Polemiche cavouriane di Luigi Salvatorelli

Polemiche cavouriane Polemiche cavouriane Sarebbe esagerato applicare a Cavour quello che il Manzoni dice di Napoleone, e proclamarlo segno « d'inestinguibil odio - e d'indomato amor ». Se, però, ai termini « odio » e « amore » sostituiamo quelli più modesti di « antipatia » e « simpatia », allora potremo constatare che anche oggi accade di riscontrare quei sentimenti in chi si occupa di Cavour. La prova migliore di questo fatto è il libro recente di D. Mack Smith, Cavour and Garibaldi, con gli echi da esso suscitati. Il Mack Smith è un valente studioso -1 Risorgimento, degno discepolo del Trcvelyan (a proposito: il Trevclyan ha compito adesso gli ottant'anni: sia consentito mandargli da queste colonne un saluto augurale). Di questo libro parlò subito nella Stampa il compianto amico Cajumi, che, lui, era un cavouriano ardente (e al tempo stesso un cocciuto antimazziniano). Ma da allora il libro è stato molto letto e discusso in Italia: e io stesso ne parlai altrove apprezzando l'opera veramente egregia, ma dissentendo da certe sue impostazioni, e in particolare dal giudizio d'insieme sull'opera di Cavour per la entrata del Mezzogiorno nel regno d'Italia. Una recensione approfondita, distribuente equamente lodi e critiche, fu. quella di Ettore Passerin d'Entrèves nella « Rassegna storica del Risorgimento » del gennaio-marzo 1955; e adesso lo stesso Passerin torna a occuparsi del libro del Mack Smith in un bel volume di un quattrocento pagine ( L'ultima battaglia politica di Cavour. I problemi dell'unificazione italiana, ILTE, Torino), primo di una «Collana di studi cavouriani » diretta dal Maturi, e edita dal Centro di studi cavouriani « Giovanni e Margherita Visconti-Venosta ». Codesto Centro, detto anche « Fondazione Camillo Cavour», di istituzione recentissima, ha sede nel castello di Santena, divenuto per generosa volontà del compianto marchese Giovanni proprietà del Comune di Torino. Si può sperare che esso sia di aiuto e d'incitamento alla Commissione editrice cavouriana, che dovrebbe al più presto iniziare l'edizione completa e definitiva (in ordine cronologico, naturalmente) di tutti i carteggi cavouriani. Lo stesso volume del Mack Smith, nonostante il suo atteggiamento spiccatamente critico rispetto a Cavour (o piuttosto, proprio per questo), gioverà — anzi, sta giovando di già — a una migliore conoscenza della sua figura, a una valutazione più approfondita della sua opera. Che il suo libro abbia fornito l'occasione a quello del Passerin è evidente; ma l'opera del Passerin ha valore autonomo, impostazione e trama sue proprie; e anche i suoi termini cronologici sono diversi da quelli del Mack Smith. Questi, movendo dall'aprile 1860, studia i rapporti fra « Cavour e Garibaldi », cioè fra l'azione governativa piemontese e quella garibaldina e più in generale del partito d'azione nel Mezzogiorno, dall'inizio della spedizione dei Mille fino ai plebisciti meridionali e al ritiro di Garibaldi a Caprera, e termina con un esame del governo cavouriano nel Mezzogiorno alla fine del 1860. Il Passerin, invece, a tutta la fase fino all'annessione compresa dedica l'Introduzione e parte del capitolo primo, seguitando poi la trattazione sino alla fine di Cavour. Si potrebbe dire che i due libri s'intreccino l'uno con l'altro; ma hanno anche carattere diverso. Il Mack Smith, pur con tutte le sue osservazioni critiche, fa una ricostruzione com pietà e minuta degli avvenimcn ti: e tale ricostruzione, ricca mente documentata, costituisce il valore più grande e più indi' scutibile dell'opera sua, e ne fa uno strumento indispensabile per gli studiosi. Quella del Passerin, piuttostoché narrazione storica, è analisi di correnti azioni politiche, esame di problemi e di conflitti (appoggiati da fìtte note e da appendici di lettere inedite). Mentre il Mack Smith ha impostato il suo libro, fin dal titolo, sul contrasto fra governo cavouriano e azione garibaldina (nel più largo senso di questa