Uno psichiatra che attraverso i matti ha vissuto le più emozionanti vicende sociali

Uno psichiatra che attraverso i matti ha vissuto le più emozionanti vicende sociali L'improvvisa scomparsa ad Aversa del prof. FILIPPO SAPORITO, il continuatore di Lombroso Uno psichiatra che attraverso i matti ha vissuto le più emozionanti vicende sociali Sessantanni di indagini, di esperienze, di dótte e coraggiose perizie - Da «Bubbolone», terribile capobanda dello Stato Pontificio, al brigante Musolino; dallo scandalo Trigona a quello Bellentani; da Rina -Fort alla Cianciulli, la «saponificatrice» di Reggio Emilia - Il caso di Felice Persio, un poeta e artista drammatico che si sentiva sei mesi uomo e sei mesi donna - L'incontro con Zaniboni e la visita ad Antonio Gramsci Dal nostro corrispondente Aversa, lunedi mattina. Filippo Saporito, lo scienziato attraverso il cui vaglio sono passati negli ultimi settonfarmi i più clamorosi casi delle cronache giudiziarie italiane, è morto alle SJO di sabato notte, stroncato da un attacco cardiaco, nella sua casa di Aversa, al n. 37 di via Bainulfo Drengot. La notizia della scomparsa di Saporito, che aveva lasciato da pochi anni la direzione dell'ospedale psichiatrico giudiziario, ricevendo una medaglia d'oro di benemerenza dall'allora ministro di Orazia e Giustizia, il liberale Grassii ha profondamente impressionato gli ambienti giudiziari e fra i primi ad accorrere ad Aversa vi sono stati alcuni vecchi amici dell'illustre psichiatra, fra cui Enrico De Nicola e Giovanni Porzio. Nel manicomio femminile Dopo il suo collocamento a riposo, Filippo Saporito, che aveva avuto il dolore di vedere distaccata da Aversa e trasferita a Pozzuoli la sezione femminile da lui creata, si era dedicato a scrivere le sue memorie comprendenti gran parte delle emozionanti vicende di cui fu, come perito psichiatra, l'acuto indagatore. Ed erano in corso le trattative con una casa editrice per la pubblicazione Mi questa opera che egli argutamente, con allusione all'eco sul piano nazionale di -quei fatti, aveva intitolato «La storia d'Italia attraverso i matti ». Il prof. Filippo Saporito studiava il problema sociale della pazzia da oltre sessant'anm, cioè da quando era studente. Nel 189S incominciò le sue esperienze ad Aversa, dove è nato, come assistente di Gaspare Virgilio, al quale egli volle intitolare una via che reca al manicomio, di cui Saporito fu nominato direttore nel 1901. Nella prefazione alle opere di Gaspare Virgilio Cesare Lombroso scrisse: <Noi abbiamo in Saporito il nostro continuatore ». Per comprendere l'importanza degli studi del profSaporito basti pensare che-in questo dopoguerra, prima della Bellentani, sono state ad Aversa la Rina Fort, la Lidia Cirillo- e le sorelle Oataldi, di cui una è nel carcere di Troni e l'altra si trova nel manicomio giudiziario femminile di Pozzuoli, dove è anche la Cianciulli, la « saponificatrice » di Reggio Emilia, che fu tradotta ad Aversa nel '4X, quando commise il delitto. Il caso della Cianciulli, che Saporito definì completamente inferma, era da lui ritenuto tra i pia interessanti, nella storia della pazzia criminale, e tale che — osservava — sarà ricordato nel futuro in tutti i trattati scientifici. Infatti, nella sua pazzia — diceva Saporito — si intrecciano molti riflessi della crisi attuale della società. E poi essa fu la con¬ seguenza di una esasperata, materniià, perchè la CianoiulU ebbe diciotto gravidanze, ma solo una femmina e tre maschi rimasero vivi. Venuta la guerra, la donna pensò ohe, sacrificando alla divinità tre vite, le sarebbero stati risparmiati i tre figli. Ecco perchè scelse tre donne. Le scelse, però, sterili, in modo che la divinità non si offendesse per avere essa soppresso chi poteva dare altre vite. Non sempre i protagonisti di tutti questi drammi Filippo Saporito li incontrò ad Aversa. Per esempio, il brigante Giuseppe Muse-lino il professore lo studiò a Portolongone, come a Procida ha studiato Giuseppe La Marca. Ad Aversa, nel manicomio, morì Enrico De Marinis, il « mandriere » del grande processo Cuocoló. Quando vi furono le sue esequie ad Aversa — ricordava Saporito — convenne tutta