Lettere al Direttore

Lettere al Direttore Lettere al Direttore L'Accademia strumento superfluo - Distinzioni giuridiche ed equità, di pene per i reati della strada Signor Direttore, Mi consenta di esprimere il mio pieno consenso alla lettera nella quale il collega Giorgio Abettl afferma che in Italia nessuno studioso serio sente il bisogno di una nuova Accademia. Alle ragioni da lui addotte, mi permetto di aggiungerne un'altra: che il partito al potere — quale che fìsso sia — dispone abbastanza strumenti per reclutare servitori nella classe intellettuale italiana, perchè se ne debba regalargliene uno, che era stato, grazie al cielo, abolito. Gaetano Salvemini Roma, 19 dicembre. Signor Direttore, La lettera < Le disgrazie della strada ed il Codice penale », del signor Pietro Scalfari di Vibo Valentia, non soltanto merita ma esige una risposta dl messa a punto. Suppongo che questa mia non sarà l'uni- ca; altri con migliori qualifl- che e con maggiori competen- ze potrà intervenire; io non sono un c pilota » nè un < giù-rista », ma ho la patente da 30 anni, avendone 50, e da 25anni faccio il magistrato. Fra le altre cose sensate che il sig. Scalfari scrive (assicu-razione obbligatoria per tutti;divieto di trasportare più di una persona, e talora è troppo 11111 ! 1 m 1111 m i 111 ! 1111111111 r 1 i m 111 t u 1 i i u 111111 i > 11 ! 111 a a , i anche questa, sui motocicli; severità di controlli per il rilascio delle patenti, ed in' proposito, oltre quelli psicosomatici, dovrebbe essere rigoroso 11 controllo della effettiva capacità di guida e della conoscenza delle norme dì circolazione e. della relativa segnaletica, di cui molti anche esperti guidatori sanno poco e male, mentre poco può importare agli effetti della sicurezza che uno sappia ".om'è fatto e funziona il motore e molto invece il funzionamento del freni, ecc., ecc.), fra le altre cose sensate alcune sono press'a poco il contrario. La gravità della pena non ha mai servito anche soltanto a diminuire i reati; è statisticamente e comparativamente provato; è la certezza della pena, se mai, non la sua severità, che spesso vuol dire eccessività, che può avere qualche effetto positivo e benefico. Ma questo concerne i delitti o : dolosi, evidentemente; ed il sia 1 gnor Scalfari vorrebbe ricono durre a questa categoria an- che quelli che sono e si chia- mano colposi. Non è certo il - , luogo questo di discutere di n colpa, dolo e preterintenzione, -1 di previsione e di prevedibilla ! tà, di volontarietà della con51 dotta, di non volontarietà deil'evento, di causalità, ecc., ecc.; e che' non sono sottigliezze giu-1 ridìche, ma concetti reali e ;. concreti, conquiste della civili | tà, che nessuno più si sogna o 1 di rimettere in discussione. La i 1 non volontarietà e gli elemen- ti costitutivi della colpa, ne- SffiSSss Scalfari, inadeguato per contraddittorietà evidente, ma, essi, più il rapporto di causalità, gli elementi costitutivi del reato non doloso. II precedente Codice penale, art. 371, puniva l'omicidio colposo colla detenzione da tre mesi a cinque anni e colla multa dà L. 100 a 3000; il vigente, colla reclusione da sei mesi a cinque anni. Il diverso nome della pena detentiva ha riguardo ad una distinzione che allora si faceva e che la politica criminale fascista ha ritenuto di abolire perchè superata, dando lo stesso nome generico al reato ed alla pena si tratti del fatto più lieve e non disonorevole o del più grave e nefando. Il Codice penale francese, art. 319, commina la pena AeWemprisonnement da tre mesi a due anni e della amende da 12.000 a 360.000 fr. Nè consta che il mantenimento della ottocentesca distinzione, anche più netta nella giurisdizione