parola), il Passerin segue il filo centrale dell'opera di unificazione, e dei contrasti d'indirizzo generale circa l'unificazione medesima; anche se con particolare riguardo al Mezzogiorno e Cavour. * * Dato con questo (meglio che potevamo) unicmque munì, rimane sempre alle due opere la caratteristica saliente di essere la prima una critica della politica cavouriana, e la seconda una difesa della medesima. L'avvocato difensore ci sembra più nel vero del Pubblico Ministero In che consiste, in termini sintetici, la critica a Cavour del ] primo libro? Nel rimproverare al « gran Conte » — come lo chiamava taluno dei suoi seguaci — di aver voluto imporre la propria volontà governativa e accentratrice per il tempo e il modo dell'unificazione meridionale. Secondo il Mack Smith, si sarebbe dovuto andare più piano, e tenere in molto maggior conto le necessità, le istanze e le forze locali. Così avrebbero tentato di fare Garibaldi e il partito d'azione, che Cavour riuscì a sopraffare ed eliminare. Insomma, Cavour per il Mack Smith è il rappresentante delautoritarismo accentratore, Garibaldi e gli « azionisti » del liberalismo autonomistico. C'è, in codesta interpretazione del Mack Smith, qualche omissione e confusione. Garibaldi e il partito d'azione non volevano una unificazione italiana più lenta, per dare più ampio gioco alle iniziative locali: avrebbero, invece, voluto far tutto in una volta. « bruciare le tappe ». Dopo Palermo e Napoli dovevano venire immediatamente Roma e Venezia. Non si trattava di aspettare una « rivoluzione liberale » quale ai nostri giorni vagheggiò Piero Gobetti; cioè una iniziativa o serie di iniziative autonoma, popolare e locale. Si trattava invece di un procedimento rivoluzionario, di insurrezione e di guerra, diretto da un centro comune. Insurrezioni e guerre, si sa, sono il prodotto di minoranze che fanno appello alla forza. Il contrasto fondamentale — è stato detto da un pezzo e lo conferma adesso il Passerin — era quello del primato fra due iniziative, la governativa e la rivoluzionaria. L'autonomismo, le forze locali, entravano nel gioco: e, come sempre succede quando le opposizioni sono diverse, e nessuna abbastanza forte per vincere da sola, si associavano facilmente all'opposizione democratica o « azionista », la quale a sua volta ne assumeva o mostrava di assumerne le parti. Ma per sé erano cosa diversa, e magari contraria : contenevano, cioè, elementi è germi di reazione. E' merito del Passerin di aver messo in luce questo punto analizzando particolareggiatamente — anche se non sempre con abbastanza chiarezza (la materia stessa è confusa) — queste correnti autonomistiche locali. Ma anche per quel che concerne il metodo più o meno liberale, occorre guardarsi bene dall'identificare senz'altro liberalismo, e « garibaldinismo » o « azionismo ». Garibaldi tendeva alla dittatura regia e all'occorrenza anche propria. Cavour stava invece per il mantenimento della libertà e il controllo par- G M11111TIMI ; IM1 11 11 ì 1111 11 M111E111111111 11 111M1 ] lamentare C'era bensì Mazzini,che poneva l'esigenza democratica-liberalc della Costituente: e se si vuole un vero termine di antitesi a Cavour, esso è Mazzini, non Garibaldi. Ma nelle contese illustrate dal Mack Smith, e ora dal Passerin, Mazzini rimane in margine. Di più; il concetto d'iniziativa popolare non era estraneo a Cavour; ed c un altro merito del Passerin di aver messo in luce questo punto, piuttosto trascurato. Il 26 febbraio 1861 Cavour disse al Senato: «L'iniziativa è stata presa dal popolo, che a quest'ora ha già salutato ed intende salutare per' sempre Vittorio Emanuele II come Re d'Italia »Il governo, insomma, interveniva a perfezionare l'iniziativa popolare, inquadrandola nel nuovo ordine nazionale e monarchicocostituzionale; e così inquadrata la presentava all'Europa, che, per accettarla, di una simile garanzia aveva bisogno. Luigi Salvatorelli iiimiiiiiiiiiiiiimmiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiM" Ill