L'ANTICO E IL MODERNO S'INTRECCIANO IN RUSSIA —:

L'ANTICO E IL MODERNO S'INTRECCIANO IN RUSSIA —: L'ANTICO E IL MODERNO S'INTRECCIANO IN RUSSIA —: Le antenne della televisione sul tetti delle isbe decrepite La trasformazione del paese avviene a tempo accelerato • Perciò si lavora molto, ma senza raggiungere quella Sfinitezza» che esige maestranze perfette, una lunga tradizione tecnica e lenta pazienza- Tutti i prodotti recano i segni della fretta, anche se sono solidi e se funzionano bene - L'espansione industriale dell'URSS è più rapida del formarsi di operai specializzati (Dal nostro corrispondente) Mosca, febbraio. La Russia è un Paese in trasformazione, l'antico e il moderno vanno a braccetto. Ho visitato una Mosca di legno. Si tratta del quartiere orientale della città, a cavallo della strada che mena a Zagorsk. E' un quartiere di legno, esteso molti chilometri; un quartiere di isbe, grosso come una città. Appare d'improvviso, mentre si percorre una strada maestosa, fiancheggiata da nuovi palazzi di cemento, una distesa a perdita d'occhio di casupole affumicate, con i tetti carichi di neve. Il trapasso dal cemento al legno è repentino. Ci si trova di colpo in mezzo alla Russia antica di secoli. Casupole di legno imporrito e muffoso, alcune, decrepite, pendono da un lato, quasi dovessero cadere da un momento all'altro. Sono basse, nere, affondate nella neve; finestre piccole, sigillate con strisce di carta incollata, con brandelli di stoffa, con fiocchi di ovatta. Alcune sembrano baracche, sfasciumi di assi e di travi che stanno insieme per miracolo. Altre appaiono con la facciata adorna di merletti di legno, di trifogli traforati. Paesaggio da Hdnsel e Gretel, con stradine deserte, sepolte nella neve, in fondo alle quali nereggia un boschetto. Di quando in quando un cane latra, o senti crocchiare il ghiaccio sotto i vàlenchi, gli scarponi di feltro, di qualche frettoloso, che rincasa imbacuccato, fumante, senza guardare in faccia nessuno. Ma ecco la sorpresa. Sui tetti dello isbe si levano le antenne della televisione; una foresta di antenne, incrostate di ghiaccio e di neve, come i rami secchi degli alberi. Il quadro mi è parso tra i più simbolici di quanto ho visto in Russia, Paese dove l'antico e U moderno si danno la mano. Non c'è sns<■iiiiuiiiiiiimiiiimiiiiiwiiiiiiiiiiiiiiiimMwiiii isbà miserabile, con- il tetto | squinternato e i buchi coperti da latte inchiodate, che non inalberi l'antenna della televisione, e lo spettacolo è sconcertante, immaginate i < bassi > di Matera sormontati da una foresta di antenne televisive. Ho guardato traverso le finestre delle isbe, il cui davanzale spesso arriva al ginocchio. Hà cercato di vedere oltre i rami cristallini che il ghiaccio ricama sui vetri e le vecchie tendine stinte e polverose, e i fiori di carta sparsi tra le doppie imposte, dalle tinte risecchite. Interni miserabili, rozzi mobili di legno affastellati, oggetti sparsi dovunque, tovaglie fruste, coperte rappezzate, vapore umano da capanna esquimese. Li, in mezzo, brilla il pàllido rettangolo della televisione, con i suoi riflessi di luna. Dimenticare i disagi Ed ecco un paradosso. Mi accorgo, di quando in quando, che sopra U tetto di una isbà si levano più antenne. E allora capisco che dentro, dove pensavo abitasse una famiglia, no abitano due, tre o quattro. L'antenna televisiva, che denuncia il benessere e il progresso economico, qui mi segnala la coabitazione e l'affollamento. E devo dire che questo paradosso vale per tutta la metropoli, dove il problema degli alloggi è critico, e dove, al contrario, i televisori costano relativamente poco. Recentemente il governo ha accordato un notevole ribasso (circa il 30 per cento) e gli apparecchi più economici si possono comprare per 