Il giorno della Befana non si fanno contravvenzioni

Il giorno della Befana non si fanno contravvenzioni BENEVOLO ACCORDO TRA VIGILI ROMANI E CITTADINI Il giorno della Befana non si fanno contravvenzioni La cordialità che affiata agenti urbani e popolo dovrebbe estendersi a tutta la polizia - Un'antica diffidenza da superare - Il ministro Tambroni invita gli allievi ufficiali e sottufficiali della P. S. ad essere sempre gentili (Dal nostro corrispondente) Roma, gennaio. Nella giornata della Befana — che a Roma è festa di importanza forse anche maggiore di quelle di Natale e Capodanno — vige il costume molto gentile di offrire doni alla polizia. A Roma è il giorno della Befana, e non già quello di Nàtale o del primo dell'anno, che è dedicato alle strenne: popolo antico e quindi per più diretta vocazione conservatore delle memorie della Rivelazione, i romani si scambiano regali il giorno anniversario di quello in cui venirono alla grotta di Betlemme i tre Re Magi, portatori dei doni dell'incenso, dell'oro e della mirra. Altrove, sembra, la tradizione è stata deformata, e difatti si trovano Paesi in cui si parla di Santa Klaus, di Santa Lucia, del Gesù Bambino, di Babbo Natale o di Nonno Gelo: ma a Roma si rimane radicati alla ricorrenza dei Magi che, guidati dalla stella, secondo quanto narra il Protoevangelio di Matteo, entrati nella casa di Betlemme, < videro il fanciullino con Maria sua madre; e prostratisi lo adorarono; ed aperti i loro tesori gli offrirono dei doni >. A questo ricordo sono rimasti affezionati I romani, e questo giorno della mirabile apparizione (Epifania) è dedicato alle affettuose cortesie. Piazza Navona, la più grande e più bella delle piazze romane, è trasformata in un mercato per l'acquisto dei regali, e la notte dal 5 al 6 gennaio diventa scena di allegria, di festa e di baldoria. E' festa tanto grande che neppure i poliziotti sono dimenticati. Ci sono, in ogni modo, poliziotti e poliziotti. Tutti dovrebbero restare, secondo il Codice, affatto estranei a dimostrazioni anche di semplice simpatia, dato che, avverte l'art. 318, « ...il pubblico ufficiale che per compiere un atto del suo ufficio riceve per sè o per un terzo, in denaro o altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne accetta la promessa, è punito, eccetera». I poliziotti, insomma, si dovrebbero tenere del tutto fuori dei tentativi di corruzione; ed è per questo, per esempio, per fare un caso di cui si parla in questi giorni, che gli amministratori del Poligrafico dello Stato vengono imputati di avere elargito qualche somma ad un ex-questore di Roma perchè la distribuisse in regalie, in occasione u ogni Befana, a quanti fia 1 suoi dipendenti avessero avuto occasione nel corso dell'anno precedente di rendere al Poligrafico dello Stato qualche servizio particolare. Ma ci sono poliziotti che la gente considera con occhio diverso: sono gli agenti civici, i metropolitani, i dipendenti dal comando della polizia municipale, quelli che in Francia chiamano « flics », vale a dire gli addetti al regolamento del traffico cittadino; in altri termini i vigili urbani, detti a Roma < pizzardoni » e «: offlciers » a Washington. Per tutti questi benemeriti si crede, probabilmente in tutto il mondo, di poter fare un'eccezione alla norma dettata, dal nostro Codice Penale con l'art. 318. Sì dice che il ricordo delle dominazioni straniere, absburgiche o spagnuole, borboniche o francesi, ducali o granducali, abbia ancora influenza per ricordi atavici sugli italiani; aggiungiamo nel conto le memorie della polizia politica del tempo fascista, e avremo la ragione di una certa diffidenza. Ma dei vigili urbani, fioritura più fresca, più recente espressione della forza pubblica, che mai potremo trovare a ridire? E' molto facile rispondere con il lamento per la loro esosità nell'applicarci contravvenzioni; e si può protestare per il fatto, non commendevole, che gli stessi contravventori abbiano diritto ad una percentuale sulle contravvenzioni elevate, cosicché il loro zelo nell'intimarcele, a taluni potrebbe apparire sospetto: ma nel fondo si deve riconoscere che questi poliziotti di città ci son riusciti ad essere familiari od amici. Si vede a Roma, il giorno della Befana, ogni pedana di bravo vigile attorniata da cibi e da bevande offerto in dono; e sono piccole montagne di panettoni e di bottiglie che salgono ad altezze non trascurabili. Imprigionato nella dolce muraglia, il vigile dirige allegramente il traffico, e c'è una silenziosa convenzione in forza della quale, qualunque cosa accada il giorno della Befana non si fanno contravvenzioni. In questo modo, dunque, almeno un giorno all'anno, viene risolto il grosso problema italiano dei rapporti fra i cittadini ed i rappresentanti del1 l'ordine; e c'è da esserne mc~ 'destamente soddisfatti, anche se la s°luzi°™ vien* trovata sul piano di un compromesso che può sembrare discutibile: io gli faccio un regalo e in compenso l'agente non mi fa contravvenzione. Ma per un giorno l'anno, in questo allegro giorno della Befana, anche i più austeri possono forse chiudere un occhio, perchè abbiamo in compenso, e in qualche modo ne possiamo essere resi più buoni, quest'aria bella di generale serenità, e questo vero invito ai sorrisi, alla gentilezza ed alla buona educazione che ci viene rivolto per l'Epifania dalle pedane doviziose degli agenti del traffico. Resta da regolare, beninteso, un più largo problema, ed in maniera che la soluzione possibilmente valga tutto l'anno. E' il maggiore problema delle nostre relazioni con la più autentica polizia, quella di Stato, vestita in grìgio-verde, con aquile al berretto ed alamari oro e cremisi al bavero, manganello alla cintola, mitra a tracolla e stivaletti alle caviglie. Deve essere composta, ge¬ neralmente, di bravissima gente, estratta dal buon fondo contadino della popolazione italiana, che andiamo tutti a gara nel definire buona per natura. Ma come il fanciullino di Rousseau, l'agente della nostra- polizia crescendo si deve essere guastato, poiché bonari ragazzotti di campagna una volta che escono dalle scuole nazionali di allievi-agenti ci si presentano con un cipiglio che non sempre ispira simpatia. Probabilmente, la ragione sta in una vecchia, e che dovrebbe essere desueta, concezione della polizia. Lasciamo andaire i ricordi atavici delle dominazioni straniere: ventitré anni fa, preannunciando un tipo 9i governo dittatoriale, Mussolini veniva ad indicarci la polizia come lo strumento numero uno sul quale si sarebbe fondata la sua politica oppressiva: < In fondo — egli diceva al Senato il 27 novembre 1922 — il Ministero dell'Interno è un ministero di poliaia. 10 sono lieto di essere il capo della polizia. Non me ne vergogno affatto ». Sta molto bene che non credesse di vergognarsene; sta meno bene che riservasse alla polizia soltanto il compito dell'oppressione liberticida Dopo di che egli pretendeva ed asseriva cose strane nel suo discorso dell'Ascensione del 26 maggio 1927, allorché disse: < Signori, è tempo di dire che l'uomo, prima di sentire il bisogno della cultura, ha sentito il bisogno dell'ordine. In un certo senso si può dire che il poliziotto ha preceduto, nella storia, il professore, perchè se non c'è un braccio armato di salutari mamette, le leggi restano lettera morta e vile>. Quando si introducono in un discorso pasticci di concetti come questi relativi alla priorità fra il poliziotto e il professore, non può sperarsi che ne vengano instillati buoni principi nella mente degli stessi rappresentanti della legge: i più rozzi tra loro ne caveranno la deduzione che occorre ammanettare, salutarmente, i professori, in nome di quell'ordine che ha diritto di passo e precedenza sulla cultura. Quando ci si impiglia nell'intrico di contrapposizioni così aberranti e d'altra parte così negatrici della saggezza classica romana (< Cedant arma togae») i risultati ne saranno una insanabile confusione mentale. Per questo è bello che l'attuale Ministro dell'Interno, on. Tambroni, abbia sentito il bisogno di ricominciare dal principio una accurata azione pedagogica, esortando gli agenti poliziotti, prima di tutto, a non mostrarsi con la faccia feroce. Siamo dunque a una svolta della storia italiana, come si converrà dopo aver lètto il suo discorso ai reparti della Scuola allievi ufficiali e sottufficiali del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza. Pronunciato recentemente in occasione del 103" anniversario della costituzione del Corpo, e riprodotto sul Calendario storico 1956 che in questi giorni viene distribuito, il discorso ammonisce, per la parte che ci interessa: « Una polizia moderna mi piace vederla oltre che decisa, fiera, consapevole dell'altissimo compito che ha di fronte a tutto il popolo italiano, anche umana, aggraziata, cortese, vorrei dire, se non disdicesse in questo momento con i vostri elmetti, "gentile". E' mio intendimento che ciascuno di voi possa essere accolto dovunque, pur esercitando quotidianamente ed inflessibilmente 11 proprio dovere, con il sorriso dal popolo italiano ». Se la consegna data alla polizia!, per questo anno 1956, è di essere gentile ed aggraziata, è evidente che un grandissimo progresso è sulla via di compiersi nel campo dei rapporti fra i cittadini e le autorità. Noi cittadini sorrideremo di fronte alla gentilezza degli armati, e non è detto che per la Befana del 1957, dopo un anno di felice esperimento, noi ci sentiremo in obbligo di recarci ai commissariati di P. S. portando vini e panettoni, come già abbiamo per costume di deporne attorno alle pedane dei vigili municipali. Vittorio Gorresìo

Persone citate: Epifania, Gesù, Mussolini, Rousseau, Tambroni