Una giovane, madre da un mese accisa dal marito a bastonate

Una giovane, madre da un mese accisa dal marito a bastonate DUE ORRENDI DELITTI A TORINO E A RIVOLI Una giovane, madre da un mese accisa dal marito a bastonate La vittima teneva il bimbo in braccio e cadendo lo ha schiacciato sotto il suo corpo - La donna è morta con la testa fracassata, il piccolo è ferito all'ospedale - L'uxoricida è fiiggito - Le cause: miseria e follia Una donno massacrato con la roncolo nei boschi tra Rivoli e Rosta Giuseppe Amato, di S8 anni, da Cerignola, ha ucciso ieri mattina la moglie Caterina Jovino, di H anni, anch'olla da Cerignola, spaccandole il capo con l'asse per lavare, ed ha ferito alla fronte il piccolo Franco, di S8 giorni, unico figlio. Le cause del delitto vanno ricercate nella miseria, nella follia. Forse si può cercare una terza causa nell'amicizia che l'uxoricida aveva per una altra donna. E' difficile immaginare un luogo più triste dell'abituro dóve la tragedia è stata consumata. In via Fossata 6, quasi all'angolo con corso Vercelli, c'è una vecchia casa ad un piano. Ancora alla fine del secolo scorso era una cascina. Adesso, dove c'erano i cavalli ed al piano superiore dov'erano i fienili, ci sono tante stanze, tanti buchi, e li vivono povere famiglie. Al pian terreno sono nove ed hanno un solo gabinetto ed una sola va schetta con rubinetto per l'acqua. Al piano superiore sono dieci famiglie con un solo gabinetto ed un solo rubinetto dell'acqua. Dieci al piano superiore, una cameretta di più che al piano terreno, perchè è stata ricavata nel sottotetto. Per raggiungerla bisogna salire alcuni gradini oltre il pianerottolo. Qui abitavano i coniugi Amato ed il loro bambino. Le dimensioni della camera: tre metri scarsi per due metri e mezzo. Un finestrotto dà luce. Il soffitto di legno a travi sconnesse. Un letto occupa tutto lo spazio. Un tavolo minuscolo con il fornello del gasun guardaroba diviso in due pezzi: un pezzo in un angolo, l'altro ai piedi del letto. Non si capisce come due persone adulto potessero stare in piedi contemporaneamente. Il letto servivo di notte per dormire, di giorno per sedersi, con un asse sopra, anche per mangiare. Ci siamo dilungati a descrivere l'ambiente perchè rimane più facile ad intuire i— non si tratta di spiegare —' i motivi del delitto. Caterina Jovino, la vittima, era una povera giovine. In meno di un anno- che abitava a Torino si era sfatta. Bellezza meridionale, piena di vita, quand'era arrivata con la speranza di trovare al Nord chissà che cosa, aveva conosciuto la miseria più triste, forse peggiore di quella lasciata laggiù nella sua città. Per vivere andava a lavorare ad ore presso famiglie. Ancora nell'imminenza del parto era costretta a lavorare. Non si curava più nel vestire. A ventiquattro anni era già vinta demoralizzata. Giuseppe Amato, il marito, è di statura leggermente inferiore alla media. Magro, il volto color oliva, due occhi spiritati che sovente avevano la luce della follìa. Prima di sposarsi era stato ricoverato per più di due anni in un ospedale psichiatrico. Di professione manovale. Era occupato in un cantiere-scuola del Municipio con 700 lire il giorno e la colazione a mezzogiorno. In casa soldi non ne dava. Pagava l'affitto di duemila lire mensili. Comperava vestiti per sè, ma non provvedeva alla moglie, lasciando che ricorresse alla carità dei vicini quando non aveva da sfamarsi. Si acquistò anche una moto, ma presto dovette venderla perchè l'uso gli costava troppo. Appena sposati, cinque anni fa, erano venuti a Torino alla ventura, ripetendo la strada di tanti compaesani. Avevano trovato alloggio nella pensione di corso Raffaello S. Ma la donna non aveva voluto rimanere. Si trovava a disagio. Le avevano detto che Torino e u?ia grande città. Che a Torino la vita è diversa che nel Meridione. Che c'è spazio e lavoro per tutti. Il primo incontro, una stanzetta in una pensione dove tutto era comune, l'aveva offesa. Almeno una camera tutta sua dove raccogliere il sentimento della nuova famiglia. Ed era