la malavita di Napoli con abiti ed equipaggi sfarzosi. Altre perizie di processi celebri furono quella di Guido Casali, lo studente perugino assassino dell'avv. Bianchi; quella del processo Modugno, il tenente accusato di avere ucciso la moglie Cenzina, trovata morta come Ilaria Cappa (a differenza, però, di- Graziosi, il tenente fu assolto con formula piena). Il più importante di tutti fu il processo Paterno, un altro tenente, che uccise la contesse Giulia Trigona di Satifi.Ha. Ebbe una enorme risonanza anche perchè la contesi - era dama di Corte della regina Elena. Al processo, allora, fu evitata ogni pubblicità, ma un pacco di lettere venne in possesso dei giudici. Erano della regina alla sua dama. In esse Elena, informata della relazione, invitava . ripetutamente la Sant'Elia a troncarla. Date le preoccupazioni della Corte, già irritata che il fattaccio avesse coinvolto così tragicamente la contessa di Bant'Elia e portato alla ribalta delle Assise il nome della regina, il processo si fece a porte chiuse. I plichi, anziché per: posta, furono mandati per mezzo di carabinieri che li portarono suggellati e a mano, e fu proibita in modo rigoróso la presenza della stampa. Preoccupazioni per Gramsci Nel suo lungo lavoro, Saporito ha conosciuto molti degli attuali uomini politici quando erano in carcere. Incontrò Zaniboni ad Alessandria. Visitò Gramsci a Turi, in uno di quegli ospedali-carcere per « minorati fisici e psichici». La visita fu compiuta per incarico del ministro di Grazia e Giustizia. Lo stesso Mussolini se ne interessò perchè bisognava accertare quali fossero le condizioni di salute del capo del partito comunista. Nel processo avanti al tribunale speciale, il procuratore generale Isgrò aveva detto che si doveva, condannare quanto più fortemente possibile ti Gramsci, perchè <bisognava imp'eWre^aqutil cervello di pensare», valendo dire che, se Gramsci fosse stato lasciato libero e fosse tornato un giorno in libertà, la sua capacità nel dirigere sia pure clandestinamente il partito comunista lo avrebbe - reso un uomo temibile. Anche mussolini era preoccupato della capacità di Gramsci, tanto da ritenere che solo con la morte egli avrebbe cessato di essere un pericolo. Il risultato della visita di Saporito era Quindi atteso con interesse. Quando lo scienziato entrò nella cella — come egli ricorda nelle sue memorie, si trovò dinanzi ad un uomo sereno e rassegnato al suo destino. La condanna, il trionfo del fascismo e di altri regimi simili in Europa non avevano per nulla scosso le sue convinzioni. Saporito parlò a lungo e più volte con Gramsci. Infine, pur conoscendo gli umori delle alte gerarchie del partito, fece una relazione, tuttora conservata nell'archivio del Ministero di Grazia e Giustizia, in cui insisteva sulla gravità delle condizioni di salute di Gramsci, e sulla mitezza dell'uomo « assolutamente inoffensivo». In seguito a questa relazione, da Mussolini letta e trattenuta per parecchio tempo, il dittatore autorizzò il ministro a fare scarcerare Gramsci, pur continuando la sorveglianza. E così Gramsci venne ricoverato nella clinica del prof. Cusumano a Formio. Corteo dei pigiami a strìsce In fondo, il prof. Saporito si fidava di più dei «suoi» pazzi, come appare dal segueitie episodio. Durante l'altra guerra, i socialisti organizzarono uno sciopero ferroviario che paralizzò lo scarico dei sacchi di farina. La còsa era doppiamente grave perchè non solo Aversa rimaneva priva di pane, ma i suoi stabilimenti di panificazione e i pastifici che lavoravano per il fronte restava¬ no in questo modo paralizzati. La situazione appariva insolubile e le autorità non sapevano più a che santo votarsi. Tentare lo scarico con dei volontarit Non sembrava consigliabile: i facchini di Aversa, organizzati in una lega rossa, erano noti per il fisico erculeo, il carattere rissoso, e quasi tutti risultavano più volte pregiudicati. Si potevano temere, perciò, sanguinosi incidenti, avendo essi dichiarato che si sarebbero opposti mettendosi in fila lungo le banchine. A questo punto, con la popolazione già presa dalla fame, le porte del « manicomio criminale» (come allora si chiamava) si