Abbandonate le belle donne affrontiamo l'irta Gibilterra di Francesco Rosso

Abbandonate le belle donne affrontiamo l'irta Gibilterra IL VIAGGIO DELLA COLOMBO CON LA MODA ITALIANA Abbandonate le belle donne affrontiamo l'irta Gibilterra Ultime chiacchiere a bordo lina buia città di cannoni ■ Gli abitanti: gente quieta, che non ama le avventure Venerate le scimmie della rocca, come le oche del Campidoglio dai romani (Dal nostro inviato speciale) Gibilterra, 14 febbraio. Grazie alla bravura dei fabbricanti di fiori finti, il comandante della Colombo ha potuto far esplodere ieri sera, a bordo della Bua nave, una smagliante primavera di stoffa. Attorcigliati alle colonne, appesi a cascate ai lampadari, intrecciati ai tendaggi, centinaia di rami di roseo pesco fiorito davano una fallace sensazione di tepori primaverili, necessaria per creare l'atmosfera adatta all'esordio ufficiale delle nobildonne che portano ai telespettatori americani i modelli di primavera e estate, usciti dalle sartorie italiane. Il salone delle feste appariva come un grande cesto fiorito, con qualche variante di signore in abiti da gran sera e uomini in nero. Le gentildonne indossatrici erano tutte allo stesso tavolo, il pubblico le circondava con queir affettata noncuranza che, pare, sia la più raf¬ finata espressione di signorilità. In un originale smoking di seta color piombo, il signor Giorgini ha fatto le presentazioni. « Non sono indossatrici, ma signore della miglior società italiana che vanno in America coi a ambasciatrici della nostra moda », ha dichiarato in inglese, poi a una a una ha chiamato al centro della sala le nobildonne nel ruolo inconsueto di indossatrici. Barbara Biscaretti di Rutila, Mita Corsi di Santo Stefano Belbo Colonna Cesarei Maria Teresa Siciliano di Rende, Diamante Cornaggia de' Medici Capponi, Maria Brandolin d'Adda Lorian Gaetani Lovatelli, Consuelo Crespi O'Connor, Jacqueline Borgia. La contessa Borgia si è aggiunta all'ultimo momento, e per darle modo di apparire alla televisione americana le hanno affidato alcuni modelli, ma pochi, per cui ha dovuto guadagnarsi una parte della crociera facendo da inter- prete a un grosso rappresentante di prodotti farmaceutici. < Non incomincerai a maneggiare arsenico, spero » le diceva un' amica, alludendo ai suoi stretti legami di parentela con la leggendaria Lucrezia. « Purtroppo no, rispondeva la bionda Jacqueline. Però non capisco perchè mìa madre non mi abbia chiamata Lucrezia, sarebbe stato terribilmente divertente ». La crociera scandisce le sue ore di traversata sui pettegolezzi, sull'anzianità del titolo no. biliare, sulle consistenze patrimoniali. E' un po' di vita mondana di via Veneto, che si è trasferita sulla Colombo, e intorno le ruota la folla dei passeggeri, le si aggrega l'appendice di eccentricità indispensabile in avvenimenti del genere. Alcuni indossatori di un sarto romano camminano sulle passeggiate ostentando una giacca diversa a ogni ora, rigate con i più assurdi colori. Avanzano con passi lunghi, molli, lo sguardo sempre un po' velato. La lingua più tagliente della comitiva li hà battezzati < i leopardoni > e definiti « tailleurs > i loro smokings fantasiosi. Il gioco delle frasi maliziosamente allusive durerà fino a Nuova York. Cesserà forse al momento in cui, obbligate a levarsi alle quattro del mattino ; per essere pronte alla trasmis' sione televisiva delle sei, le nobildonne e i loro accompagnatori troveranno altri argomen ti di conversazione. Ma Nuova York è ancora, lontana, e oggi mentre la nave era in sosta a Gibilterra per sbarcare alcuni di noi, il dialogo asprigno con tinuava. II passaggio dalla Colombo alla ferrigna durezza della celebre rocca non è avvenuto senza emozioni, l'urto è stato cosi violento che i ricordi di bordo sono stati immediatamente cari celiati. A prima vista Gibilterra appare come una San Marino marittima, strade in pendenza, negozi e bazar a ridosso l'uno dell'altro, riboccanti di sigarette, cartoline, francobolli, accendisigari, un grosso eriiporio di merci vistose e assolutamen te inutili per turisti di palato grosso. Ma l'inganno ha breve