tornata in Puglia. Il marito le aveva promesso che al più presto avrebbe trovato un alloggio tutto per lo ro. Andò a prenderla per ri- portarla a Torino alla fine di gennaio dello scorso anno. L'alloggio era la stanzetta di via Fossata 6. Vi entrarono il 9 febbraio. I due coniugi non andavano d'accordo. I vicini dicono che la colpa era del marito manesco e prepotente. Si afferma che aveva posto gli occhi su un'altra donna, anch'essa meridionale, e che si era fatto insofferente verso la moglie. Neppure un anno di convivenza a Torino e dovettero intervenire dieci volte gli agenti del vicino Commissariato della barriera di Milano. Il marito picchiava la moglie, la moglie reagiva e si difendeva come poteva. L'incompatibilità di carattere, che esisteva tra i due, veniva acuita dalla mancanza di spazio. Non si potevano muovere in quel bugigattolo senza urtarsi. Non amandosi più, lo stesso stare insieme in quei metri insufficienti diventava una sofferenza, un motivo di disagio che sfociava in litigio. € Bada — diceva il marito — se mi tocchi, finirà che mi prendo trentanni ». Se mi tocchi, commetto uno sproposito e mi cacceranno in galera per trenfanni: ma lafvase più co-ncisa voleva essere più cattiva. Caterina Jovino ripeteva le sue pene ai vicini. Tutta la casa — un'isola vecchia soffocata da costruzioni nuove, alte — e un'unica famiglia. «Ti vuole uccidere — le confermavano i vicini — stai attenta ». «Jlfa come faccio f » € Prega la Madonna ». L'infelice aveva immagini nei tre cassetti dell'armadio, un piccolo crocefisso nel borsellino sdruscito. Crocefisso baciato nei momen¬ ti di disperazione. Si confidava in modo particolare con la signora Antonia Famiglietti che le aveva fatto da madrina per il piccolo Franco^ Il bimbo era nato di otto mesi, con anticipo, perchè dopo una lite con percosse la madre aveva dovuto ricorrere ai medici. Dalla Famiglietti aveva lasciato la borsa con le sue poche cose. Quando quindici giorni fa era rientrata dalla Maternità con il figlio si era illusa di aver ritrovato l'affetto del marito. Ritirò la borsa dalla Famiglietti dicendo che il figlio, il maschio, aveva finalmente fatto contento U suo Giuseppe. Illusione di breve durata. Sabato sera nuova lite. Il marito la colpì al basso ventre con un terribile calcio, la donna lo ferì al capo con una bottiglia. Perdendo sangue tutfe due — U piccolo strillava sul letto — corsero all'osteria di fronte alla casa pregando la titolare Teresa Cerrato di avvertire la Croce Verde. La Cerrato voleva avvertire la polizia. I due urlavano di dolore. Nell'osteria furono medicati e poi vennero accompagnati all'Astanteria Martini. Dieci giorni di guarigione lui, sei giorni lei con l'invito di tornare ieri mattina. Ieri mattina la donna tornò all'astanteria per una visita di controllo. Lasciò il piccolo in casa della Famiglietti. Il marito invece andò da una famiglia in via Cigna a ritirare una culla. Il bimbo nel piccolo letto finiva per essere schiacciato dai genitori.- Persone pietose si interessarono per la culla. Ma la culla portò via un terzo — non si esagera — dello spazio ancor libero della stanza. Le due sedie che servivano per sostenere una valigia ed altre cose dovettero essere ammoìiticchiate provvisoriamente sul letto. La vita era impossibile. Il marito rientrò verso le 11. La donna alle 11 e mezzo. Andò dalla Famiglietti a prenT dersi Franco che piangeva e sporgeva la bocca affamato. « Gli dò un po' di latte, e poi preparo da mangiare per noi ». Queste furono le ultime parole della donna che udirono i vicini. Nessuno sa riferire che cosa sia successo nella camera troppo angusta. Caterina deve aver preparato le patate perchè sono state trovate tagliate a pezzetti nella bacinella. Il delitto venne commesso tra le 11 e mezzo e le 11 e tre quarti. I vicini Jolanda e Marcello Origlia, udirono dei (Continua in seconda pagina) n piccolo Franco, di 28 giorni, ricoverato all'ospedale

Persone citate: Antonia Famiglietti, Caterina Jovino, Cerrato, Giuseppe Amato, Magro, Marcello Origlia, Teresa Cerrato