aprirono e apparve per le vie di Aversa un corteo, veramente pazzesco, di pigiami marrone a strisce, mentre porte e balconi si chiudevano precipitosamente. Lo. guidava il prof. Saporito, che non aveva armi, ma solo un bastoncino dal pomo d'avorio. Seguivano, al comando di tzio Lui- gi>, un vecchio ergastolano che si definiva con orgoglio « il primo matto del manicomio », dodici suonatori di clarino (il manicomio ha tuttora una sua fanfara) e trecento pazzi. Chiudeva il corteo- un solo poliziotto, senza armi. La gente spiava dalle persiane. Il professore, messosi d'accordo con le autorità, aveva garantito la riuscita dell'impresa: unica condizio-^ ne, che non ci fosse per le strade ombra di scorte armate, come invece le autorità avrebbero voluto. Egli si assunse ogni responsabilità e scelse i matti ad uno ad uno. Alla stazione i facchini, che avevano saputo già qualcosa, ma non proprio tutto, si erano schierati sulle banchine dicendo che i crumiri o le truppe (come essi credevano) avrebbero dovuto passare sui loro corpi. Ma quando sentirono la musica e videro avanzare la nota uniforme marrone del manicomio, la loro tracotanza sfumò d'incanto, e via a gambe più presto che potevano. Morale: dopo un'ora le macchine impastatrici di Aversa riprendevano a lavorare e tutti i matti tornarono tranquillamente al manicomio. L'agente e il pazzo L'intervento dei matti nello adopero fu elogiato dalle autorità del tempo meravigliate, soprattutto, dalla disciplina con cui l'operazione si era svolta. Ma non è l'unico esempio. Una volta, un altro ricoverato, Francesco Melandri, da Sant'Alberto di Romagna, uscì con un agente, Sozzoni, per un lavoro fuori dello stabilimento. Al ritorno, l'agente di custodia volle fermarsi in un'osteria vicino alla stazione. In breve si ubriacò e piombò in un sonno profondo. Melandri rimase incustodito. Allora alcuni avventori, avvicinatiglisi, lo invitarono a fuggire: i treni erano a portata di mano ed essi gli avrebbero dati gli abiti. Melandri pensò un po' poi rispose di no. Si, fuggire sarebbe stato facile, ed egli li ringraziava, ma il direttore, il prof. Saporito — spiegò — lo aveva sempre trattato cosi bene che sarebbe stata un'infamia ricambiarlo con tanta ingratitudine. Poi, siccome il Sozzani continuava a dormire e si faceva tardi, Melandri se lo caricò sulle spalle e per un viottolo fuori mano, in modo che il pubblico non notasse la cosa, arrivò al manicomio e suonò al cancello. Uno che si affezionò straordinariamente al manicomio, rifiutò di uscirne e vi morì, era « Bubbolone », condannato dal Tribunale dello Stato Pontificio perchè capo di una banda di settecento briganti che infestava le campagne romane e fu la più difficile a distruggere. La banda non solo rapinava, ma uccideva le vittime. Dopo Porta Pia, «Bubbolone» passò nelle carceri italiane e di là al manicomio giudiziario di Aversa. Si chiamami Fortunato Birleffi. Lo avevano soprannominato « Bubbolone » perchè, come risultava dai documenti del processo, egli allenava i suoi uomini a tagliare a pezzi le vittime, bollirle e poi mangiarle. Nel manicomio, ogni anno si dà una festa: le autorità visitano i locali, distribuiscono doni e assistono a uno spettacolo, offerto dai ricoverati, con musiche, canti e recite. Il prof. Saporito nelle sue memorie ricorda un ricoverato, Felice Persio, che fu poeta e artista drammatico e soffriva di uno « sdoppiamento isterico della personalità », per cui si sentiva sei mesi uomo e sei donna. Egli allestì perfino una compagnia cosi brava che, col permesso dei superiori, organizzava recite assai applaudite al « Teatro del Fondo» (adesso <Mercadante»). Persio scrisse una poesia intitolata II folle, che nel suo libro di memorie U professore definisce la più bella che sia mai stata composta sull'argomento, citandola integralmente: tEgli ha una mente, ma pensier noi scuote - egli ha U suo sguardo, ma il bello e il ben non vede - egli ha il suo labbro, ma ragionar non puote - egli è vivo, ma è morto ad ogni amore, - egli è morto, ma è. vivo al suo dolore ». Crescenzo Guarino Una recente foto del prof. Saporito mentre sta conversando con la Cianciulli. (Telefoto)