Quelli che menano il giuoco e quelli che si sgozzano sui monti di Francesco Rosso

Quelli che menano il giuoco e quelli che si sgozzano sui monti LA TRAGICA SITUAZIONE IN ALGERIA Quelli che menano il giuoco e quelli che si sgozzano sui monti Nei grandi alberghi spionaggio e controspionaggio, trafficanti di armi, patrioti idealisti, speculatori • Dagli anfratti montuosi, con le tenebre, scendono i fellagha feroci che saccheg^ giano, incendiano, uccidono - Le promesse della Francia, alla vigilia di avvenimenti oscuri (Dal nostro inviato speciale) Algeri, febbraio. c La guerra algerina non la combattono soltanto i fellagha e i soldati sulle montagne, ma anche tutta questa gente apparentemente oziosa in comode poltrone >. Eravamo seduti al bar di un grande albergo di Algeri e il mio compagno di tavolo, un arabo laureato a Grenoble a cui mi avevano presentato comuni amici, mi indicava con discreti cenni del capo la folla composita e variopinta che si muoveva intorno a noi. Vecchi, austeri musulmani affogati in candide gillabe, il capo avvolto in bianchi turbanti listati d'oro; giovani musulmani abbigliati all'europea; ufficiali dell'esercito copiosamente decorati; donne ingioiellate, compostamente belle e distaccate; uomini di mezza età la cui pronuncia francese denunciava origini scandinave e centroeuropee, anglosassoni e orientali, intessevano conversazioni susurrate, fatte più di gesti e lampeggiar d'occhi che di parole. « Da quando è scoppiata la guerra, diceva il mio interlocutore, i rappresentanti dei vari stati maggiori si sono installati qui >. Con circospezione, susurrando fin quaBi ad essere inintelligibile, mi indicava ad uno ad uno gli esemplari della strana fauna cosmopolita. «Quell'arabo piccoletto è il caid di una città di confine e agente del "Deuxième Bureau". E' nato tutto orecchie, scora- metto che riesce ad afferrare ■lllllllllillllllllllllllillilllllllllllllllllllMllllllll l e . anche le mie parole». L'omino indicatomi si abbandonava allo schienale della poltrona, sfiorava il soffitto con sguardi indifferenti. Ogni tanto, a dispetto del Corano, sorseggiava un po' di whisky. «A quel tavolo d'angolo, l'arabo che parla con i tre europei è un agente del fellagha. Raccoglie fondi per la guerriglia, compera armi e le fa giungere a destinazione. E' diabolico, non sono mai riusciti a sorprenderlo in fallo benché lo tengano d'occhio. L'altro arabo seduto al tavolo accanto è un suo luogotenente, ha il compito di fare il vuoto intorno alla Francia minacciando i ricchi musulmani collaborazionisti da cui riceve grosse somme per finanziare la lotta. « Quel signore alto, distinto, silenzioso è un tedesco. Dicono che procuri armi ai ribelli. Non ne sono certo, ma può essere vero. Quel tre vecchi arabi che bevono con tanta gravità acqua minerale sono ricchi latifondisti. Hanno sempre collaborato con i francesi; ora incominciano a dubitare che i ribelli vincano e il alutano con forti somme sperando di salvare la vita e la ricchezza >. A poco a poco la folla ano nima prendeva rilievo, i personaggi assumevano ciascuno la propria f isiondmia di protagonisti in questa guerra che si combatte su molti e lontanissimi fronti. Nei tiepidi e confortevoli alberghi di Algeri, spionaggio e controspionaggio, trafficanti di armi, patrioti idealisti, speculatori, ufficiali dell'esercito francese, emissari clandestini dei fella- e llllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllll gha si scontrano continuamente in un gioco subdolo e audace, elaborano le trame tattiche ideate a Parigi e al Cairo. I giovani soldati di Francia, i disperati adolescenti fellagha le realizzeranno poi fra tormente di neve, sulle gelate montagne dell'Aurés e di Costantina, in Kabìlia e nell'Oranese dissanguandosi in uno stillicidio di agguati e barbare efferatezze. Ma è qui, negli alberghi di Algeri, che si manovrano i fili invisibili di una guerra che può avere molte conclusioni, anche le più impensate. La Francia sta giocando una grossa carta, forse l'ultima di cui dispone. Se perdesse l'Algeria vedrebbe frantumarsi l'intero congegno su cui si reggono i suoi possedimenti del Nord Africa. Le ali, senza il centro, crollerebbero. Cacciata dall'Algeria sarebbe fatalmente costretta ad abbandonare il Marocco e la Tunisia prima, l'Africa centrale e meridionale poi. Per queste ragioni è disposta a puntare tutto sulla carta algerina. • » Può ancora vincere la partita, se il piano di riforme ed investimenti annunciato da Guy Mollet sarà prontamente realizzato e se, contemporaneamente, la