Il treno cinese che diventa casa di Enrico Emanuelli

Il treno cinese che diventa casa Il treno cinese che diventa casa (Dal nostro inviato speciale) Slan, dicembre. Da più di un mese mi trovo in Cina, ma soltanto oggi per la prima volta ho tra le mani un orario delle ferrovie. Di colpo la vastità del Paese non mi appare in chilometri, ma in giornate e notti di viaggio. Ecco una unità di misura più afferrabile e, sebbene possa sembrare un controsenso, persino più visibile: infatti giudico subito che cosa siano un giorno ed una notte di viaggio perchè li vedo e li sento; al contrario milleduecento chilometri, quanti in media se ne percorrono in ventiquat.tro ore, mi rimangono nella mente imprecisi e vorrei dire oscuri. Sull'orario le colonne dove sono elencati i nomi delle varie città ogni tanto si interrompono ed un piccolo segno convenzionale fa capire che si deve ricominciare la lettura dall'alto e su una diversa colonna: il viaggio dunque continua, ma questo significa che una giornata ed una notte sono già trascorse. Ci sono sei giorni e sei notti tra Canton ed Harbin; ci sono tre giorni e due notti tra Pechino e Sciangai; ci sono quasi quattro giorni e tre notti tra Pechino e Lanchow; e cosi ho detto, naturalmente, gli itinerari che già conosco. Simili notizie possono far capire una frase che avrei voluto mettere come inizio a questi miei appunti: sui treni cinesi si abita. Lo scompartimento si tramuta subito in una stanza* e se il caso vi ha messo qualcuno vicino, più che di un compagno di viaggio si tratta di un coabitante. Nei nostri scompartimenti si entra con animo leggero e disattento; qua invece se ne prende possesso. Per conto mio è come se facessi sempre un curioso trasloco, passando .dalla camera deli' li _u_ -L:~ l'albergo alla camera che chiamerò ferroviaria: essa ha una doppia grande finestra aperta per migliaia di chilometri su un paesaggio che si rinnova. Il treno, dunque, per due o tre o quattro giorni diventa casa. Come in una casa ci sono i servizi: potrete farvi dare pranzo e cena restando nello scompartimento; procurarvi libri, giornali, riviste; avere tè bollen», frutta, caramelle in qualsiasi istante. In quei, giorni potete fare amicizia con i camerieri, con la direttrice del vagone riservato ai bambini, con l'inserviente che ogni due o tre ore viene per vedere se deve mutar l'acqua nella sputacchiera, per vuotare il portacenere, per spolverare i'vetri e per scopare il pavimento. Una volta feci dire ad uno di questi zelanti pulitori, sopraggiunto perentorio a disturbarmi, che se ne andasse via perchè i suoi servizi erano inutili: la sputacchiera non l'usavo, il portacenere era vuoto, il pavimento specchiava la pulizia. Mi guardò meravigliato e davanti alle mie insistenze rispose: «Io devo osservare gli ordini ricevuti » e, non potendo fare altro, con uno straccio umido si mise a lucidare il pavimento. Viaggi di tal genere danno senz'altro modo di afferrare aspetti d'una vita -altrimenti invisibile allo straniero. Una voi ta ebbi come coabitanti due mongoli di statura gigantesca, capa ci di bersi in dodici ore cinque litri di tè verde, sorseggiandolo con ritmo esasperante ogni due minuti; e tibetani avviluppati in lunghe sottane dai colori sgargianti capaci di sorridermi, per cortesia, dall'alba al tramonto. E poi, magari involontariamente, ognuno ritrova e manifesta le sue abitudini, le fisime, i tic; insomma si rivela con naturale e semplice intimità. Tra Lanchow e Sian viaggiava, nello scompartimento vicino al mio, una vecchia con due figli già sulla quarantina. Lo scompartimento era stato in pochi minuti arredato con fantasia: avevano improvvisato con due valigie un tavolo supplementare, avevano messo' alle pareti coperte colorate, negli angoli trionfanti canestri di frutta, il thermos con l'acqua calda era vicino alle tazze del tè. Durante il viaggio ricevettero visite ed organizzarono persino un simposio: la vecchia donna stava sempre sdraiata sul lettino ad accogliere gli omaggi ed a parlare (immagino) con sperimentata saggezza.. Ma scene come queste, o come quella di un tale che per tre giorni coabitò sopra la mia testi, nel lettuccio a lui destinato, notte e giorno in pigiama, senza mai scendere per il timore di disturbarmi, si vedono soltanto nella classe che chiamano a molle ». In