i£ FIGLIO DEI PIONIERI

i£ FIGLIO DEI PIONIERI i£ FIGLIO DEI PIONIERI Frank Wright e rarchitettura Il nome di Frank Lloyd Wright, il celebre architetto americano che a ottantasctte anni continua a progettare, costruire, profetizzare l'avvento della Città dagli Ampi Spazi, « la città che è dappertutto e in nessun luogo », per molti italiani suona scandaloso. Egli è non soltanto il pazzo ideatore della famosa «Casa sulla cascata » a Bear Rurt, nido di moscerini e incubatrice di reumatismi, il vandalo, che vorrebbe trattare un palazzo sul Canal Grande alla stregua dei suoi pollai di Taliesin West nel deserto dell'Arizona, senza tener conto dei Buon e dei Lombardo, del Sansovino e del Longhena. Egli è l'uomo che — horresco referens — ha detto male di Michelangelo! Ha osato, l'impudente, definirlo uno scultore sommo che, azzardatosi a lavorare in un'arte « che non era la sua », concepì una cupola come una statua e non come un'architettura, violando « tutti i principi della buona costruzione » con « un massiccio anacronismo » assunto poi a'simbolo della massima autorità, sacra o profana. Ha aggiunto, lo sciagurato, che questa « imprudenza di un grande artista » fu « letale » per le successive generazioni, ne derivò l'idolatria dello pseudo-classicismo, «una tirannide che potrebbe benissimo far tremare d'invidia il tirannico grattacielo, il San Pietro dell'epoca attuale ». Nessun significato, dunque, nessun valore in quell'apoteosi della cultura rinascimentale italiana,. fuorché rappresentare « la mitra del Papa »? Ce n'è abbastanza per gridargli: O barbaro, l'Italia, questo regno del Bello, del Sublime, ti è, ti sarà per sempre preclusa. Perciò, giusta ritorsione, quando apparve il progetto veneziano, scoppiò il putiferio. Ebbene, se quei benpensanti italiani già nell'edizione americana del '32, già in quella inglese, accresciuta, del '46, avessero letto A?i Autobiography ora agilmente tradotta da Bruno Oddera in tre volumi di Mondadori pubblicati col titolo lo e l'architettura, probabilmente di Frank Lloyd Wright si sarebbero fatta un'idea molto diversa. Non di un Attila incendiario d'una tradizione estetica .cui, volere o no, abbiamo affidato convinti i significati più alti e puri della vita civile; bensì di un uomo di fede tanto candida quanto intrepida, d'un sognatore d'una umanità fraterna, d'un utopista meravigliosamente coiicreto, d'un missionario della sincerità assoluta: ma soprattutto d'un dolce, virile, incantevole poeta. Impossibile capire Wright, la concezione delle sue Prairie houtes e Usonian houses, il suo instancabile apostolato di un coordinamento armonioso d'ogni fatica nella gioia della libera natura, il mito della comunità intellettualistica-operaia da lui fondata a Taliesin — impossibi le intendere il senso della casa « organica » che nasce e cresce e s'amplia e frondeggia come l'albero secondo i bisogni e la fantasia della famiglia — se non si muove dal segreto e fertile suo primo immaginare fanciullesco: dall'attitudine a trasfigurare poeticamente tutto ciò che i suoi occhi limpidi contemplavano nel natio Wisconsin, e a trasferire questa poesia in energica azione. E che cosa contemplassero, di quali visioni si nutrisse il nipote dei pionieri gallesi emigrati « nel Paese ove esisteva libertà di parola perchè liberi vi erano gli uomini », ce lo dice quest'Autobiografia impetuosa e sonora come un torrente, labirintica come una foresta vergine, ariosa e luminosa come l'azzurro lago di Madison, sulla cui sponda egli s'educò, nella povera casa del pastore metodista William Russel Cary Wright, maestro di musica, predicatore girovago, e della serena Anna Lloyd-Jones, dal passo agile e forte, dalla « bella fronte coraggiosa ». Zio James, durante le vacanze estive, lo addestrava al lavoro agricolo nella patriarcale fattoria della Valle presso il fiume Wisconsin: zio James, alto, robusto, abbronzato, che « quando sorrideva quasi gli si chiudevano gli occhi, e agli angoli di essi si incidevano minute rughe di allegria»; la Valle, ch'era «davvero amabile, distesa — fertile — fra due catene di alture, con una terza catena che si insinuava a suddividerla a un capo in due vallette minori ». A Madison c'era la scuola, c'era il pastoremusico che insegnava al figlio a scorgere nelle sinfonie edifici di suoni, c'era la mamma lietamente alacre, c'era l'amico Robie Lamp, il piccolo storpio che irradiava luce dallo sguardo turchino. Ma nella Valle c'erano le vive cose naturali; i cavalli da strigliare, abbeverare, foraggiare, montare a pelo; i maiali voraci e strillanti; le vacche da mungere togliendo « il vile letame dalle mammelle »; i vitelli e le galline. C'era da zappate efino