II consiglio del poliziotto di Enrico Emanuelli

II consiglio del poliziotto LA CINA GIORNO PER GIORNO II consiglio del poliziotto (Dal nostro inviato speciale) Sciangal, febbràio. Avevo conosciuto molti di quei cento stranieri che ancora abitano a Sciangai; e adesso, alla vigilia della partenza per Canto n, era convenuto che ci saremmo ritrovati in casa d'un amico per i saluti. Trovai che la comitiva si appassionava ad una curiosa discussione. Una vecchia signora, piccolina, grassoccia e vivace sosteneva d'essere arrivata in Cina prima di tutti i presenti. « Sono sbarcata il 14 settembre del ioio », diceva con prepotenza mitigata da una venatura di scherzo. Si rivolgeva ad un uomo curvo, asciutto e calvo. Costui ' doveva essere ( molto dimagrito in poco tempo perchè indossava un abito che gli era tanto largo da non parere suo. «Mi spiace contraddirvi — diceva l'uomo alla signora prepotente — ma il privilegio dell'anzianità è mio. Sono qua dal a settembre del 1910 ». Trovandomi vicino all'uomo magro, infagottato negli abiti troppo larghi, mi venne naturale dirgli che doveva avere una bella esperienza di vita cinese. Mi rispose: «E di Sciangai soprattutto ». Anche questa volta, senza volerlo, rividi di colpo quel che doveva essere la città nei tempi andati: una centrale degli affari loschi, dei vizi, degli intrighi di tutto l'Estremo Oriente. I romanzieri più facili, il cinema più commerciale vi potevano ambientare qualsiasi allucinante avventura rendendola accettabile. Dicendo al mio interlocutore che doveva averne viste molte, lo pregai di raccontarmi qualche cosa che potesse rendere l'atmosfera della Sciangai favolosa. Mi sorrise imbarazzato: «Potrei ricordare quel che avvenne nel 1928 » mi rispose. Adesso faccio mia questa prima storia per ripeterla con speditezza. Si tratta del rapimento di Li Tsao Ming, un cinese molto ricco ed importante nella Sciangai di allora. Anche lui, come altri personaggi dell'epoca, aveva un corpo di guardia personale composto da cinque o sei russi bianchi fuggiti dalla loro patria per sottrarsi alla rivoluzione. Costoro, sempre armati, non abbandonavano mai il loro padrone: non soltanto gli erano al fianco se usciva di casa, ma anche lo sorvegliavano quando dormiva. In un modo molto semplice è cominciata l'avventura di Li Tsao Ming. Una sera, mentre a casa sua pranzava con alcuni amici, tutti fumatori d'oppio, ricevette una telefonata. Scusandosi che doveva uscire, si fece condurre in auto nel palazzo dove aveva gli uffici ed ordinò alle sue guardie che stessero pure giù ad aspettarlo: doveva ritirare un documento, era una faccenda che avrebbe sbrigato in cinque minuti. Prese l'ascensore, raggiunse il terzo piano; e da quel momento più nessuno lo vide. A Sciangai rapire una persona per poi farsi pagare il riscatto era operazione di delinquenza molto comune. Ma nessuno, prima d'allora, aveva osato attaccare un personaggio dell'importanza di Li Tsao Ming, che l'anno precedente aveva negoziato il prestito di trenta milioni di dollari fatto dagli americani a Ciang Kai Scek. E poi Li Tsao Ming era protetto dalla polizia francese, che dominava la città ancor più di quella inglese. Le ricerche furono inutili. Dopo due mesi il fratello di Li Tsao Ming ricevette una lettera e gli si diceva di recarsi una certa notte, ad un'ora determinata, otto chilometri fuori di Sciangai sulla strada del Nord. Seguivano complicati suggerimenti per dirgli come doveva comportarsi. I consigli, che vennero accettati, erano questi: bisognava deporre due sacchi pieni di monete d'argento sul margine della strada e poi l'auto del fratello di Li Tsao Ming doveva allontanarsi di cinquecento metri. I ricattatori sarebbero sopraggiunti, avrebbero ritirato i sacchi col danaro lasciando al loro posto il rapito. Così fu fatto e Li Tsao Ming fu messo sul margine della strada, ma quando suo fratello accorse per riabbracciarlo vide ch'era stato ucciso, che gli avevano cucito le palpebre con filo di seta verde e che stava diritto perchè legato ad un bastone conficcato nella terra. E per altri mesi le ricerche della polizia furono inutili. Viveva a Sciangai un generale di nome Sciu, famoso per molte sue stranezze e vizi. Abitava una casa misteriosa, dove si riunivano accaniti fumatori d'oppio; e si sapeva che il generale aveva nella propria camera una statua di cera raffigurante al vero una donna; e si trattava di una donna nuda. Un giorno capitò ch'egli uscisse da questa camera buttando distrattamente a terra un mozzicone di sigaretta. Fu il principio d'un incendio che distrusse non soltanto inezza casa, ma che fece anche sciogliere la statua di cera; e gli accorsi videro che nel ventre della donna era nascosta, una cas- sm - settina di ferro, una specie di piccola cassaforte. Incuriositi la aprirono e trovarono i documenti che denunciavano il generale Sciu come organizzatore del rapimento e dell'uccisione di Li Tsao Ming. La storia mi era stata raccontata per esemplificare l'atmosfera d'una Sciangai d'altri tempi; ed io dissi ch'era proprio un'avventura « gialla », quasi cinematografica ed incredibile. Altre persone si erano intanto raccolte intorno a noi ed un tipo dal viso rosso, candido di capelli, di spalle quadrate e forti, come si immagina debba avere un gentiluomo di .campagna, con aria di sottintendere qualche cosa, che d'altronde non afferrai, mi rivolse la parola : « Ma guardi — mi disse — che storie del genere da un pezzo non accadono più. La vita