1100 rubli. Il prezzo moderato, probabilmente, non è casuale, si capisce ohe lo schermo del televisore può distrarre, può far dimenticare molti disagi, e l'attesa del giorno in cui si potrà disporre di un clloggio conveniente diventa meno difficile. isbsqti notelsco< btaneHfinvanoreil e pospdanilegspfrvaesbrderiflacdoisbE dofao sivsecotadedotrglalstRacsoglci11racascdiregireteiiw In mezzo a questa Mosca di legno, si leva una bella chiesa ortodossa, che risale al Seicento; è rossa, sormontata da un tett> a foglie di carciofo e poi culminante in cinque grandi cipolle gonfie come palloni aerostatici. Si chiama TihvisTcaia. Ai suoi piedi si stende un cimitero che sfiora la poesia. Le. tombe sono quasi sepolte dalla neve. Ognuna appare circondata da un cancelletto di ferro e in mezzo vi cresce un albero le cui radici abbracciano, per dir così, le ossa del morto. Questi alberi recano nelle fibre qualcosa del morto, e i parenti vi legano ai rami spogli e invetrati dal ghiaccio qualche fiore di carta. Tutto it cimitèro è una profusione di fiori di carta che spiccano, in'mezzo ai rami nudi e alle croci ortodosse, contro la neve. Ghirlande di carta e di stoffa, viole mammole, mughetti, rose, ranuncoli, papaveri, dalie, colori squillanti, inverosimili, tendenti al pastello. Sono deposti sulle pietre tombali con amore, intrecciati ai cancelletti di ferro. Quando il freddo cede e il sole risplende, la neve che li ricopre scioglie le aniline, tutto il cimitero è grondante di colori, si cammina stilla neve infusa di lilla, di azzurri, di violetti. Vedo in mezzo a una tomba piantato un palo di ferro con in cima una stella rossa. Sul palo c'è, inchiodata, la fotografia di un ufficiale dell'esercita sovietico, con il petto carico di decorazioni. Mi dicono che due anni fa, prima di morire, chiese la sepoltura nel cimitero della TihvisTcaia, sempre più avaro di spazio. I parenti gli posero una croce ortodossa, con le tre aste orizzontali. Oli amici, poco dopo, vi piantarono U palo di ferro. Ora, sopra le ossa del colonnello Alessandro Mirov, la croce e la stella rossa si sfiorano. Se pensiamo alle isbe di legno, alle chiese ortodosse e poi ai grattacieli monumentali, irti di guglie che li fanno somigliare a cattedrali (le cattedrali laiche dell'U.R.S.8.); e poi alla Metropolitana splendente di statue e di bronzi e di vetrate, proviamo più forte il sentimento di questo mondo in trasformazione. Altri segni ce ne danno la conferma. La Unione Sovietica non conosce il « finito », guasi tutto ciò che vi si fabbrica offre un aspetto rudimentale. 8e osserviamo una casa, un'autovettura, una radio, una borsetta da donna, una scarpa, ci accorgiamo che l'esecuzione non è completa, è rimasta a uno stato intermedio, è lontana dal perfetto. Il mondo della nostra produzione è dominato da una clausola inclusa normalmente nei contratti, la quale dispone che i lavori siano eseguiti < a regola d'arte ». Qui è diverso. La regola d'arte è inutile cercarla. Un'aria didascalica Ho visitato nuove case dt abitazione. Le porte non calettano, i muri non rispettano l'appiombo, le cornici appaiono fuori squadra, le tu-bature fanno mostra sfacciata di sè, gli ambienti si susseguono senza armonia, gli intonachi non risultano tirati a fino, si sbrecciano facilmente, segno d'impasti imperfetti. Se esaminiamo un'automobile, lo stesso spettacolo. Le parti di ghisa del motore appaiono primitive, la mola non ha tolto le asperità, non ha lavorato di fino. I tubicini che portano l'olio ai freni risultano tortuosi come serpentelli, appiccicati alla buona. GU operai che vengono a casa a riparare un mobile, una maniglia, un interruttore della luce, tira-~ no via di grosso, senza troppi riguardi. Sembra che neU l'U.R.S.S. l'occhio non voglia la sua