Governo e Parlamento di Luigi Salvatorelli

Governo e Parlamento Governo e Parlamento Nell'attuazione della legge-delega per la riforma burocratica il ministero Segni si è trovato alle prese con la difficoltà espressa dal noto proverbio : « Presto e bene, raro avviene ». La difficoltà generica era accresciuta dalle circostanze specifiche, che presentavano esigenze contrastanti fra loro. C'erano i necessari miglioramenti al personale, ed i limiti invalicabili del bilancio; l'autorità dello Stato, ed il diritto e la convenienza degli interessati ; la competenza del potere esecutivo, e il controllo parlamentare. Se si considerano tutte queste necessità contrastanti, insieme con la brevità del tempo, le rivali agitazioni sindacalistiche, la diversità di opinioni entro la Democrazia Cristiana e in seno allo stesso Ministero — nonché qualche movimento subacqueo, qualche scoglio insidioso — dovremo riconoscere che il ministero Segni se l'è cavata abbastanza bene. Del che il merito andrà spartito fra la paziente energia del Presidente, l'opera infaticabile, condotta con larghezza di vedute, del ministro Gonella, il senso di solidarietà prevalso alla fine presso tutti i membri del Governo, e la coscienza delle proprie responsabilità dei capi sindacalisti. A proposito di quest'ultimo punto, facciamo assegnamento che tale coscienza si affermi fino in fondo presso tutte le grandi organizzazioni sindacali, specialmente nei riguardi di quella « tregua » per le richieste di miglioramenti economici, giustissimamente domandata dal capo del Governo. Lo « stralcio » operato per la sistemazione di talune importantissime amministrazioni particolari è stato l'espediente necessario per conciliare il « presto e bene » nei limiti del possibile, ed evitare sia la proroga della delega sia una discussione parlamentare generale. Sarà, adesso, necessario che i progetti di legge dello stralcio siano presentati e discussi rapidamente, con precedenza assoluta, o quasi, su tutto il resto. Si intende che, al di là e al disopra della legge-delega, e delle sue integrazioni, rimarrà da affrontare la radicale riorganizzazione tecnica delle amministrazioni statali e parastatali, attraverso cui si dovrà pur arrivare, un giorno o l'altro, alla riduzione dell'assurda percentuale del 50% del bilancio impegnato a favore del personale. Vogliamo sperare, intanto, che non si vorrà trovare in codesti disegni di legee complementari della riforma burocratica l'occasione buona per incominciare a mettere in pratica la tattica dei voti di fiducia a ripetizione, da certe parti ultimamente proposta, e quasi si direbbe imposta al Governo. Coloro che hanno escogitato l'innovazione, e quegli altri che l'hanno fatta propria, senza rendersi conto delle conseguenze a cui potrebbe portare, non si sono accorti di una circostanza curiosa. Una tale tattica è stata proprio quella adoperata dal moribondo ministero Faure, con l'esito finale che conosciamo. Codesta, però, è una semplice osservazione marginale, per quanto suggestiva. L'obbiezione vera, contro l'impiego dei voti di fiducia in serie per assicurare in ogni caso una maggioranza puramente « ortodossa » al Governo e ai suoi progetti di legge, è data dal carattere antiparlamentare, e cioè anticostituzionale, dei metodo proposto. Esso disconosce il Parlamento, come istituto unitario, disciogliendolo nei suoi singoli gruppi, e mirando a chiudere entro taluni di questi, sempre e in ogni caso, il potere esecutivo; sostituisce al governo parlamentare il regime del partito o gruppo di partiti unico. Tanto varrebbe demandare l'approvazione . dei progetti di legge, e lo stesso voto di fiducia, a un comitato della precostituita maggioranza parlamentare. Si risponderà, dai propugnatori del metodo, che essi non fanno questione, per il governo, di obbligo costi uzionale, di adottarlo, ma semplicemente di convenienza politica: quella, cioè, di mantenere integra la fisionomia del governo in carica e la sua rispondenza con la maggioranza, di cui è l'emanazione. La risposta, però, non è valida, nè im diritto nè in fatto. Non in diritto, perchè un mo tivo di convenienza non può far passar sopra alla Costituzione. Non in fatto, perchè quando un governo mantenga la sua linea politica, il suo programma, la sua struttura,. pur ricevendo in taluni casi voti favorevoli dalle opposizioni, non c'è ragione per denunciare cambiamenti di fisionomia e alterazioni di rapporto con la maggioranza parlamentare. Solo se divenisse abituale l'addizione di voti oppositori e la sottrazione di quelli maggioritari, pouebbe prender corpo l'alterazione prospettata. Non siamo affatto, oggi, in una simile situazione: e che non ci si arrivi in futuro dipende dalla maggioranza parlamentare, e da tutti é sin goli gli elementi che la com pongono. La verità è che il metodo propugnato porterebbe a una situazione in cui una minoranza, anche piccola, della maggioranza potrebbe imporre il suo volere alla maggioranza della maggioranza e al governo, fino al momento in cui vedesse realizzabile il rovesciamento del governo stesso e la sua sostituzione con un altro, conforme alle sue aspirazioni, e altresì disforme da quelle che sono le tendenze effettive del Parlamento e del Paese. Quel che occorre all'Italia, oggi, è tutt'altra cosa. Occorre un governo che, individuate le necessità maggiori e più urgenti della vita nazionale, ne presenti soluzioni ragionevolmente studiate al Parlamento, mettendolo tutto intero di fronte alle proprie responsabilità. Se, per coscienza di queste, o anche semplicemente per convenienza propria — le due cose potrebbero anche largamente coincidere — le opposizioni di sinistra vorranno portare un contributo di discussione e di voti, non sarà davvero il caso di mettersi-le mani nei capelli come per un disastro nazionale. Se là maggioranza' tiene — e avrebbe ragione di tenere — a che un simile concorso non risulti necessario, essa sa quello che deve fare. Luigi Salvatorelli

Persone citate: Gonella

Luoghi citati: Italia