quella definita « dura » (un tempo le classi erano quattro, ma oggi sono ridotte soltanto a queste due) lo spettacolo è diverso. Si tratta di un vagone diviso in quattordici sezioni, ogni sezione ha tre lettini da una parte e tre dall'altra, l'uno sovrapposto all'altro; e solo la disciplina dei cinesi riesce a non tramutare il dormitorio ambulante in una fiera del disordine. Non ho mai visto viaggiatori con cosi poca aria d'essere viaggiatori. Quelle sezioni che for¬ j mano, come ho detto, i vagoni di classe « dura », si aprono ratte su un lungo corridoio e siccome sono senza porte così nessuno può celarsi. Più d'una volta questo corridorio è diventato il mio punto d'osservazione. Vedevo un centinaio di uomini e di donne, ognuno padrone d'un lettino e tutti abilissimi nel farsi dimenticare. E ratti, aggiungo, tanto tranquilli, silenziosi, un poco trasognati da far pensare alla corsìa d'un ospedale. D'altronde l'immagine è quasi suggerita dal fatto che molti trascorrono l'intera giornata distesi sul giaciglio, come se aspettassero una visita. Sui treni sì può vedere, meglio che altrove, come il popolo cinese sia d'una cordialità di tono familiare e sempre pronto a raccogliersi in piccoli gruppi. Si può anche capire quanto sia ordinato, senza impazienze, amante del silenzio e del vivere quieto. In questi viaggiatori manca la così detta smania d'evasione; e siccome devono avere nel sangue il sentimento che il loro Paese è vasto, vario, mutevole come un intero continente, così rimangono sereni e senza meraviglie, come d'altronde succede al marinaio durante le lunghe navigazioni. Ma allora ci si domanda perchè siano costretti a viaggiare immersi in un continuo frastuono di musiche e di parole. Di solito ogni partenza è acjcompagnata da una musica tanto fanfaresca e tripudiarne che le mie orecchie di europeo rimangono ferite. Poi, lungo il percorso, altoparlanti messi in ogni vagone trasmettono dalle sei del mattino alle otto di sera musiche, canti, parole. E' una valanga sonora che non ha tregua. Quando tace la musica o termina il canto, si diffonde la voce d'una annunciatrice che viaggia sul treno, chiusa in uno stanzino che le è riservato. Essa spiega cento cose, salta dalla politica alla storia, dalla geogra fia ai consigli. Dice, per esem pio: «Camerati, stiamo per ai rivare a Sian. Preparatevi in tempo a scendere evitando di fare confusione. Guardate di non dimenticare nulla. Per quelli che continuano il viaggio avverto che la nostra sosta sarà di quattordici minuti. Vi consiglio di scendere e di passeggiare sulla banchina ». - Quasi sempre, durante i viaggi, sono andato a visitare queste annunciatrici. Mi racconta no che hanno frequentato un corso speciale e so che gli imbonimenti ed i consigli se li tengono scritti su un quadernetto di cui sono gelose. Un mattino, alzatomi molto presto, ne trovai una seduta al mio stesso tavolo del vagone ristorante. Aiutato ! I -111 ; N [ I! IM11111 i 111M ] 11 [ 1M M1M F11M ; 11 ] 1111 Illl dall'interprete parlavo con lei; ma ad un certo 'punto si alzò scusandosi che doveva correr via perchè di lì a poco saremmo arrivati ad una stazione: «Bisogna che trasmetta il disco della ginnastica» disse con molta serietà. Poco dopo eravamo fermi e da ogni vagone gli altoparlanti diffondevano una musica di ritmo molto marcato. Essa costituiva un sottofondo maestoso sul quale spiccava una voce maschile che diceva: «/, er, san, sze, vu» e cioè uno, due, tre, quattro, cinque. Quasi tutti i viaggiatori erano scesi sulla banchina, chi in maniche di camicia, chi in piginma e seguendo la numerazione compivano movimenti di ginnastica. / (aprivano le braccia, come un uomo in croce), er (si piegavano sulle ginoccl ia), san (buttavano in avanti la gamba destra), sze (ritirando la destra buttavano avanti la sinistra), vu (si rimettevano dritti in piedi). E, naturalmente, ricominciavano: uno, due, tre, quattro, cinque. Ancora una volta ratti costoro non mi sembravano viaggiatori. Ed infatti, finiti gli esercizi, non si sarebbe detto che risalissero in treno. Essi rientravano nelle loro case, riprendevano possesso delle loro stanze. Enrico Emanuelli a 1t 111 [ 1111111 ! 111j 11 m t > 111 : i p1111 < 111 [1111 e ■ [ 11 > i [11111 ]11 r

Persone citate: Sian

Luoghi citati: Canton, Cina, Lanchow, Pechino, Sciangai