Conversazioni con Nehru il politico dai cuore puro di Carlo Casalegno

Conversazioni con Nehru il politico dai cuore puro Conversazioni con Nehru il politico dai cuore puro Questo intellettuale raffinato si esprime interamente soltanto a contatto delle folle - Gandhi gli ha insegnato la giustizia e la rinuncia - Egli chiede che l'inserimento dei popoli di colore nella vita internazionale avvenga senza conflitti e senza sangue sparso Sappiamo tutti che Jawaharlal Nehru, Primo ministro indiano, è uno dei massimi protagonisti della storia contemporanea. Ammiriamo la sua carriera prodigiosa (nato suddito di colore di S. M. britannica, oggi tratta da pari a pari con Elisabetta) e ci rendiamo conto che c'è in lui il tratto rarissimo che distingue i grandi capi: la fantasia creatrice. Ma possiamo dire veramente di conoscerlo? Non è facile, per un occidentale. E' stata pubblicata molte volte una sua celebre fotografia: il Primo ministro, distaccato ed assorto, sta odorando una rosa sottile. E' un'immagine molto suggestiva, coglie certo qualcosa della personalità di Nehru, così complessa e talvolta preziosa: di Intellettuale incerto tra Oriente ed Occidente, di esteta incantato delle cose belle, di indiano innamorato della poesia greca ed affascinato dalla civiltà inglese. Ma la vera umanità di Nehru è assai più ricca e diversa. Anzitutto è un passionale. Lo confessa egli stesso in uno dei lunghissimi colloqui con il giornalista Tibor Mende, registrati su filo e testualmente riprodotti in Conversazioni con Nehru (ed. Einaudi, 195fc). Lo ha dimostrato con la sua sofferta partecipazione a tutte le lotte per la libertà e con trent'anni di azione rivoluzionaria contro il dominio inglese, vissuta fino allo spasimo. Ed è un ottimista ricco tuttora, a scssantasei anni, di ardore giovanile. Nel 1935 concluse la sua Autobiografia con quesie parole: « Mi accorsi che la vita merita di essere vissuta »; pochi mesi fa ha dichiarato al suo intervistatore: c Io ho un senso di avventura e di gioia di vivere, nel lavoro e nel fare le còse in generale. E questo mi porta lontano e mi protegge dagli scoraggiamenti ». Aristocratico per gusti intellettuali e per abitudine dì vita, è certamente uh solitario: c E' curioso — confessa - ma in certa misura lo riesco ad essere solo anche in mezzo a una folla ». Ma questa solitudine non annulla in lui la capacità di intensi attaccamenti passionali, come la lunga fedeltà a Gandhi, nè esclude una stretta, affettuosa comunicazione con le masse indiane. cPuò sembrare strano, — dice — ma mi sento meglio, più a mio agio, quando tratto direttamente con esse... Di fronte ad una grande folla, io poeso esprimere i miei pensieri intimi molto meglio che in un piccolo comitato... Provo un senso di comunione, benché io sia cosi diverso ». E tutta la sua attività dì governo assume, così, un'istintiva e quasi necessaria colorazione sociale. Come tutti i realizzatori, crede nell'azione ed è paziente e fermo: non sarebbe, diversamente, un i-omo politico. Ma non c'è in lui alcuna traccia di attivismo. Egli applica la dottrina che ritiene giusta con una sorta di sereno distacco. Citando un testo sacro dell'India, confida: «Il Gita dice: dobbiamo lavorare per ottenere del risultati, ma non dobbiamo preoccuparci troppo dei risultati. Questo vuol dire, in sostanza, che si deve lavorare, ma non si deve essere cosi attaccati ai risultati da esserne sconvolti. Bisogna mantenere un certo distacco anche nel pieno dell'azione ». Queste parole ci avvicinano forse al vero segreto della grandezza di Nehru: la sua saldissima fede. Nehru nega di essere un uomo religioso, ed In senso confessionale ha certamente ragione, il dogmi non mi interessano, nè mi interessa realmente la vita dell'ai di là e cose del genere. Perchè dovrei preoccuparmene? », dice a Tibor Mende. E non è nemmeno un mistico. Ma il suo umanesimo liberale, la sua certezza intima nel progresso (così legata all'eredità occidentale), il suo amore per 11 popolo rivelano la natura religiosa della sua personalità. «Debbo dire, — ammette — senza darne alcuna ragione, che nel fondo del mio animo io credo ancora che vi sia qualcosa, nella umanità, una qualche forza, che ci fa sopravvivere... E se l'umanità sopravvive, essa sopravviverà, ad ogni tappa, ad un livello relativamente più alto ». Nonostante 11 pudore di cui vela questa sua religiosità, noi avvertiamo bene che anche oggi, Primo ministro impegnato a fondo in una battaglia di pianificazione economica e di progresso industriale, è rimasto l'allievo di Gandhi, «letteralmente atterrato » dal Mahatma fin dal primo incontro. Dal maestro non imparò soltanto l'austerità e la rinuncia (come altri liscepoli, smise di fumare e a. mangiar carne), ma le alte convinzioni morali, la certezza che « se una persona fa la cosa giusta, da essa deriveranno i giusti risultati», la convinzione che il successo vero può essere raggiunto soltanto in purezza di cuore. Queste certezze restano, nella quotidiana opera diplomatica ed interna, le basi del programma di Nehru, il meno machiavellico degli uomini politici. Ma anche il meno dogmatico ed astratto. Quel suo predicare i «Cinque Principi» della coesistenza pacifica, quei suoi viaggi di pellegrino della pace a Bandung ed a Mosca, possono sembrare le manifestazioni di un dottrinarismo ingenuo; sono invece la sola applicazione possibile di un suo concretissimo piano. Egli vuol parlare in nome di quell'immenso mondo afro-asiatico, che è scosso ora da una indomabile ondata di «nazionalismo sociale», e chiede che questo inserimento degli uomini di colore nella vita internazionale non crei un nuovo motivo di conflitto tra 1 due blocchi, ma avvenga nella pace e nel progresso. Non è per l'appeasement nè per il pacifismo ad oltranza: Gandhi stesso predicava che è meglio combattere che accettare l'ingiustizia, ed è meglio uccidere che covare l'odio dentro il cuore. Non ha indulgenze per il comunismo, perchè non accetta il progresso materiale pagato con gli orrori ed 11 sangue. Ma non può ammettere nemmeno la guerra fredda, fondata com'è sul sospetto, sull'odio e sul fanatismo ideologico: la grande lezione di Gandhi — dice — è di aver additato 11 metodo del dialogo per affrontare i conflitti. Il Mahatma « non chiudeva mai la porta alla parte avversa desiderosa di entrare, di parlare con lui e di discutere le cose». E Nehru crede fermamente In questa lezione religiosa. Carlo Casalegno

Luoghi citati: India, Mosca