Vuole nascere

Vuole nascere Vuole nascere Quell'agosto il tempo era stato straordinariamente asciutto; il sole aveva arso le montagne e i prati. Nel piccolo cimitero l'erba alta era ingiallita e i pochi fiori grami avevano perso il colore; il ruscello che passava appena fuori del muro di cinta era completamente asciutto e la terra screpolata colore della pietra grigia. In quell'estate arsa, verso la fine di agosto, là donna, unica statua del cimitero incolto, nella notte di luna, avvertì un calore in tutte le membra e quasi svegliandosi' si sciolse dall'attitudine di preghiera; sollevata la testa e poi le braccia, si mosse. Era sola. Le altre poche lapidi bianche avevano perduto il freddo contorno del marmo; le parvero pezzi di luna. E fu la prima cosa che vide; subito dopo vide il vecchio, la donna, il bambino, ombre trasparenti, venire a lei attraverso il muro che dava sul ruscello. Erano tre che vide bene; le altre, in gruppo, rimasero oltre il ruscello. La statua le guardò, e toccando la tepida consistenza delle sue braccia, le mosse, spostando le e sollevandole ■ si divertiva ai giochi d'ombra che le sue mani creavano intorno. Si volse alla prima di quelle tre, una donna, che era a pòchi passi da lei, disse: «Perchè non sono trasparente come te? Tu non puoi giocare con le mani, chi sei? ». <t Ero Luisa, sono morta da tre anni ». « Io voglio coprire con le ma ni tutta quella luce ». Si avanzò l'altra ombra, un vecchio, e disse: «Coprire la luce è il gioco dei vivi. Allora tu vuoi nascere ». La statua rise perchè aveva fatto un passo "erso il vecchio e aveva visto l'er'ia piegarsi sotto ai suoi piedi; si chinò a risollevarla, montò sulla pietra di una tomba e domandò al vecchio: «Chi sei che hai l'erba bianca sul mento? ». « E1 la barba. Sono molto molto vecchio. Ero Andrea il sarto. Siedi vicino a noi. Il giorno è ancora lontano; abbiamo tempo per poter parlare ». « Io voglio vedere le mie dita allungarsi sull'erba, fin là » e con la mano la statua indicava il muro. « Se vuoi nascere dovrai ascoltarci: io non ho nulla da dirti, ma gli altri devi ascoltarli ». « Come si fa a nascere? ». La donna le rispose: «Io per dare la vita a mia figlia sono morta e non l'ho neppure vista, non le ho dato il latte. Il pianto di mia figlia che ne aveva fame non mi dava pace e il latte che ho potuto darle mi pesa ancora. Vedi, non posso allontanarmi Cori gli altri verso il fiume. Mio marito ti ha fatta mettere sulla mia tomba. Se tu nascerai devi andare da mia figlia ». Ma la statua che seguiva i giochi d'ombra creati dalle sue mani e dalle sue dita, la interruppe Le sue mani avevano incorniciato in luce il bambino. Indicali dolo, domandò: « E' tuo figlio? ». « No — rispose il vecchio — è Luigi. Aveva genitori che non gli davano da mangiare. E' morto e non l'hanno pianto ». « Io non ho fame e non avrò bisogno che mi diano da man giare » disse la statua. f « Non si può vivere senza il bisogno di mangiare. Se nasce rai dovrai faticare anche tu per poter mangiare ». Ma la statua disse che voleva nascere per cammire nella strada che passa subito fuori del cancello e pareva un grande nastro bianco. E voleva nastri per mettersi nei capelli, e vestiti colorati com'era l'erba e lucenti per passarci le dita. ;v Il vecchio disse; «Allora vuoi proprio nascere? ». La statua disse sì con la testa t stava avviandosi al cancello: ma tre ragazzi si staccarono dal muro dove stavano nascosti dall'ombra è vennero verso la statua. Erano giovanissimi e le loro persone non trasparivano. La statua li guardò dimenticando di continuare il gioco di creare disegni di ombre con le dita. I cinque ragazzi si accasciarono sulla pietra, nascosero il volto nelle mani. Il meno gio vane fu il primo a sollevare la testa, e disse: «Ero il sindaco del paese: avevo invitato io gli altri nella mia automobile: avevamo bevuto ma non eravamo ubriachi, solo molto allegri. Aspettavo di andare in città per depositare in banca i soldi per rifare le campane. Non li trovano più e dicono che li ho rubati. Sono in comune, sotto al mattone che regge il tavolo dal la parte della finestra, nella stanza del sindaco. DI che rifacciano le campane. C'è stanto silenzio e nessuno ci dice quando sta per andarsene il giorno e venire la notte e poi venire ancora il giorno e quando festa » La seconda ombra si mise vicina alla statua, e disse: «Tu che lo potrai fare, va da Lucia LgddgP Le volevo bene, gliene ho sempre voluto e non lo sa e piange. Diglielo. Sarà consolata ». Parlò il terzo che domandò di andare da un compagno, poi del quarto, e il quinto, il più giovane, disse: «Avevo la chitarra e mi piaceva suonarla. Prima di partire l'ho nascosta nel fienile sotto le travi. Va a prenderla e dàlia a Carlo. Me l'ha chiesta tante volte rna ho preferito nasconderla piuttosto che dargliela. Conducilo qui che suoni vicino a me. Carlo lavora la sera per costruirsene un'altra, ma non ci riesce. Sentirai come sono belle le canzoni ». Il ragazzo parlò delle canzoni che amava suonare e la sua voce era, all'orecchio della statua, piana e dolce come l'acqua del ruscello che ora sentiva scorrere sotto la terra grigia. Sedettero tutti e ascoltarono parlare il ragazzo, finché il vecchio disse alla statua: «Se non ti affretti, tra poco uscirà la luce sopra le montagne ». La statua si alzò e guardava il ragazzo che le disse : « Va allora e torna con la mia chitarra ». Ma Lucia la fermò, e disse: « Aspetta. Devi andare da mia figlia e devi dirle che mi hai vista. E a mio marito devi dire che non lasci sola la bambina, che faccia mettere il vetro alla finestra della cucina: manca ancora, entrano i gatti e. la bambina ha paura perchè non li conosce ». La statua parve smarrita, guardò Paolo, il ragazzo che aveva lasciato la chitarra nel fienile, e disse: «Mi accompagni? Vieni con me? ». «Fino al cancello. Più in là non posso » ' Fecero insieme un passo, e la statua si chinò a risollevare l'erba che aveva curvato, un altro passo e ancora si curvava e sorrideva a Paolo. Vicino al cancello, la statua vide Luigi, il bambino che nessuno aveva amato e nessuno pianto. Luigi disse: «Ascolta. Mia madre si chiama Rita e sta nell'ultima casa del paese. Non sceglierla come madre. V| da lei e dille che voglia bene ai miei fratelli. Il più piccolo piange. Basta che lo culli un poco e si addormenterà. Non è solo per la fame che piange sempre ». Erano davanti al cancello. La voce del vecchio alle spalle della statua, disse: «Fermati». Pàolo si trasse indietro, disse: « Ormai è tardi. Hai aspettato troppo. Guarda ». La prima luce del sole si posava sulla montagna. Lea Quaretti

Persone citate: Lea Quaretti