L'Arcangelo dell'Avventura di Marziano Bernardi

L'Arcangelo dell'Avventura L'Arcangelo dell'Avventura Non è certo un caso che UObservateiir de Genève, organo della « défense de la civilisation chrétienne », si sia affrettato a ringraziare Georges Duhamel della luce da lui fatta con L'Archange de VAventure « su ciò che costituisce ad un tempo la farsa e il dramma dello stato attuale delle arti, spietatamente asservite sia alle fumose costruzioni dottrinarie dei critici, sia alle equivoche speculazioni finanziarie dei mercanti ». Mentre infatti — nell'ultimo romanzo (Mercure de France) dell'Accademico francese — più scroscianti da tutta la Parigi snob salgono gli applausi allo sbalordito involontario inventore della «Pittura Iniziale» balzato di colpo alla e» ebrità, è proprio una rivista ginevrina a dissentire con asprezza. L'allusione aìì'Observateur che vigorosamente partecipa, da conservatore, alla « querelle de l'art sacre », è chiara. Al duro attacco il pittore Cyprien Ricord, protagonista del breve romanzo, resta un istante perplesso. Ma il grande critico Mikael Poirier che, accostato casualmente il modesto e oscuro epigono del vecchio Impressionismo, tanto l'ha catechizzato con le sue teorie per metà convinte e per metà ciniche da indurlo a farsi il messìa dell'avveniristica poetica, sorride e getta il giornale nel fuoco: — Sapete bene, mio caro, che VOlympia di Manct non è entrata subito nei musei nazionali. — Ed essendo lui, Mikael, l'onnipotente Arcangelo dell'Avventura, riesce a trasformare l'onesto Cyprien. il quale s'accontenterebbe della sua umile vita con una moglie impiegata e un bimbo che va a scuola, nell'assertore d'una modernità artistica al cui paragone Cubismo e Astrattismo son giochetti infantili; ed a lanciarlo, come si dice, sul piano dell'attenzione internazionale, ad arricchirlo subitamente, a farne l'uomo dèi giorno, ammirato riverito acclamato. A Parigi, a New York, e dovunque gruppi di giovani fervidamente e ingenuamente anelano all'inedito, o cenacoli intel Iettualistici ed élites pseudo-culturali sazie del ragionevole s'inebriano dei più assurdi sofismi estetici purché rechino il crisma di un'illusoria novità, si grida alla rivelazione. Per quasi un anno, dal giorno che Mikael ha ideato di farne la cavia del suo straordinario esperimento, Cyprien vive in un sogno dal quale ogni tanto emerge coi sudori freddi, tanto l'improvvisa folle fortuna contrasta col suo lento buon senso. I centocinquantamila franchi offertigli per la prima tela dipinta nella nuova maniera « inizialista » dopo che Mikael l'ha condotto a vedere una mostra di illustri modernisti, i tre milioni versatigli dal m'ercante d'arte Dorgerus alla sua prima « personale », e più ancora i farneticamenti della critica « valida », lo lasciano smarrito. Che cosa significano, domanda, queste enormi sciocchezze che mi si attribuiscono? Eppure il sogno vertiginoso continua: magnifico appartamento e studio nel centro di Parigi (ed egli vi si aggira con una vaga nostalgia del suo granaio nella banlieue), automobile alla porta, vistoso conto in banca. Non era mai salito su un aereo, e già vola con il protettore e la moglie a New York, dove il successo si rinnova strepitoso. La formula « inizialista » furoreggia, da ogni parte del mondo gli giungono devoti messaggi di adepti fanatizzati. Imperturbabile, Mikael lo incoraggia: l'uomo forte, il grande artista è colui che si dimostra capace di dominare la sua epoca. Fra dieci anni non vi sarà più sulla terra un palmo di superficie libera dalla reclame. Nelle chiese dei villaggi, durante la Messa, gli altoparlanti faranno la pubblicità delle case vinicole fornitrici del vino