De Lollis alla guerra di Luigi Salvatorelli

De Lollis alla guerra De Lollis alla guerra Per chi non ha conosciuto intimamente Cesare De Lollis, la prima lenirà del suo Taccuino di guerra, pubblicato adesso integralmente (Sansoni, a cura di» M. Colesanti). potrà riuscire una delusione. Notazioni rapidissime, concise al punto da riuscire talora incomprensibili: anche dopo lo sforzo compiuto, quasi sempre con esito felice, dal Colesanti, per la decifrazione di una scrittura poco meno difficile di quella di Benedetto Croce (si vedano gli autografi inseriti). Mai un racconto particolareggiato, mai un quadro di regolare disegno, mai un ragionamento, un pensiero organicamente svoltò". Il -diarista ignora, salvo gli inevitabili accenni, i grandi fatti di guerra, le situazioni generali; si ferma invece su particolari marginali, minuscoli, che a più di un lettore appariranno spesso insignificanti. La verità è, però, che marginali e insignificanti codeste notazioni non sono mai, per chi sappia riferirle, non già agli avvenimenti storici che hanno dato loro occasione, ma alla personalità del De Lollis. Alla personalità, vista e intesa nel quadro delle circostanze eccezionali in cui egli allora viveva, adattandosi quanto e meglio di qualsiasi vecchio fantaccino e provetto ufficiale alle esigenze belliche, e rimanendo pur sempre se medesimo. L'individualissimo, indipendentissimo De Lollis mostra qui di possedere in grado eccelso le virtù militari superiori: e lo mostra, potremmo dire, senza averne coscienza. Solo qualche rarissima volta può dar l'impressione di ostentare il suo coraggio: «Io son rimasto per 8 ore (9-5) sotto l'arco delle bombe, testimoni il maggiore, l'aspirante Ambrogio e il sottotenente d'artiglieria Caggiano ». E ancora: « Ho aspettato un'ora guardandomi bene dal nascondermi sotto il ponte». Ma non si tratta di ostentazione: piuttosto, di una constatazione soddisfatta, in cui vien fuori quell'elemento simpaticamente donchisciottesco che sonnecchiava in fondo allo spirito di quel grande conoscitore e amatore della grande letteratura classica spagnola. Mentre non è se non un senso spontaneo di serietà quello con cui registra i suoi rifiuti a offerte di <t imboscamento », anche soltanto relativo e momentaneo: come ufficiale di ordinanza, o per adempiere funzioni universitarie. Leggete le righe che immediatamente precedono alla prima citazione: «Arrivando ad Andraz ho risentito l'idillio. Le prime rondini, e qualche vaccherella, e i larici in novo verde, e un ciliegio — un' povero ciliegio, del resto — fiorente a un lato della nostra casupola ». Rondini, larici e'ciliegio importano a pesare De Lollis, anche in un momento « epico », assai più dei pericoli e delle gesta guerresche. E se, scorrendo il breve volume, si allineano le notazioni naturistiche da una parte, quelle belliche dall'altra, si trova che le prime sono in netta prevalenza: se non quantitativamente, almeno per l'aderenza dello spirito di De Lollis, tanto più intima alle prime che alle seconde. Da una parte, note di cronaca: da un'altra, stati d'animo. Non già, però, che anche nelle notazioni propriamente di guerra non venga fuori, e an-. che con frequenza, la sua personalità. Se in quelle che abbiamo riportato sopra De Lollis ci appare quasi coi pugni sui fianchi, in una ingenua posa di spavalderia, in altre,, e più frequenti, splende solo un sereno coraggio, una coscienza sanamente stoica: «Un buco nella neve. Ci affondo e mi fo male al pollice del piede destro. Nonostante la sofferenza enorme, la notte sono andato d'ispezione. E che notte! Pioggia, buio, razzi, schioppettate. E' stato uno dei maggiori sforzi della mia volontà». Qui c'è una sincera confessione della sofferemo propria, sentita e superata per puro senso del dovere. Seguita annotando brevissimamente nei giorni seguenti: «Il piede gonfio»; «La mia contusione mi tien chiuso »; « Sempre invalido ». Va, tuttavia, in ispezione lo stesso; ma «a me, .zoppo, che ho dovuto correre, è capitato di cadere ». Dopodiché, aveva bene il diritto di registrare le parole del ^colonnello al generale su di lui: «gira sempre di giorno e di notte ». * * Che un tipo simile divenisse più che mai fermo, e bellicoso, al momento della sconfitta, e infuriasse contro i deboli anelanti a farla finita, si capisce. All'inizio dell'offensiva di Caporetto De Lollis si trovava in licenza: appena ricevute le prime brutte notizie, parte, e si mette alla ricerca del suo. reparto: «Treni carichi di soldati, ebri di sconfitta desiderata!!!... Inermi, con un tozzo di pane o altro tra le mani. Odo perfino il grido: "Viva Giolitti presidente della repubblica! ". Vogliono la pace, le canaglie, a qualunque costo». Seguita a cercare: «Fame e ncvuce freddo. Devo aver avuto del pane da un soldato... Chiedo, cerco invano un carretto, un cavallo ». Finalmente s'imbarca su un treno merci; vi incontra un colonnello « buono come il pane », ridotto allo stremo delle forze; cerca sostenerlo con un po' di vino « nel mio bicchiere di gomma »; ma a un certo punto, il poveretto cade dal treno e precipita nel ragliamento. In mezzo a casi come questi, e peggiori (fucilazioni di sbandati) De Lollis si ricongiunge al suo corpo. Ma intanto, ecco una notazione idilliaca: «Cavallin, di là da Motta di Livcnza. Divino pacs;! Divino tramonto!... Buona, nitida stanza. Per tutta la vita, lì. Case sparse tra il verde, parrocchia alberata, siepata, col solito campanile alla veneta. Gelsi, gelsi, passeri, passeri, passeri ». Gli animali sono protagonisti in questo diario di guerra, e anche le piante. Interessano gli uni e le altre a De Lollis più degli uomini, più della guerra. A un soldato scrivono che al paese ci sono state brinate. E De Lollis annota: «Addio i grandi occhioni delle viti». Viene in mente il lamentò virgiliano sulle « miti uve » malamente difese dai pampini contro la « grandine orrenda ». Un altro, e più patetico grido di rammarico: «Hanno ammazzato a pallottole di neve il mio povero scoiattolo ». E in un cambio di posizione: «Aperte le gabbie degli scoiattoli e dei tordi e merli alla mensa, f lessuno voleva uscire. Lo scoiattolo è tornato, i tordi pure, era tutto intorno un richiamo. Che schianto!». E' lo stesso De Lollis che scrive; durante le giornate di giugno '18 sul Piave: «Bisogna ispirare odio al soldato, perché il soldato non, può far la guerra 'bene che odiando ». Così pure, il vantatore ingenuo della propria intrepidezza scrive altrove: «Lo specchio mi dice che son vecchio » (sottolineato nel testo). « Le guance calano ». E ancora: «Male ai piedi, male ai denti, male „u fotid du coeur. Mi sento inutile io che ho sempre fatto le prime parti». Sempre lui, in codeste notazioni cosi diverse, Cesare De Lollis. Un'alta intelligenza, una tempra, morale di acciaio, una sensibilità comprendente tutte le voci della natura, un cuore aperto a tutte le squisitezze del sentimento. Un Uomo. Luigi Salvatorelli

Persone citate: Benedetto Croce, Cavallin, Cesare De Lollis, Colesanti, Gelsi, Giolitti, M. Colesanti, Motta, Pioggia, Rondini

Luoghi citati: Andraz, Caporetto De Lollis