenza e può quindi essere causa del prolungarsi del conflitto sanguinoso: « E' da buoni cristiani fare questa parte f », si domanda l'Aurore che, un poco ipocrita, fa professione di gran rispetto dei problemi di coscienza dei cattolici. Con minore riguardo il deputato De Leotard ha chiesto che i proponenti di trattative con gli algerini siano deferiti alle corti marziali. Il sottosegretario all'Interno, Marcel Champeix, ha negato che esista un cosiddetto « fatto nazionale algerino »: « Ricono scerlo — ha dichiarato ai suoi elettori della Corrèze — significherebbe per noi dover abbandonare l'Algeria ». Un deputato della Senna, PfciHp Vayron, ha protestato perché la radio francese parlando dei ribelli del Nord Africa una volta li ha qualificati come appartenenti ad un esercito nazionale di liberazio n e: « E questo un attentato all'integrità del territorio francese e un'offesa per i nostri soldati». Si tratta di reazioni, in ogni modo, puramente politiche, e che perciò non bastano a risolvere, sia pure in /unzione politica, il problema di fondo che è dovere di coscienza, che è intellettuale e spirituale e che sta dividendo moralmente non soltanto i cattolici professi, ma tutti quanti i francesi. Perciò Mauriac viene richiamato alla concezione di quello che sarebbe il « vero » senso di Pascal, che è il suo maestro. Si persuada Mauriac, sentiamo dire, che la sua ambizione di scrivere oggi nuove Lettres provinciales non è ammissibile dato che i suoi possibili destinatari non sono mistici né contemplativi né spirituali, ma sono conformisti di sinistra «i quali tutto il giorno si sforzano di persuadersi che può essere la stessa cosa credere o non credere a Dio ». Forse Mauriac non è molto disposto ad accettare questa lezione che gli viene da André Frossard, poco apprezzato come teologo cristiano. Ed allora avanza Thierry Maulnier che si richiama ai Propos di Alain del 19BS: Alain, uno scrittore di sinistra, uno dei capi deRTntellighentzia prògrossista dell'altro dopoguerra. Scriveva Alain che < il diritto di un popolo a disporre di se stesso è chimerico e ricusabile quanto il diritto astratto e informe invocato dagli anarchici. Peggio, devo dire che un popolo non organizzato non ha ancora in se stesso un diritto reale. Il preteso diritto dei popoli, di tutti i popoli, a qualunque razza appartengano, a disporre di se stessi, è per me un concetto mostruoso, anzi è la fonte di tutte le guerre ». Questa citazione dai Propos di Alain (pagine 6S5-6S6 della nuova edizione della Plèiade; non ha turbato i normaliens né i loro maestri adulti, gli intellettuali, il sale della Francia. Può darsi che al suo tempo Alain avesse meritato, come assicura Thierry Maulnier, il iiiiiiiiililiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiimmiiiiiiii titolo di progressista; trentanni dopo, al giorno d'oggi, non gli compete più. Il mondo ha camminato in questi anni, gli intellettuali e i giovani francesi sono arrivati su diverse posizioni. Politicamente, il problema algerino andrà ad una soluzione che non sappiamo prevedere quale. Militarmente, a costo di impegnarsi in una guerra di dieci anni, quanti ne occorsero per la conquista nel secolo passato, l'esercito francese potrà « pacificare » l'Algeria. Ma per chi pensa e ragiona, ed ha commercio con le idee, ed è al corrente dei nuovi moti degli spiriti nel mondo — come è nel caso di Mauriac e nel caso dei giovani delle grandi scuole di Parigi e della provincia — la soluzione è già fissata, ed abbiamo anche detto quale sia. Vittorio Gorresìo