Un terzo uomo al processo per l'assassinio di tre donne

Un terzo uomo al processo per l'assassinio di tre donne Un terzo uomo al processo per l'assassinio di tre donne Accusato dì complicità dal fratello e dall'amico, già condannati all'ergastolo in un primo giudizio Venezia, 16 dioembre. Alla Corte d'Assise d'Appel 10 s'è iniziato questa mattina 11 processo contro i contadini Benito Bagolin, di 28 anni, Giovanni Faccio, di 34 anni, e Gino Faccio di 22 anni, i due primi condannati all'ergastolo e il terzo assolto per insufficienza di prove. I tre .sono imputati di aver assassinato la moglie dell'agricoltore Angelo Baratto, Albina Princivalle, e le sue due figlie Teresa, di 28 anni, e Maria, di 19 anni. Nella gabbia, fra i due condannati all'ergastolo, sedeva un carabiniere per evitare che, accusato e accusatore venissero alle mani, com'era avvenuto durante i processi precedenti, dato che il Bagolin è l'unico accusatore di Giovanni Faccio. Gino Facr/io, che è a piede libero, sedeva invece sulla panca davanti alla gabbia. Il primo degli imputati ad essere interrogato è Benito Bagolin, che conferma quanto dichiarò alla Procura un mese dopo la sua condanna all'ergastolo. La sera del delitto si recò da Gino e Giovanni Faccio. Quest'ultimo lo avvertì che in casa Barotto erano rimaste solo le donne. Tutti e tre, allora, si decisero, e recatisi in quella casa, uccisero la signora Albina e le sue due figlie. A domanda del Presidente l'ergastolano risponde dì avere fatto il nome di Gino Faccio molto tempo dopo il delitto perchè il complice non aveva mantenuto la promessa di aiutarlo. «Era stato fatto — egli dice — un patto tra noi tre, Quello che fosse rimasto fuori avrebbe aiutato gli altri ». Nega poi di avere colpito Teresa Barotto, che secondo lui deve essere stata uccisa da Giovanni Faccio. E' stato quindi interrogalo Giovanni Faccio, che giura di essere innocente ed afferma che se è stato lui a parlare per primo d'uno scalpello usato come arma, è perchè tale particolare gli era stato detto dai carabinieri, i quali l'avevano saputo dal Bagolin. Presidente — I carabinieri ancora non lo sapevano. Cercate di ricordare bene. Giovanni Faccio -■ I carabinieri e il giudice istruttore continuavano a dirmi: «Tu hai fatto questo, tu hai fatto quest'altro», e io, stanco, finivo sempre per concludere: « E va bene, scrivete quello che volete », poi mi facevano firmare. Presidente — Come mai siete arrivato al punto di accusare vostro fratello? ' Giovanni Faccio — Perchè era amico di Bagolin e insieme avevano rubato polli e nafta, e poi perchè la sera del delitto mentre Benito si trovava a casa min, ho visto che fra lui e Gino si sono scambiati un'occhiata d'intesa Ma alla richiesta del Presi¬ dente se confermava l'occhiata d'intesa, Giovanni si fa un attimo pensoso e poi non esclude che possano essersi soltanto salutati. Nega quindi di aver dato incarico a un detenuto di riferire al Bagolin: < Di' al Benito che lasci liberi me e mio fratello, altrimenti coinvolgo nel delitto suo padre e suo fratello, anche se sono innocenti». ' Il terzo imputato, Gino Faccio, si richiama ai precedenti alibi, sostenendo di essersi trovato, mentre il crimine veniva commesso, a Villa Bartolomea, presso sua sorella. Il Presidente si rivolge allora al Bagolin e gli chiede: — Voi invece insistete nell'accusa? « Insisto », risponde il Bagolin. A tarda ora, conclusi gli interrogatori degli imputati, la Corte ordina la parziale rinnovazione del dibattimento decidendo dì recarsi domani sul luogo del delitto per un sopraluogo, j

Luoghi citati: Venezia, Villa Bartolomea