francese, e la minore gravità della pena detentiva francese producano in quel territorio un maggior numero dì incidenti stradali, o meglio che la più grave pena italiana ne impedisca, evidentemente per il meccanismo della intimidazione esemplare, un maggiore numero o comunque ne faccia succedere un minore numero. Ci vuole altro! miliardi che ci sono o non ci sono, non si sa bene, da spendere per le strade, la circolazione sulle quali rende, e come!, allo Stato; segnaletica chiara, efficiente, ecc., conforme agli obblighi assunti firmando sono ormai sei anni la convenzione di Ginevra; educazione ed istru- a e n i a zione, <Bien conduire et le bien conduire », conforme al motto di un-indipendente quindicinale francese di automobilismo; ma valido per tutti. Come è scritto che la Legge è uguale per tutti anche la strada è uguale per tutti. Uguale, senza entrare in disquisizione astratta, in senso tecnico e giuridico insieme, cioè concretamente relativo al mezzo, alle circostanze, ecc.: quindi non solo il possente autotreno, la veloce autovettura, ecc., ma anche il pedone, il ciclista, tutti gli utenti della strada hanno prima che dei diritti del doveri, e tutti li devono ad uguale titolo osservare, essere attenti, diligenti, prudenti, rispettosi delle regole e norme, ecc., tenere un contegno adeguato, rettilineo, uniforme. Sull'affidamento poggia, deve poggiare la circolazione; non può non essere così; e tutti se lo mettano in testa ed agiscano in conformità. Metà degli accidenti non si verificherebbero. Lo sa il sig. Scalfari che gli incidenti con danno a bambini sono notevolmente diminuiti, perchè stanno anche istintivamente imparando ad andare per la strada? Che in ogni incidente, in media, giocano press'a poco col medesimo peso il fortuito, la colpa dell'uno e dell'altro dei protagonisti? Che la forte velocità, o anche relativamente sostenuta, se necessariamente ha sempre una efficienza sulla gravità del danno o sulla impossibilità di evitarlo, anche quando era legittima, cioè nel dinamismo fisico dell'incidente, spesso non ne ha alcuna nella sua produzione, cioè come causa efficiente giuridicamente rilevante? Che la velocità pura o eccessiva se mai e per lo più uccide chi la esplica o in qualche modo vi partecipa? Quelli che fanno della1 velocità pura per le strade, sono dei pazzi, d'accordo, anche se vanno per i loro affari, anche se hanno tutte le migliori ragioni di arrivare presto, perchè la strada è una pista a due dimensioni, spesso stretta, male tracciata, disordinatamente ingombra, ecc., e non l'aperto cielo a tre dimensioni. Ma sono meno di quello che si può o vuole pensare. Si frequentano le strade per lavoro, per affari, per turismo; ed anche quest'ultimo non è motivo di inferiore dignità agli altri, se non su di un piano culturale addirittura superiore. Sono pochi, sono i meno che vanno e corrono sulla strada soltanto per correre; purtroppo ve ne sono e purtroppo spesso con mezzi inadeguati, che non sanno dominare o da cui pretendono prestazioni assurde. Ora, per punire questi pochi, quando hanno fatto il male, 1 mezzi a disposizione sono sufficienti e non deve essere nep» pure pensabile di colpire tutti gli altri. Come quando l'estate scorsa seriamente si parlò di proibire l'auto-stop, perchè si era verificato qualche inconveniente in un senso o in altro, senza volersi rendere con» to, sul piano giuridico, a parte ogni altra considerazione, quale radicale limitazione della libertà tale proibizione importava o presupponeva. Luigi Burato Padova, 19 dicembre.

Persone citate: Gaetano Salvemini, Giorgio Abettl, Luigi Burato, Pietro Scalfari, Scalfari

Luoghi citati: Ginevra, Italia, Padova, Roma, Vibo Valentia