durata, subito si scopre la vera natura di questo sperone di roccia messo tra l'Atlantico e il Mediterraneo perchè gli inglesi potessero disporre di una formidabile chiave. Usciti dalle poche vie della città, la natura essenzialmente militare della rocca balza agli occhi. Migliaia di cartelli sbarrano il passo con perentori divieti. Ogni sentiero è controllato dalla polizia, si cammina in un perpetuo tunnej di filo spinato e reti metalliche. Qualcosa i turisti possono vedere percorrendo l'unica strada che si arrampica sui fianchi della rocca. Fermandosi in due punti obbligati si ha il piacere di apprendere da due targhe di marmo che in quello stesso punto la regina Elisabetta l'il maggio 1954 si è fermata ad ammirare lo stesso paesaggio rimasto immutabile. I più fortunati, provvisti di uno speciale permesso, possono entrare nella vera e propria fortezza, percorrere i ciechi budelli che per venti miglia perforano la rocca in ogni direzione. In questo labirinto gli inglesi hanno costruito una misteriosa buia città, popolata di cannoni a lunga gittata, nidi di mitragliatrici puntate verso ogni frazione di orizzonte. Groviglio di fili portano la luce elettrica, intrichi di cavi telefonici portano la voce di ogni angolo di mondo in cui c'è un comando inglese. La tetra città costruita nel ven¬ tgqc o tre della montagna, brulica come un termitaio In ogni ora del giorno e della notte. Percorrere quel dedalo di strade asfaltate che salgono e scendono, portano ad una casamatta, a un comando di batteria, dà un senso di angosciosa oppressione, acuisce fino allo spasimo il desiderio di tornare alla luce a rivedere questo cielo già africano, limpido e puro. Usciti all'aperto, tornati a percorrere le strette e irte vie della città, si vedono le cose con occhi diversi,. si nota il numero imponente di caserme. Gli Highlanders che fanno le esercitazioni in, gonnellino, al suono dei pifferi, non sembrano più soldatini da rivista. Gibilterra ha una popolazione di 25 mila abitanti, e ospita S mila soldati inglesi. Chi dà il tono alla città sono i militari. Tutto vive e si muove in funzione della guarnigione. Gli inglesi cercano di non far pesare la loro presenza. Lasciano che la popolazione viva secondo i suoi gusti e tradizioni, che sono spagnoli. Nelle scuole è obbligatorio l'insegnamento dell'inglese, ma i ragazzi possono studiare tutte le lingue che desiderano, tranne 10 spagnolo, perchè da buoni logici gli inglesi presumono che la lingua madre l'imparino in casa. Per il resto non fanno storie con i nativea. Accolgono volentieri i tremila spagnoli che ogni giorno attraversano ii confine a La Linea, e vengono a lavorare alla rocca come manovali o persone di servizio, desiderano soltanto che in tutti i locali pubblici sia esposto il ritratto della regina e del suo consorte 11 duca di Edimburgo, desiderio che è sollecitamente soddisfatto. Gli abitanti di Gibilterra sono gente quieta, non amano le avventure, lasciano che la politica la facciano gli inglesi. Il giorno in cui, come segno di protesta contro la visita della regina Elisabetta alla rocca, la Spagna ha rotto i rapporti diplomatici con l'Inghilterra e soppresso il suo Consolato generale, a Gibilterra non ci sono state emozioni. Sono con gli inglesi da tanti anni, oltre duecento, che non ricordano nemmeno di essere stati spagnoli. Gli inglesi si accontentano delle tiepide dimostrazioni di simpatia cosi affini al loro temperamento. Pretendono soltanto, e con energia, che le scimmie della rocca, venerate come le oche del Campidoglio dai romani, siano guardate a vista e nutrite come si conviene. Perchè, dice una leggenda, se le scimmie che hanno salvato Gibilterra da un attacco spagnuolo dando l'allarme, dovessero abbandonare la rocca, anche la dominazione inglese finirebbe. Se davvero la loro presenza dipende dalle scimmie, gli inglesi possono dormire tranquilli: l'Africa è a due passi, il rifornimento facilissimo. Francesco Rosso *++

Persone citate: Biscaretti, Consuelo Crespi O'connor, Elisabetta, Gaetani Lovatelli, Giorgini, Jacqueline Borgia, Maria Brandolin D'adda, Maria Teresa, Medici Capponi