parte. Ma se anche scendiamo nei sotterranei della Metropolitana, che è fatta per l'occhio oltre che per trasportare popolo, e ci soffermiamo a guardare le statue, le decorazioni, i rivestimenti di marmo, le vetrate a colorii oi accorgiamo che il lavoro non è « finito », non è eseguito a regola d'arte; nel senso che intendono i nostri operai, i nostri artieri e i nostri maestri. Ho scrutato una grande volta ornata di cassettoni di gesso, e l'allineamento dei quadrati appariva assai irregolare; le geminature anziché correre sul filo retto seguivano un andamento spezzato. Nell'insieme il colpo d'occhio è suggestivo, quando però si osserva/no i particolari, si notano difetti di esecuzione che nessuna direzione di lavori, nel nostro Paese, accetterebbe. Per dirla in breve, tutto reca il segno della fretta, tutto si deve fare alla svelta, bisogna trasformare rapidamente un paese antichissimo in un paese modernissimo. E bisogna compiere i piani, costruire tante e tante fabbriche, tante e tante case, tante e tante automobili, tante e tante scarpe. Si tende anche a finire prima dei termini stabiliti dal piano, nella speranza di ricevere premi. Nessuna meraviglia che l'esecuzione sia rudimentale, e non sfiori mai l'esattezza. La fretta, si deve aggiungere, riguarda anche gli uomini. Il problema dell'URSS è anche quello di costruire i costruttori, di aumentare il numero delle maestranze spécialiste, di continuare a . trasformare milioni di contadini in milioni di operai. Nel giro di pochi decenni non si possono stabilire le tradizioni, le scuole di insegnamento e i cantieri nei auali U tempo deposita fo¬ sori di esperienza. Anche per questo non meravigli se nell'Unione Sovietica ci imbattiamo così spesso in operai poco finiti. Sembra, a volte, ohe l'espansione industriale e tecnica del paese cammini più rapida della trasformazione delie maestranze, e lo squilibrio si ripercuota nell'esecuzione. Non vorremmo indurre a prospettive false. L'esecuzione primitiva non è, in generale, a scapito del funzionamento. La Metropolitana corre, i filobus marciano, gli ascensori non si inceppano, i motori camminano. Se saliamo ai vertici della tecnica, i sovietici si dimostrano aggiornati. Viene un sospetto. La relativa grossezza dei lavoratori sovietici sembra obblighi a una maggior solidità. Mi spiego con un esempio. Non c'è autista moscovita che sappia guidare nel senso che noi diamo a questa parola. Sarà il ghiaccio, o la neve che avvallano le strade. Ma chi viaggia in un'automobile sovietica non può faro a meno di piangere per lei. GU autisti cambiano quasi sempre fuori tempo, suscitando strazianti frastuoni di ingranaggi, camminano in quarta dove la seconda sarebbe opportuna, entrano nelle fosse con un impeto che fa sussultare la carrozzeria come una barca nella tempesta. Se resistono alla guida degli autisti russi, vuol dire che si tratta di macchine eccezionalmente robuste. Mani pesanti richiedono apparecchi solidi, e, probabilmente, vengono a costare di più. Il Paese sta vivendo i suoi esperimenti, sta imparando le sue lezioni. Forse per questo, nell'URSS, si respira sempre un'aria didascalica. La televisione, il cinema, U teatro, i giornali insegnano. Alle sfilate di modelli, per dire un esempio, le indossatrici non si limitano a passeggiare in mèzzo alle signore, ma spiegano perchè una gonna marrone sta bene con una maglia gialla. Nella Metropolitana, nelle stazioni, nelle sale d'aspetto degli uffici postali, accade spesso di vedere giovani con in mano libri di insegnamento pratico. Ecco perchè l'URSS, a momenti può apparire come un'immensa nazione che va a scuola. Alfredo Todisco c m : 11 li 11111 ; 111:111111111 i e t ! 11111 ■ m 1111 n i e 111 -, 11:111

Persone citate: Alessandro Mirov, Alfredo Todisco