Il giovane baciò la sua vittima pochi minuti prima di ucciderla

Il giovane baciò la sua vittima pochi minuti prima di ucciderla Solo lo follìa può «piegare la duplice tragedia della Yalsesia Il giovane baciò la sua vittima pochi minuti prima di ucciderla Nel mattino a Novara la donna gli aveva promesso di intervenire presso la figlia, sua ex-fidanzata - Nel pomeriggio noleggiò un'auto pubblica e corse da lui per dissuaderlo dal suicidio - Fu colpita sei volte - L'assassino si tolse la vita accanto a lei (Dal nostro inviato speciale) Scopello, 16 gennaio. Sconvolto da un accesso di manìa di persecuzione, Giancarlo Duberti, un meccanico di trent'anni, ha ucciso domenica pomeriggio con sei colpi di rivoltella Fiorina Beretta in Bazzoni, di SS anni, madre della sua ex-fidanzata, poi si è introdotta l'arma in bocca e si è freddato con un solo proiettile. La tragedia, che ha destato enorme impressione nella incantevole zona della ' 'alsesia ed a Novara, ha radici lontane. Giancarlo Duberti era, a quel che si racconta, uno di quei giovani irrequieti, soggetto ad entusiasmi improvvisi ed a depressioni sconcertanti. Sua madre era morta poco dopo averlo messo al mondo e suo padre, uomo benestante, gli aveva lasciato un po' la briglia sul collo. Dopo gli anni della adolescenza trascorsi nella natia Scopello, era passato a Novara per continuare gli studi all'istituto Omar, ma non era riuscito a conseguire il diploma. Era però un buon ragazzo, stimato da tutti, gioviale, e mai aveva manifestato propositi suicidi. Alcuni anni or sono conobbe a Novara una giovane ostetrica, Leonilde Bazzoni, di 26 anni. Per qualche tempo due furono soltanto amici, poi la relazione sfociò in amore ed i giovami si fidanzarono. Decisi a sposarsi, acquistarono insieme un alloggio in via Goffredo Mameli; la ragazza impiegò un milione e mezzo, lui un milione. Nell'estate scorsa, però, accadde qualche cosa che raggelò i sentimenti della ragazza; una scappata sentimentale di Giancarlo Duberti, subito scoperta, fu all'origine della rottura tra i due fidanzati. Questo fu, forse, il primo sintomo della tragedia esplosa improvvisamente, senza testimoni, domenica scorsa. Il Duberti, che alla morte del padre avvenuta due anni or sono si era impiegato come operaio alla Montecatini di Novara, aveva trovato nella famiglia della fidanzata la sua seconda famiglia; ritrovarsi nuovamente solo doveva essere un pensiero intollerabile per lui e tentò in ogni modo di riacquistare l'amore perduto. Non faceva vere e proprie scenate, ma non tralasciava occasione per tornare dalla fidanzata, o farle parlare da amici comuni per indurla a riprendere la relazione. La settimana scorsa il Duberti, in preda allo sconforto, telefonò ad una sua sorellastra che abita a Domodossola, Maria Duberti in Negra. < Sono tentato di uccidermi — le disse. — Tutti mi evitano, tu mi prenderesti con tef ». La donna tentò di consolarlo, ma Giancarlo Duberti era ormai in preda al suo demone. Venerdì chiese quattro giorni di permesso all'officina dove lavorava, trascorse la notte sul sabato apparentemente tranquillo, ma la mattina si alzò alle quattro e si recò in via Omar a casa della fidanzata. Voleva parlarle, pregarla di tornare a lui. Non gli fu aperto e tornò più tardi, poco dopo le sette. Era già alzata la madre della ragazza. La signora Fiorina Bazzoni gli parlò con molta calma, gli disse di stare tranquillo, sarebbe intervenuta presso la figlia. Prima di andarsene, il Duberti abbracciò e baciò colei che poche ore dopo avrebbe ucciso. Noleggiò un tassì e si fece portare a