Hitler e Nietzsche di Luigi Salvatorelli

Hitler e Nietzsche Hitler e Nietzsche Il libro di Elisabetta Wiskemann, del 1949, L'Asse RomaBerlino, pubblicato in traduzione italiana (Vittorelli) dalla «Nuova Italia», è una storia politico-diplomatica dei rapporti tra fascismo e nazismo, tra « Reich » hitleriano e * impero » mussoliniano. (V'è, anzi, un breve « cappello » sui rapporti italo-tedeschi e italo-austriaci al tempo della Triplice, non privo di inesattezze). Si sarebbe potuto domandare, per i'mesi immediatamente precedenti alla guerra, un. aggiornamento della edizione italiana sui volumi dei «Documenti diplomatici italiani» testé pubblicati: tuttavia, non ne sarebbe venuto nessun cambiamento sostanziale. Cura particolare dell'autrice è stata quella di lumeggiare le relazioni personali fra Hitler e Mussolini, e cioè non solo quelle politiche, ma anche le individuali. Ciò l'ha portata a considerare la loro personalità intima, a studiare la loro psicologia, esaminandone somiglianze e differenze: e mi sembra che sia riuscita in ciò esatta e imparziale. L'avvento conclamato delle « masse » nella vita pubblica non ha punto ristretto l'importanza delle personalità: e anzi, oggi basta una quantità minore, e una qualità inferiore, di personalità individuale per acquistare influenza. Il tema, naturalmente non nuovo, della relazione spirituale fra Nietzsche e i due dittatori è ripetutamente toccato dalla Wiskemann; ed è questo uno dei tratti più interessanti del suo libro, per i quali esso" varca nettamente i confini della storia politico-diplomatica: La Wiskemann insiste sulla relazione Hitler-Nietzsche più che su quella Mussolini-Nietzsche; e anche di questa preferenza conviene lodarla, sia per la maggiore importanza del Fùhrer rispetto al Duce, sia per la relazione più stretta nel caso del primo. Per toccare un punto solo, il concetto del « Superuomo », nella ■Da determinazione che potremmo dire biologica, ebbe per Hitler una importanza di primo piano, che non si riscontra in Mussolini. Hitler lo collegava " naturalmente col razzismo, a cui invece Mussolini non fece mai intima adesione, neanche nel periodo in cui ne fece adozione ufficiale, intimando che anche nel nuovo campo avrebbe c tirato diritto ». Questo, però, non significa che Hitler, attaccandosi a quel concetto fondamentale dell'ultimo e definitivo Nietzsche — quello del « terzo periodo », dopo il quale, o meglio entri il quale egli sprofondò nella pazzia —, ne abbia bene inteso 10 spirito; e come di quel concetto, così di tutto l'orientamento e sentimento più profondo di Nietzsche. In verità, il preteso discepolo operò un travisamento completo del pensiero del presunto maestro: un travisamento che fu anche un impoverimento e un avvilimento. Osservazione analoga si potrebbe fare per Mussolini, non tanto nei riguardi di Nietzsche quanto di Sorel. Certo, Nietzsche è stato uno spirito ben supcriore a Sorel, per il quale ultimo si riesce oggi a stento a comprendere l'ammirazione la: natica goduta alla vigilia della prima guerra mondiale: a coltivare la quale contribuì fra noi in prima linea Benedetto Croce, , che pure dal Sorel differiva tanto, a proprio vantaggio. Ma se .Sorel era minore di Nietzsche, anche Mussolini (l'abbiamo detto già) era minore di Hitler: dimodoché l'equazione rimane. Codesti dittatori d'oggi, quando si avvicinano al mondo dello spirito (a cui rimangono intimamente estranei), sono istintivamente portati a servirsene deformandolo. Essi formano l'esatto rovescio del mitico Mida: questi trasformava il piombo in oro, essi l'oro in piombe), o altra più vile materia a scelta. La « morale dei dominatori », 11 concetto di superuomo, la « volontà di potenza » di Nietzsche rappresentano nell'insieme lo sforzo di un nobile, ma non equilibrato spirito, avido di elevazione e perfezione, per una nuova morale, più alta e difficile di quella tradizionale: sforzo condotto fino all'esaurimento e alla follia.„Nietzsche voleva rendere l'uomo libero e sovrano nell'universo. Sulla rovina delle vecchie concezioni, dal rovesciamento delle antiche barriere, l'uomo doveva emergere con le sole sue forze^ e nulla aspettando e a nulla obbedendo al di fuori e al disopra di sé, mirare al pieno sviluppo di tutte le sue castamoumchgirazacodi nuloqurasfrmte« prtopoil insesem111M capacità. Il Superuomo sarebbe stato altresì il vero uomo, l'uomo integrale. Codesto ideale di una nuova umanità, che sarebbe stata anche l'umanità più vera e maggiore, superava, d meglio ignorava, classe, nazione, stato, razza; e non sapeva neppure che cosa fosse politica. Fra i valori di cui Nietzsche volle dettare, nuovo Mose, le tavole, e i valori che Hitler bandì e, per quanto potè, attuò, non c'è altro rapporto se non quello dello sfruttamento, avvilimento, tradimento. Il razzismo di Hitler; la teoria da lui adottata dello « spazio vitale »; il crimine supremo del « genocidio » praticato per sostituire o preporre il popolo tedesco a tutti gli altri; il ricorso sistematico alla plebe indifferenziata, fanatizzata e as servita per trarne forza e consenso, per opprimere e sopprimere gli avversari; tutto ciò, che è la sintesi del pensiero e dell'opera di Hitler, avrebbe suscitato la condanna più assoluta, il disprezzo più profondo di Nietzsche, che già a suo tempo respinse e dileggiò gli inizi del nazionalismo e pangermanismo. Vien meno, con questo, fi nesso storico fra Nietzsche e Hitler, fra la teoria del superuomo e del « rovesciamento di tutti i valori », e il nazismo, o nazifascismo? No, certamente. Il nesso rimane, ed è una delle chiavi — insieme ad altre, affini o diverse — che aprono il passaggio dalla civiltà del secolo XIX ai tentativi di distruzione della medesima rappresentati dai totalitarismi del secolo XX. Il nesso rimane: é costituisce un tremendo avvertimento per quanti si erigono a maestri dell'umanità, a definire esattamente i concetti, a pesar bene le parole. Luigi Salvatorelli

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