di Sciangai è stata ripulita, moralizzata, disinfettata. Le avventure cinematografiche ed incredibili sono finite ». In quell'attimo, mentre stavo per. rispondere, un giovane di media statura, con gli occhi che parevano febbrili tanto glieli vedevo lùcidi ed immobili, si intromise in modo spavaldo. «Siete tutti fuori strada — disse con violenza — perchè l'incredibile a Sciangai c'è ancora. Esiste almeno per noi, che retoricamente giudichiamo le rivoluzioni moderne sui racconti sovietici o polacchi o romeni o ungheresi». Continuava a fissarmi con gli occhi lucidi ed immobili ripetendo: « L'incredibile c'è ancora » tanto che, alla terza o quarta volta, per cortesia dovetti rispondergli sollecitando un esempio. Fece un fischio come volesse farmi capire che ne avrebbe avuti sottomano moltissimi: «Le racconterò questo — mi disse ad un tratto — proprio perchè sembra semplice e da nulla». Anche questa volta faccio mia la storia d'una visita che, presto o tardi, chi vive a Sciangai e possiede molto danaro deve subire. Qualche settimana fa, poco dopo l'ora della colazione, un ricco cinese si vide onorato della visita d'un poliziotto e di una signorina. Egli conosceva soltanto quest'ultima, che lavorava nell'agenzia cittadina d'una grande banca oramai controllata dal Governo; e di tale banca egli era cliente, La visita di quei due personaggi cosi curiosamente abbinati poteva subito mettere in corpo al padrone di casa molte preoccupazioni. I due visitatori furono accolti con prudente cortesia. Il poliziotto, accettando una tazza di tè e le sigarette che gli venivano offerte, amabilmente si interessò di molte cose. Se il suo ospite godeva di buona salute, se la vita familiare era serena, se la colazione da poco finita era stata ottima. Il discorso correva sulle rotaie tranquille dei convenevoli e nulla lasciava intravedere il vero motivo della visita. Esso apparve chiaro dopo molto tempo e all'improvviso quando il poliziotto pregò la signorina di ripetere quel che di sua spontanea volontà aveva già detto alla polizia. Senza nessun imbarazzo la signorina raccontò che neli'esaminare i conti correnti depositati alla banca aveva notato che il ricco cinese, che in quel momento le sedeva di fronte, possedeva una somma rilevante di danaro così detto liquido. Risultava impossibile negare ed ancor di più era impossibile mostrarsi meravigliati per l'informazione che volontariamente era stata data alla polizia. Il ricco cinese, pensando che nella ipotesi più generosa la signorina aveva agito per amor di patria e nella più maligna per acquistarsi qualche benemerenza presso il partito, rispose che era vero; ed aspettò le conseguenze. Allora il poliziotto riprese a parlare. Si compiacque che il padrone di casa godesse di quella fortuna rappresentata da migliaia e migliaia di yen, una buona moneta, che il governo di Mao Tse Tung aveva reso stabile. Ma, nello stesso tempo, si rammaricava nel vedere che quel danaro restava inoperoso e che, soprattutto, un cittadino così ricco era poco sollecito nel dimostrare la sua fiducia nel nuovo • regime. Ed ecco finalmente rivelato il motivo della visita: il poliziotto consigliava al suo ricco ospite di acquistare in maniera generosa quei pezzi di carta che vanno sotto il nome di « Buoni della Difesa Nazionale ». Era nient'altro che un consiglio; ad ogni modo concluse col dire ch'egli avrebbe saputo dalla signorina impiegata in banca se veniva accettato e per quale somma. . La storia finisce qua con l'aggiunta, d'altronde ovvia, che per evitare chi sa quali guai, il suggerimento di sottoscrivere molti « Buoni » fu subito e largamente ascoltato. Il giovane dallo sguardo lucido ed immobile pareva sodisfatto di sè: «Questo — diceva con tono eccitato — è l'incredibile che offre Sciangai e spero che vi risulti chiaro. Ai miei occhi è anche cinematografico ». Mi parve di capire. Il lato incredibile del racconto non è sol¬ tglg tanto in quella signorina impiegata di banca che rivela alla polizia la consistenza d'un conto corrente e che poi accompagna il poliziotto; e non è nemmeno nel poliziotto che in maniera benevola visita il ricco cinese per dargli un consiglio che è un ordine. Il vero lato incredibile è un altro e riflette un aspetto più generale della vita e del comunismo cinese. Questo comunismo in apparenza rifiuta i gesti di forza e le situazioni drammatiche. Lo direi di natura assorbente: esso succhia con mille sistemi sotterranei rutto ciò che rappresenta un ostacolo. Avendo l'appoggio della massa popolare e non volendo dare Scrisse pericolose all'economia del Paese, diluisce nel tempo la propria azione, che è meticolosa e che avlpmtbqdlcdqnpdtepdtniiiiiitiiiiiiiititiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii a poco a poco colpisce tutti. Mi vien voglia d'aggiungere che tale azione è addormentatrice e più che alla sincerità degli uomini si rivolge alla loro capacità di rassegnazione. Il giovane dallo sguardo febbrile continuava a dirmi: «Dunque avete capito?». Gli risposi di sì e lo ringraziai. D'altronde l'episodio della strana visita, per convogliare danaro nelle casse dello Stato, fa proprio parte di quel lato « incredibile » della Cina d'oggi Sebbene su un altro piano, esso è per noi sorprendente e insolito come quello di trent'anni fa quando a Sciancai era l'epoca d'oro di chi rapiva persone, fumava oppio e custodiva documenti segreti nelle statue di cera. Enrico Emanuelli

Persone citate: Ciang Kai Scek, Mao, Tung