Scopello. Non andò a dormire nella sua casa, sopra la sala-danze dove fino a qualche anno fa suo padre aveva gestito un cinema, ma all'albergo Monterosa. Non dormì quasi e la mattina, alzatosi per tempo, si recò a messa. Guidato da chiusa quali inte-n*ioni, poco dopo andò dal medico di Scopello, dott. Corrado Amorfini, per farsi visitare. < Mi dica se sono davvero pazzo » lo pregò. Il medico assicurò che era sanissimo. < Venga, andiamo al telefono e confermi la sua diagnosi alla mia fidanzata », lo pregò ancora. Il medico si schermì, ma gli disse che, se interrogato, avrebbe potuto ripetere le stesse parole alla ragazza. Giancarlo Duberti si recò dalla tabaccaia Teresa Dazza, acquistò tre fogli da lettera, tre buste e tre francobolli e incominciò a scrivere. Tracciava i segni a fatica e dopo un po' smise. Chiese una comunicazione intercomunale con Novara e volle parlare an 'ora alla fidanzata. La povera ragazza, giunta stamani a Scopello per rivedere la madre morta, ha raccontato i brandelli di quella ultima conversazione. « Tutti si burlano di me, anche tu, verot Sono al limite della sopportatone », avrebbe detto concitato a la donna, nel tentativo di calmarlo, lo invitò a tornare a Novara, ad andare da lei. < Non verrò — rispose il Duberti. — Forse questa è l'ultima volta che senti la mia voce ». Impressionata, la giovane Leonilde gli disse: < Vuoi che venga la mamma a trovarti? ». Senza esitazione, Giancarlo Duberti aderì alla proposta. < Dille di venire subito*, soggiunse. Era mezzogiorno, e treni o corriere da Novara per Scopello non ve n'erano più. Nonostante le esortazioni del marito a non partire, Fiorina Bazzoni decide di andare ugualmente a vedere quel ragazzo angosciato. Noleggiò una vettura e si fece portare dall'autista Franco Vignola di Novara. A Scopello, la' donna disse all'autista di attenderla, si sarebbe trattenuta mezz'ora. Il Vignola attese un'ora, due. ore e quando vide che la cliente non tornava, impensierito, andò a bussare alla porta. Nessuno gli rispose. Andò a cercare il sindaco, signor Emano Ferraris, e, insieme, chiesero l'intervento dei carabinieri. Sfondata la porta, videro uno spettacolo indescrivibile. Rannicchiata su se stessa, Fiorina Bazzoni appariva crivellata da sei colpi; poco lontano dalla sua vittima, il Duberti disteso con il cranio sfondato. Il proiettile, sparato in bocca, era uscito nella parte superiore del capo. Nella mano contratta, teneva ancora la pistola. Come si sia svolta la tragedia nessuno saprà mai; nemmeno le esplosioni dei sette proiettili sono state udite da qualcuno. La sera di domenica, ai parenti, fu detto per pietà che soltanto Giancarlo si era ucciso. Solo questa mattina, il vedovo e l'orfana hanno appreso IIItlllllllllItllllllilllllllllllllllllllllllllllllllItllll casualmente dai vicini la tragedia che li aveva colpiti. Durante il sopraluogo sono state trovate le lettere acquistate domenica dal Duberti due erano ancora bianche, una sola, diretta ad un'amica della ex-fidanzata, conteneva qualche riga. Forse era l'ultimo tentativo di riallacciare i rapporti che sapeva irrimediabilmente troncati, forse era la confessione del tremendo proposito che stava per attuare. I due corpi sono stati composti in camere diverse. Domani la salma di Fiorina Bazzoni sarà trasportata a Novara; Giancarlo Duberti, invece, sarà sepolto a Scopello, accanto alla madre che non ha conosciuto. f. r. Fiorina Bazzoni (in alto), l'uccisa, e la figlia Leonilde, ex-fidanzato, dell'omicida i niiiiii ili miii il ni iiiiii li iiiniiiiiii inni [iiiiniiiii Giancarlo Duberti