Stupore e amarezza francese per «l'ingratitudine» araba di Vittorio Gorresio

Stupore e amarezza francese per «l'ingratitudine» araba — NON CREDONO DI ESSERE COLONIALISTI =— Stupore e amarezza francese per «l'ingratitudine» araba Ironie e ribellione dei nord-africani istruiti alla Sorbona - Nella stretta della situazione, i francesi si dichiarano delusi dall'atteggiamento europeo e da quello degli Stati Uniti - Gli americani intanto, con l'intenzione di salvarla dai russi, estendono in tutta l'Africa un'offensiva diplomatica, commerciale e strategica (Dal nostro Inviato speciale) Paris;!, 17 maggio. E' impossibile esprimere con un termine solo la grande amarezza dei .francesi perché essa è fatta tutt'insieme di stupore e di rancore, di delusione e di una atroce sensazione d'impotenza. Si aggiunge il dubbio sulla vanità di ogni possibile sforzo, là.paura che tutto sia già finito e il sospetto di essere 'raditi, pugnalati alle spalle dagli stessi alleati e amici americani ed europei. C'è delusione e Vé stupore per « l'ingratitudine » degli algerini dei marocchini dei tunisini: i giovani arabi istruiti alla Sorbona, divenuti dottori e avvocati, paiono mostri di cinismo quando chiedono che i rapporti tra il Nord-Africa e la Francia ricomincino da zero,.al punto in cut si era la vigilia del giorno di centoventisei anni fa quando ti Bei di Algeri in un momento di cattivo umore colpi cbn un ventaglio la gota dell'ambasciatore del re di Francia. Per rappresaglia l'Algeria fu conquistata e cominciò la storia coloniale del Nord-Africa. Ora, tutto da capo: t due milioni di francesi residenti riprendano io stato di stranieri come fossero inglesi e americani, o tornino in Europa. Ma i sacrifici, ma la diffusione della civiltà, i lavori pubblici compiuti, la messa in valore di un Paese ch'era prima terra desolata, le città costruite, i porti, gli aeroporti e le ferrovie, i campi coltivati e le miniere, la bonifica umana e il progresso sanitario, insomma tutto questo sforzo civile di denaro e intelligenza, tutto que¬ ■■iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitii sto non conta, non varrd nulla? Vale, rispondono con freddezza esemplare i giovani arabi laureati alla Sorbona, ed è appunto per questo che la bilancia dei nostri rapporti può essere ricondotta allo zero. Altrimenti saremmo creditori. Poi, con tono beffardo: €E che vi lamentate? Tutto è accaduto per un colpo di ventaglio. Dimentichiamo insieme >. Non basterà il sarcasmo a liquidare il colonialismo, che è una cosa più in grande. C'è però il fatto che t francesi non si ritengono colonialisti. Per i francesi è un imperialista oppressore soltanto il tipo del sahlb con l'elmo tropicale che beve wlsky e soda all'ombra mentre i negri faticano al sole: invece la piccola gente, che è la maggior parte dei residenti nel Nord-Africa, è brava gente che ha lavorato come se fosse stata in Francia. Di veri grandi colonialisti ce ne sono pochi e non più numerosi tra i francesi che tra gl'indigeni, a cominciare dal ricchissimo imperatore del Marocco, Maometto V. Pur avendo occupato e governato fino ad ora le terre e i popoli dall'Atlante a Biserta, i francesi si sentono in buona coscienza di essere sempre i portatori di libertà, uguaglianza e fraternità. Amarezza li coglie alle notizie dt sventura che tutti i giorni l'una dopo l'altra piovoti come dal cielo. E non soltanto per il sangue che è versato, per le distruzioni gl'incendi gli agguati. Provano uno stringimento di cuore anche di fronte a fatti solo simbolici, come il mutamento delle targhe stradali a Tunisi, dove l'Avenue iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii Jules Ferry è stata intitolata al Presidente Burghiba e Piazza della Residenza è di-' ventata Piazza dell'Indipendenza. La grande statua del cardinale Lavigerie, eretta quasi a provocazione sull'ingresso del quartiere musulmano, è stata relegata a Cartagine: « Terrà compagnia alla memoria di Sant'Agostino », hanno detto i giovani arabi. Non è del resto contro gli arabi che i francesi dimostrano maggiore irritasione. Li possono accusare d'ingratitudine, così come deprecano la furia sanguinaria che li ha invasi; talvolta pure si contentano di deplorare una insensatezza ohe spinge gli indigeni a soluzioni in contrasto con quelli che sarebbero invece ' i loro veri permanenti interessi quali sono giudicati dai francesi; e perfino, altre volte, arrivano a sperare ch'essi un bel giorno rinsaviranno: ma l'onda grossa dello sdegno, l'onda larga e pesante, si riversa piuttòsto su altra gente; su noi e sugl'inglesi in piccola misura., e in grandissima sugli americani. La prova delle amicìzie Noi e gl'inglesi in questi giorni abbiamo riconosciuto l'indipendenza della Tunisia e del Marocco, mostrando agli occhi dei francesi una fretta eccessiva. Si