avqeilbfntpblrssdfmfbsdrbomcsttszs o o i a quando il palmo delle mani diventava calloso e duro, lucido quanto il manicò della zappa »; e poi c'erano i riposi, i silenzi, i vagabondaggi sulle alture. Allora il ragazzo «andava fra l'erba alta appesantita dalla rugiada, fra i fiori bagnati dalla luce lunare, quasi camminasse nell'aria». A sedici anni il futuro architetto « aveva imparato come si possa tanto sgobbare e sgobbare bene, lavorando quasi sempre in letizia, sentendosi un dominatore, un maestro ogni volta che lo si voglia ». Però un giorno, insofferente, aveva tentato la fuga dalla fattoria. Quarantenne, professionista fortunato a Chicago, marito tranquillo, padre di sei figli, sentirà maturare in lui il bisogno d'una vita nuova, diversa: «Quando la vita familiare di Oak Park, in quella primavera del 1909, cospirò contro la libertà alla quale m'ero convinto ogni uomo avesse diritto, non mi rimase altra scelta, se. volevo conservare il rispetto di me stesso, che recarmi in esilio volontario nell'imprevisto e nell'ignoto. Intendevo ' condurre, se possibile, un'esistenza non convenzionale. E mi volsi verso quest'altura nella Valle, come mio nonno prima di me s'era volto verso l'America come a una speranza e a un rifugio». Libertà, anticonvenzionalismo, rispetto di sè: ciò s'identifica con Taliesin, la casa « organica » del Wisconsin (non quella, più tarda, dell'Arizona) da abitare con un'altra compagna, con altri figli; Taliesin, che in antico gallese vuol dire « ciglio radioso », l'unità autonoma — dimora studio scuola — germinata spontanea dalla collina sotto la guida dell' intelligenza architettonica; Taliesin, due volte distrutta dal fuoco, due volte risorta per volontà indomita, ultima voce del pionierismo americano. Pietra e legno, sentimento e scienza, ma nualità e fantasia. Severo, un moralista giudicherebbe: egoismo, vanità, peccato; colpe ripetute da Wright con altre donne, altre fughe, altre temerarie avventure. Ma l'Autobiografia risponde: «Viviamo o periamo secondo le nostre capacità, in armonia con la nostra natura, solo quando siamo liberi di scegliere ». E la scelta di Wright è la sincerità, la naturalezza, la semplicità, la letizia spirituale. Fabbricare in questi termini dev'esser la funzione dell'architetto, non più costruttore di scatole forate, ma di interni spazi abitabili integrati dall' ambiente esterno; non più invasato dal verticalismo ( « I nostri grattacieli? Un trionfo dell'ingegneria, la disfatta dell'architettura... falsi quanto l'economia civica che consentì di costruirli in congestionate aree urbane»), ma dolcemente innamorato della linea orizzontale, dei piani paralleli alla terra che legano l'edificio al terreno, ne fanno una cosa vivente per la felicità dell'uomo. Come avrebbe potuto colui che aveva plasmato il suo spirito acerbo sulle forme naturali della Valle, sugli orizzonti della Prateria, e domato i cavalli e accarezzato i tronchi delle betulle, intendere gli ideali del genio che quattro secoli innanzi aveva assimilato il senso umanistico nei giardini del Magnifico Lorenzo? Ideali diversi, ma ugualmente ammirevoli. E' con la tumultuosa prolissa Autobiografia straripante di sensazioni naturalistiche e lampeggiante d'immagini liriche, è con un panteismo innestato su una psicologia mistico-pionieristica, che si spiegano quelli non soltanto del Wright architetto, ma del Wright filosofo, sociologo, economista, politico: del Profeta e del Missionario. E la profezia, sia pure utopistica, è stupenda; e la missione, che pare d'un Faust redento, è degna d'una delle vite poeticamente più ricche che sian mai state vissute nei tempi moderni: « La verticalità è vertigine. La linea orizzontale è la linea vitale dell'umanità. Un giorno, intere nazioni saranno una sola, libera, estesa città, i cui abitanti vivranno in un ampio spazio, sulla propria terra, in una libera comunanza ove si frammischieranno armoniosamente i lavora». Marziano Bernardi Roma e Parigi unite da un patto di fratellanza Parigi, 30 gennaio. Dalle ore 17 di oggi Roma e Parigi sono simbolicamente « città gemelle ». Il sindaco della capitale italiana, Salvatore Rebecchini, e il presidente del consiglio municipale di Parigi, Jacques Feron, hanno pronunciato un solenne giuramento di mantenere legami permanenti fra le due municipalità e di favorire in ogni campo gli scambi fra gli abitanti delle due capitali, per sviluppare la reciproca comprensione e il aentimento della fratellanza europea. Oggi nel pomeriggio si è avo! ta la cerimonia ufficiale dell'* affratellamento » nel grande salone dell'Hotel de Ville, dove è stata collocata una riproduzione in bronzo della Lupa del Campidoglio.