eucaristico, delle farine per le ostie della Comunione. Caro Cyprien, soltanto i pazzi pretendono di contrastare la corrente del tempo. Perchè sorprendervi di quanto vi accade? Rapida, silenziosa, attiva, logica, non se ne sorprende la moglie Brigitte. Guida l'auto meglio del marito, firma e stacca gli assegni, riceve gli ospiti con naturalezza e dignità. Dopo i primi stupori, è divenuta l'ancella dell'Arcangelo, è colei che tosto ha capito che l'azione di costui non tende a far felice un uomo, ma è mossa dalla gelida fatalità di un evo spietato e apocalittico. Strumento di un destino, ella ne è lucidamente partecipe. Perciò non commetterà l'errore di Cyprien, il quale in un giorno funesto vorrà gridare la propria gratitudine a Mikael rompendo repentinamente l'incanto. Abbandonerà il marito al colmo della fama, lo lascerà solo per sempre col figliuoletto Vincent, fuggendo con l'Arcangelo. II demiurgo si giustifica col suo creato: « Io non posso amare un uomo che mi deve o crede dovermi una gran parte della sua felicità; non posso amare uno schiavo: devo farvi del male per liberarvi da questo debito odioso ». Brigitte si limita a scrivere, sulla lettera una sola parola: Adieu; ch'è il titolo dell'ultimo quadro « inizialista » del pittore. Tutto il resto rimane: appartamento, automobile, conto in banca, celebrità. Ma la meravigliosa avventura è finita, e Cyprien col bambino torna alla banlieue. La parabola è grandiosa e fosca, la satira turgida eccessiva crudele. Tessuta per intero sul paradosso, fino allo straziante epilogo si mantiene in una sfera di voluta algida astrazione. Nessun critico, per quanto autorevole (e Mikael è piuttosto una specie di verboso Cagliostro), pur sfruttando un'illusione collettiva, potrà mai imporre all'universale un preteso profeta di poesia. Ma se non un critico solo, ben lo potrà — quando il clima morale lo consenta, quando il terreno ideologico .sia propizio e la diffusa stortura mentale abbia ridotto la onesta clarté a tortuosa sensazione — ben lo potrà una pluralità di critici officianti in una tirannica chiesa, serviti sull'altare da chierici tentatori, i mercanti d'arte. E su questo lucro d'indulgenze, su questa simonìa intellettuale talora inconscia. Duhamel punta il dito. Ironico atto d'accusa, sia d'una condizione, umana, sia del conseguente costume artistico. Successo, fama, ricchezza, convinzioni, programmi 'estetici, tormenti spirituali, tutto stride e suona falso nel libro: Il mercante Dorgerus, il famoso banditore dell'arte ultramoderna, colui che — come dice Mikael — ha « l'abitudine di capire che non bisogna capire », un giorno pregherà Cyprien, ormai ritornato alla solitudine del suo granaio, di riservargli il quadro che adesso sta dipingendo: « Ve lo comprerò per la mia collezione per¬ s«iiiiiiiiitiiitiiiit)iiittiiiiitiiiitiiiitiitiiiiiiiiitiii sonale, quella che tengo lontana dai curiosi, nella mia casa... ». Perchè il quadro non è più « inizialista » Rappresenta semplicemente il piccolo Vincent che si diverte a costruire castelli di sabbia nel giardinetto del sobborgo; e si intitola Amour. La parabola si chiude su questa parola che trema nell'anima Cyprien contempla il ritratto del suo bimbo, poi s'addormenta d'un sonno calmo e profondo. Quando si sveglia, sente il figlio cantare. Anche lui, in quel momento, vorrebbe cantare, ma non sa, non ha mai saputo. Tenta, ed il suo nuovo inno alla vita si alza nel silenzio come il balbettio di una preghiera. Nell'illune, nel tradimento, nel dolore, egli ha ritrovato un valore umano, e quindi la realtà dell'arte. E' salvo. Marziano Bernardi

Persone citate: Cyprien, Duhamel, Georges Duhamel

Luoghi citati: New York, Parigi