sono lette sui giornali vive proteste; qualcuno ha scritto che la visita di Gronchi a Parigi aveva fatto sperare ben altro comportamento da parte nostra; si è ricordato che la Francia considera il NordAfrica come il banco di prova delle sue amicizie internazionali, e finalmente ci hanno ammonito a non farci illusioni sulle possibilità che gl'italiani residenti in quei posti abbiano a raccogliere la successione sociale ed economica dei francesi che fossero costretti ad andarsene. Quel giorno, con i francesi partiranno anche i nostri, come partiranno gli spagnoli e tanti altri. La previsione è esatta, tanto vero che gli americani già da tempo stanno procurando di fare appunto sgomberare l'Africa del Nord dagli europei. Si sono dedicati ad una opera di assistenza < discreta» per agevolare i bianchi ch.e intendono ritornare in Europa. La discrezione è suggerita dal desiderio di non urtare i francesi, ma non per questo lo spirito di iniziativa è meno deciso. Dando la Francia come spacciata, essi difatti si sono prefissi di subentrarle battendo i russi in velocità, e pertanto alle spalle dei francesi trattano direttamente con i sindacati indigeni per affiliarli alla CJ.S.L. (Confédération Internationale Syndieats Libres, con sede centrale a Bruxelles). Li finanziano largamente per evitare che se ne impadroniscano i comunisti, e Ahmed Ben Salah, segretario generale dei sindacati della Tunisia, se ne dichiara soddisfattissimo: « Se l'America ci vuole aiutare, non capisco che cosa abbiano da protestare i francesi ». / francesi protestano, viceversa, perché l'aiuto americano ai sindacati indigeni ha lo scopo di farne una terza forza né colonialista né comunista, colpisce innanzi tutto gl'interessi, la sicurezza e il prestigio francesi. Perciò al rappresentante sindacale americano in Europa, Irving Brown, è stato l'altro giorno rifiutato il visto d'ingresso in Algeria: egli è indesiderabile perché « testimonianze certe hanno rivelato — ha detto il Residente Generale ad Algeri, Lacoste — la sua collusione con individui sospetti, allo scopo di favorire pecuniariamente la creazione in Algeria di organismi sindacali di tendenza antifrancese ». In Algeria si cerca dunque di tener a bada gli americani ma in Tunisia e in Marocco, a quanto dicono, essi hanno già prodotto guai gravissimi. Colà stanno arrivando certi « americani molto tranquilli » dello stampo di Pule, il « quiet ameriedn » protagonista dell'attualissimo romanzo di Graham Greene sull'Indocina. Predicatori di democrazia, uniscono all'avversione ideologica per il comunismo un senso molto concreto degli interessi commerciali americani, e per salvare l'anima degli arabi dalle tentazioni del comunismo contribuiscono del loro meglio alla cacciata dei francesi. Portano merci e rilevano imprese economiche, dicendo onestamente con il candore dell'innocente Pyle: « Noi non potremo mai essere odiati quanto i francesi ». L'evoluzione ordinata Pyle però finisce ammazzato, nel romanzo; comunque l'esperienza indocinese raccontata da Greene, adesso è rinnovata nell'Africa del Nord e non a questa sola si restringe. Considerandola perduta per la Francia e la Europa,, gli americani estendono a tutto il resto dell'Africa, tutta l'Africa nera, una offensiva diplomatica commerciale e strategica, li Sottosegretario al Dipartimento di Stato, George Alien, in questi giorni è in viaggio fra il Sud-Africa, il Kenia e la Rhodesia, Congo Belga, Liberia, colonie portoghesi,- A.O.F. e A.E.F.. Ci va a sondare « la volontà di indipendenza dei movimenti autoctoni e a scegliere sul posto le persone capaci di realizzarla mercé una evoluzione ordinata anziché attraverso una rivoluzione violenta, poiché un'Africa forte, libera e amica ha un'importanza essenziale per la sicurezza degli Stati Uniti». Altri americani tranquilli sbarcheranno dunque alla conquista dell'Africa nota per liberarla dagli europei con il pretesto di prevenire i russi: è questa la morale che ne traggono i francesi aumentando la. propria grande amarezza. « Oh, perché Dio non ci consente — scrive oggi un giornale — di attingere all'orgoglio di Barrés, alla faziosità di Bernanos e alla suscettibilità di De Gaullet Cesseremmo di essere quello stuoino sul quale gli americani hanno oggi la gioia di pulirsi le scarpe». Cosi la orisi del Nord-Africa viene a mettere in causa non soltanto i rapporti tra la Francia, e il mondo arabo-asiatico, ma la stessa amicizia con l'America. Questo è difatti il momento in cui le relazioni tra Parigi e Washington si son fatte più tese che in ogni altro periodo di tutto il dopoguerra. Vittorio Gorresio ■iiHiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiifiiiiii

Persone citate: Ahmed Ben Salah, Bernanos, Burghiba, George Alien, Graham Greene, Greene, Gronchi, Irving Brown, Jules Ferry, Piazza