sua diplomazia riuscirà a svuotare .l'audace programma politico elaborato dagli Ideatori della Federazione di Stati nord-africani installati al Cairo. II piano di riforme, annunciato ufficialmente martedì scorso dal ministro residente Robert Lacoste alla seduta inaugurale dell'Assemblea algerina, è una tardiva riparazione alle molte ingiustizie sopportate per oltre un secolo dai iiaria arabi. Otto mil.oni di musulmani algerini hanno un reddito medio di 33 mila franchi l'anno contro i 208 mila di cui dispongono il milio ne di europei stabiliti qui. Ma quel reddito, già miserabile, non significa nulla, la maggior parte è accentrato nelle poche mani dei ricchi feudatari arabi. Su otto milioni di musulmani, cinque milioni sono contadini e per costoro il reddito è di 16 mila franchi l'anno, 44 franchi il giorno. Un chilo di pane costa 54 franchi. Dare subito ai contadini un salario dignitoso è il programma minimo esposto da Lacoste, il quale ha però annunciato più rivoluzionarie innovazioni. Il governo, con un primo investimento di 15 miliardi di franchi, avvieni industrie ed attività che assorbano in parte il milione di disoccupati; la riforma agraria, con lo scorporo dei latifondi, ridistribuirà la ricchezza terriera creerà il- piccolo colono arabo, esemplare finora sconosciuto in Algeria. Nel tempo saranno investiti altri 400 miliardi di franchi. Aumenterà il lavoro, aumenterà il benessere. E* li solo modo per sottrarre le masse alla influenza della propaganda svolta dai fanatici dell'Islam e dell'indipendenza algerina, guadagnarle ancora alla causa della Francia. Fino a che punto il calcolo risulterà esatto è Impossibile prevedere. Con la sorniona indifferenza degli orientali, gli algerini parteggiano senza riserve per i ribelli, li riforniscono, li ospitano, dividono con loro 1 quattro datteri e il boccone di pane, Indicano la fattoria da incendiare, il nemico da uccidere, il luogo più adatto all'agguato. Ogni algerino è un fellagha po tenziale, se non milita nelle file dell'esercito di liberazione nazionale è perchè i capi non considerano ancora propizio il momento. Inoltre non sarebbero In grado di organizzare un vero esercito, armarlo sia pure in maniera rudimentale. La guerriglia algerina non ha bisogno di grandi forze, la sua tattica è l'agilità di manovra, la leggerezza dell'equipaggiamento, i'1 terrorismo. Calando con le tenebre dagli anfratti montuosi in cui, di giorno, si annidano come animali selvatici, 1 fellagha sembrano posse duti dal demone della ferocia; tagliano interi agrumeti, sabotano ferrovie, linee telefoniche e telegrafiche, saccheggiano e incendiano case, stuprano donne, sgozzano bambini e vecchi nonagenari in una sorta di frenetico bestiale sabba. Poi, inafferrabili come fantasmi, ritornano ai loro impervi, irraggiungibili nidi d'aquila, lasciando indietro 1 compagni morti o feriti, lievi perdite subito colmate dai volontari che attendono la ohiaimaita, Indifferenti al freddo, alla fatica, allenati alla fame .ed alla rinuncia da secoli di miseria. La sera dopo, sono pronti a ripetere le scene di orrore con cui atterriscono tutti, gli europei ed i ricchi arabi troppo tiepidi sostenitori dell'Indipendenza algerina Soprattutto questi ultimi vivono in continua ansietà, incerti tra la redditizia collaborazione coi francesi, che potrebbero però perdere la guerra, ed i rischi di un'alleanza coi ribelli, che potrebbero vincerla. Neil' attesa trascorrono le giornate bevendo acqua minerale al bar degli alberghi, pagano i tributi agii esattori del fellagha, continuano il colloquio con la Francia, vivono a gomito a gomito con il trafficante di armi nelle cui tasche finiscono i soldi che a malincuore, hanno versato per finanziare una guerra che sarebbe la loro rovina se davvero portasse libertà e indipendenza all'Algeria. Il gioco subdolo, audace continua giorno e notte. Mentre stanno qui, sdraiati nelle comode poltrone a manovrare i molti fili di questa guerra spietata, un carovaniere attraversa il deserto portando sulle piste di sabbia subito cancellate dal vento, i fucili ed i proiettili per i ribelli, armi giunte da chissà quali remoti, gelidi paesi; sulla gobba di un cammello c'è forse l'arma da cui può partire la morte per uno di questi manovratori del grosso azzardo, o per tutti. Perchè la. guerra di Algeria non è un piccolo conflitto coloniale. Se il focolaio non sarà spento a tempo, l'incendio si estenderà a tutta l'Africa e non sarà soltanto la Francia a scottarsi. Francesco Rosso

Persone citate: Guy Mollet, Robert Lacoste, Vecchi