Autentica intervista con la vedova di Mozart

Autentica intervista con la vedova di Mozart Autentica intervista con la vedova di Mozart Erano già trascorsi circa quarant'anni dalla morte, e poco si sapeva con certezza del Salisburghesc, che, celeberrimo, leggendario, nell'infanzia, e fecondo di opere innumerevoli, delle quali più d'una resisteva, caso nuovissimo, alle ondate dei gusti nuovi, s'era spento a Vienna, povero e dimenticato. L'annuncio d'un'ampia biografia, dettata dalla vedova Costanza, e redatta dal Nissen, il suo secondo coniuge, anch'esso defunto, destò curiosità e desiderio. Primo in Inghilterra a riceverne una copia, fu Vincenzo Novello. Suo padre, Giuseppe, di Tonengo d'Asti, cameriere d'albergo, s'era traslocato nel 1771 a Londra. Vendeva focacce, poi aprì una pasticceria, sposò una inglese. Vincenzo nacque colà nell'81. Incoraggiato nella tendenza alla musica dal genitore e da maestri, compì gli studi. Pianista, organista, direttore, compositore, fondatore nel 1810 della Casa editrice tuttora fiorente, promoveva il culto delle Messe di Haydn e di Mozart. Letta quella biografia, subito si propose di stenderne una più vasta, attingendo alla fonte conferme e particolari. L'anno dopo partiva insieme con la moglie Mary per Salzburg. Informata dell'arrivo, il 14 luglio '29, Costanza mandò la cameriera a guidare i forestieri alla sua casa, su per il sentiero nella costa del Mònchsberg, fin sotto i bastioni della fortezza dell'Hohensalzburg. La franca accoglienza unì simpaticamente la linda vecchina, fra i sessanta e i settanta, e gli ospiti, quasi devoti pellegrini. In quell'abitazione modesta e di buon gusto, ariosa e lieta per l'alta e spaziosa vista, piena di fiori, armonizzati i colori con quelli delle stoffe, la memoria di lui era rinnovata dai somiglianti ritratti, nella fanciullezza, col padre, con la sorella Maria Anna, nella virilità, e da molti oggetti, il calamaio, la penna, un pianoforte, mancando quello ultimo e prediletto, che il figlio Carlo, impiegato a Milano, non aveva reso. Indugiavano davanti ai dipinti, e Costanza insisteva nel rimirare .le mani di lui, delicatissime, bellissime. In quell'incontro e nei seguenti la conversazione vagò sul passato e sul presente, ma fu più volte richiamata ai temi già elencati dai Novello, pronti ad annotare ciascuno su d'un taccuino le risposte di Costanza. Quegli appunti a matita ed il minuzioso diario sono stati rinvenuti dopo la recente guerra a Fermo, nelle Marche. A descriverne le peripezie non basterebbe una di queste colonne. Trascritti ora, ordinati e postillati da Nerina Medici di Marignano e da Rosemary Hugues, (A Mozart pilgrhnagè, Londra, ed. Novello), recano con dirette notizie dell'attività e del carattere un prezioso contributo alla bibliografia dell'anno mozartiano. Intervistata, si direbbe oggi, Costanza descrisse l'atteggiamento di lui nel comporre. Di rado tentava i tasti del pianoforte a ricerca o realizzazione di motivi, ritmi, svolgimenti. Andava e veniva per le stanze, incurante di ciò che accadeva e si diceva; poi le si avvicinava, !e chiedeva carta e penna, e: «Cara moglie, di che avete parlato? »; e senza prestare orecchio, cominciava a scrivere. Non sembrava assorto, e pure era distratto. Lavorava tanto da esaurirsi, sordo alle esortazioni. Uno sforzo, che certamente gli fu esiziale. Allo scrittoio fino alle due di notte, s'alzava dal letto alle quattro. Se aveva composto arie o duetti, pregava Costanza di provarli, ed egli stesso l'accompagnava nel canto con la sottile voce tenorile, con la cesellata dizione. Terminato un lavoro, soleva commentare: «Non guadagnerò molto; mi piace, e questa è la mia ricompensa ». Pronto ad improvvisare al pianoforte quand'era solo con la consorte, quasi ne rifuggiva nell'altrui compagnia; ne accontentava gli amici, se li giudicava competenti, o voleva dimostrarsi massimamente grato. Pel proprio sfogo inventivo o piacere preferiva l'organo, e perciò si recava, quando poteva, nelle cattedrali, a Salisburgo o a Vienna Tre sinfonie, fra le quali la Jupiter, gli erano specialmente ca re, e tre melodrammi, Le Nozze di Figaro, in cui più pregiava « Non so più cosa son, cosa faccio... », Don Giovanni, e soprattutto Idomeneo, per l'aria « Se il padre perdei ». Tali preferenze erano legate al sovvenire di anni e casi felici, il soggiorno in città gaie, un maggior successo, la libertà nel fare. Di buon umore, raramente s'ammalinconiva. Si stimava fortunato d'esser nè gioioso, nè angustiato. Mai una lite, che lasciasse una traccia amara. S'infuriava per gli errori degli orchestrali, ed assai se egli stesso li dirigeva; gridava, scalpitava, prorompeva: uSackerlot! », che non è un'interiezione irripetibile. A sentire Costanza, si dilettava abilmente disegnando, s'inten deva di pittura, aveva « un talento superiore in tutte le arti »;votrdiniteHantoaldagidel'italevecanetanafadtaAbnte<Sl volentieri leggeva Shakespeare, tradotto in tedesco. Ammirava di Haydn, « il più grande genio », Le sette Parole, i Quartetti vocali, i Trii. Molto lodava Handel. Son, queste ed altre, annotazioni evidentemente frettolose, e si vorrebbero estese. Ma alle difficoltà insite nelle ricordanze e negli argomenti s'aggiungeva nel discorrere quella dell'idioma, nè il tedesco, nè l'inglese, ma il francese, che soltanto a Costanza era familiare. Fra l'uno e l'altro colloquio e le passeggiate nei dintorni i Novello adempirono un mesto incarico. Vincenzo ed altri londinesi avevano sottoscritto sessantatrè sterline a favore di Marianna, Nannerl, la sorella di Volfango, la compagna nei trionfi della puerizia. La sapevano settantottenne, malata, bisognosa. Avvertita della visita, la vedova baronessa von Berchtold zu Sonnenburg non dormì, quella notte. Cieca, esausta, immobile, ac¬ cgntmbntsqbtcnssafstmctgie colse riconoscente i memori inglesi, strinse a lungo le loro mani, ringraziò, e respinse il « petit cadeau », rifiutò anche la sommessa proposta d'un concerto a beneficio. Non aveva bisogno di nulla, disse. Quel piccolo appartamento non era squallido, e sembrava vuoto; v'era qualche quadro di Van Dyck, di Rembrandt, un clavicembalo; su d'un tavolo, pagine del Flauto magico, il Minuetto nel Don Giovanni, l'ultima volta suonate sei mesi avanti. E fra i ritratti uno, scialbo, svanito, la raffigurava alla tastiera accanto a Volfango fanciullo. Nella cordialità dell'addio Costanza, cui poco era rimasto potè offrire agli stranieri, in memoria, un pezzo della spazzola con la quale aveva tutte le mattine lisciato i capelli di Volfango. Frugando ancora fra le più intime reliquie, trovò una ciocca, e ne donò una parte. A. Della Corte

Luoghi citati: Inghilterra, Londra, Marche, Milano, Salisburgo, Tonengo D'asti, Vienna