"Una città come Alice,,

"Una città come Alice,, IL FILM INGLESE ESCLUSO DAL FESTIVAL DI CANNES "Una città come Alice,, Ritirato per le proteste dei rappresentanti giapponesi • Il tema è quello della guerra in ciò che ha di più doloroso: le sofferenze delle donne e dei bambini (Dal nostro inviato speciale) Cannes, 3 maggio. Siamo andati a vedere in uno dei tanti cinema di rue d'Antibes 11 film inglese La •mia vita comincia in Malesia, che è stato escluso dal Festival dopo le proteste del Giappone. Deriva da un noto romanzo di Nevil Shute, Una città come Alice, e ripropone con crudezza ma senza postumo veleno di parte, il tema della guerra in ciò che ha di più doloroso: le sofferenze delle donne e del bambini. Siamo in Malesia, a poche ore dall'invasione giapponese. Un gruppo di civili, inglesi tutti, non fa in tempo a scappare ed è fatto prigioniero. Gli uomini, strappati alle famiglie, sono mandati a un campo di lavoro e di essi non sapremo più nulla; le donne con i bambini rimangono quasi abbandonate a se stesse, in cerca di un campo che si dilegua loro davanti, giacché nessuno vuole caricarsi il peso di quelle disgraziate, che vanno così da Erode a Filato. A piedi, con la scorta di un sergente, esse vagheranno per mesi e mesi nella giungla malese, sopportando, in quanto a fatiche, fami, malattie e umiliazioni, l'umanamente sopportabile e anche qualcosa di più. Le sopravvissute alla tremenda marcia senza méta (giacché non poche muoiono e con esse qualche piccino) troveranno finalmente asilo e seggiole in un villaggio di indigeni, dove lavorando le risaie potranno sperare di vedere la fine della guerra. S'Intende che il film non abbia entusiasmato troppo i giapponesi, e che la direzione del Festival, cui preme di conservare allo stesso un carattere Idillico, lo abbia messo da parte. Dal canto loro i produttori hanno tenuto a dichiarare che 11 film, come hanno inteso di farlo, è una condanna della guerra in generale, non porta, dopo tanto tempo, fletè di propaganda, e ha per nocciolo ideale 11 personaggio del sergente giapponese, il quale scorta le donne, le aiuta, ci mangia insieme i polli rubati, e muore fra le loro braccia, benedetto. Forse la questione non ci sarebbe stata, se 11 film avesse avuto più impeto d'arte. Diretto da Jack Lee è accurato, commosso, ricco di particolari veri e graziosi (la vec¬ chia inglese che neanche in quell'inferno rinuncia al cappellino e al contegno; l'ammalata immaginaria che lo attraversa con tutte le sue boccette, e altri) e specialmente in principio di forti pagine di angoscia; ma ha poi tanti luoghi comuni, artifici, sforzature dei soliti film di guerra. E anche concede al romanzo (quello della giovane Jean, angelo tutelare del gruppo, con un prigioniero australiano) più che non consenta la fiera materia. Ad ogni modo un film tremendo e lindo, ben interpretato dal coro delle interpreti, dove spicca la bella Virginia Mac Kenna che gli inglesi considerano un po' la loro Maria Schei] (la protagonista de L'ultimo ponte). . In quanto al Festival vero e proprio, messosi oggi a dieta per un riguardo ad altre manifestazioni, ci ha poi dato in serata due mediometraggi, il francese Palloncino rosso e il giapponese Cavallo fantasma. Il primo, a colori bellissimi, diretto da Albert La morisse, l'autore di Criniera bianca, è una squisitezza, un lavoretto tutto di testa, francese al cento per cento. Pensate. Un giorno, andando a scuola, un ragazzetto trova un palloncino col filo impigliato a un lampione di Montmartre. Ci fa amicìzia e quello, con e senza filo, lo seguirà dappertutto come un cagnolino aereo. Dopo averne combinato di belle a scuola e in chiesa (giacché è di carattere vivo), il pallone capiterà in mano dei monelli del quartiere che, nonostante la disperata difesa del proprietario, lo faranno scoppiare. Sopravvengono allora a grappoli tutti i palloncini di Parigi a sollevare il fanciullo da questa cattiva terra. La novella ha il ritmo e i toni giusti, delicatezze cromatiche, fotografia eccellente, e un protagonista assai caruccio. Regista dell'altra operetta è il giapponese Koji Shima. Cavallo fantasma è anche esso la storia di un'affezione fanciullesca, quella del piccolo Jiro, figlio di un allevatore di cavalli, per il puledro Takeru. un puro sangue che viene educato alle corse. Morto l'allevatore in un incendio da cui aveva salvato il quadrupede, unica sua ricchezza, Takeru è venduto ad una scuderia di Tokio, con grande dolore di Jiro chn tuttavia potrà ancora stargli vicino, perché scoppiato un altro Incendio nella scuderia stessa, l'atterrito purosangue avrà bisogno dell'assistenza del suo piccolo amico. Rimesso dallo choc, e montato dal fratello di Jiro, il corsiero trionfa nel derby della capitale; ma per l'ultima volta, giacché un vecchio malanno agli intestini rincrudisce, e lo stronca subito dopo la vittoria. Anche questo film, che ha molti tratti in comune con le biografie equestri di Hollywood, ma anche notevoli differenze d'intonazione (un sentimentalismo dissoluto, senza freno e malizia), ha nel trattamento delicato del colore, nella bella fotografia del paesaggio nordico e marino, e In pittoresche aperture di costume, titoli sufficienti a concorrere a una Mostra internazionale. E anche qui abbiamo incontrato un simpatico ragazzo, che recita spontaneo e ben coadiuvato dai compagni adulti. Tale questa giornata, cinematograficamente piuttosto magra, alla quale non sono tuttavia mancati spettatori e applausi. Leo Pestelli

Persone citate: Erode, Jack Lee, Kenna, Leo Pestelli, Shute

Luoghi citati: Cannes, Giappone, Hollywood, Malesia, Parigi, Tokio