Attraverso pubbliche confessioni i contadini dimenticarono il passato di Enrico Emanuelli

Attraverso pubbliche confessioni i contadini dimenticarono il passato LA CINA Gì O PER GIO Attraverso pubbliche confessioni i contadini dimenticarono il passato Dopo la vittoria bisognava portare quella gente umiliata fuori dal pozzo di miserie morali nel quale viveva da secoli - Gli sfoghi in piazza, davanti a tutti • Il provvedimento, giocalo su sottili fattori psicologici, ha avuto come effetto una profonda riforma umana - Come venne distribuita la terra - Visita a non preparata» in un piccolo villaggio - Futuro ancora incerto (Dal nostro inviato speciale) Sian, dicembre. Un pomeriggio, tornando in auto verso Sian, una grossa città che un tempo è stata anche capitale, facemmo sosta a Kau Ti Pu, un villaggio di contadini. Finalmente nessuno aveva preparato la nostra visita ed infatti quando entrammo agricola non trovammo il solito tavolo con le tazze pronte per il tè e le scatole delle sigarette. Non c'erano nè tavolo nè sigarette; da bere ci diedero soltanto acqua calda; e proprio queste cose mostravano un'immagine sincera e libera della vita cinese. Di villaggi, di contadini, di cooperative ne avevo già visti molti, senza mai provare il desiderio di scriverne. Mi dava fastidio sapere che ci guidavano in località modello, in mezzo a persone che avevano ricevuto la imbeccata; e poi mi sentivo imbarazzato dovendo parlare alla svelta di fatti, di pensieri, di sentimenti che riguardano cinquecento milioni di uomini e di donne: tanta è la popolazione che vive nelle campagne, che lavora la terra. Su questi milioni di uomini e di donne si rivolge adesso una grande azione politica del governo peróhè l'avvenire della rivoluzione socialista è nelle loro mani o, meglio, nelle loro teste. Da qualche mese tutte le attività organizzative del partito comunista sono in movimento per convincere'il contadino cinese che la sua salvezza è nella cooperativa; e che la cooperativa è l'indispensabile ' premessa al felice collettivismo. Per realizzare quest' ultima impresa bisogna, superare un groviglio di complicazioni psicologiche, che la rivoluzione stessa ha messo in moto. E, come si vedrà, bisogna far presto. Il primo a parlare A Kau Ti Pu, un villaggio come altri centomila, mi è sembrato di intravedere cose che prima mi erano sfuggite. C'è una retorica molto conosciuta, perchè aiutata da certa letteratura e da certo cinema, che mostra il contadino cinese sfruttato, rassegnato, incapace di sollevarsi da quel pozzo di umiliaiioni nel quale giace da secoli. Tutto questo è ormai finito. Il capo del villaggio ci accompagnò a visitare i campi dì cotone, alcune case, la scuola, un piccolo posto di pronto soccorso ; ed anche una piazzetta, che ha nel mezzo un grande albero. < Qui — ci disse — abbiamo fatto una cosa molto importante perchè ognuno di noi ha raccontato la propria vita ». Si guardò in girò un attimo, come cercasse qualcuno; poi alzando il braccio verso un uomo, che per caso stava proprio di fronte a me, aggiunse: « Ecco, si chiama Cian Huei ed è stato lui il primo a parlare ». L'episodio, che in questa occasione si ricordava, risale a cinque anni fa. Allora, subito dopo la vittoria dell'esercito omunista, con la rivoluzione armata trionfante, migliaia e migliaia di attivisti si erano sparsi nelle campagne, nei paesi, nei villaggi per realizzare la riforma agraria: era una promessa che bisognava subito mantenere. A quell'epoca, chi aveva buona e profonda conoscenza dell'animo dei contadini, dovette capire che prima del fatto materiale di togliere, la terra ai ricchi proprietari per ripartirla e consegnarla a chi non ne aveva, c' era un' altra operazione da compiere. Era più sottile, direi quasi più umana ed importante: bisognava far dimenticare le umiliazioni che i contadini avevano patito e portarli fuori dal pozzo di miserie morali nel quale vivevano da secoli. Ecco l'esempio che mi si offriva: quel contadino Cian Huei, che vedevo adesso di fronte a me molto tranquillo, anche lui come tutti gli altri vestito di teli blu, cinque anni prima aveva raccontato gridando a squarciagola che il ricco proprietario Cien Pe Li gli aveva rovinato Za vita e distrutto la famiglia. La storia non era molto complicata e nemmeno eccezionale nella Cina di pochi anni fa. Il ricco Cien Pe Li aveva prestato denaro ad un interesse d'usuraio al povero Cian Huei col disegno preciso di metterlo sempre più in difficoltà. Rovinato dai debiti il povero contadino era stato costretto a cedere prima di tutto il raccolto di grano, poi U suo piccolo pezzo di terra, infine una sua figlia di quindici anni, che era stata valutata una certa somma. Anch'io adesso mi guardavo intorno. Su quella piazzetta si erano riuniti quasi tutti gli abitanti del villaggio e vedevo occhi ridenti, facce serene, nè spavalde nè timide; e soltanto di quando in quando mi pareva che fossero agitate da una curiosità più che naturale per quella nostra presenza così insolita ed inaspettata. Mi venne una curiosità improvvisa. Domandai come era possibile, a distanza di anni, ricordare che proprio il contadino Cian Huei era stato il primo a parlare; e se per questo si meritava una speciale riconoscenza. Ebbi una risposta sorprendente: «Direi di sì — cominciò a spiegare il capo del villaggio — perchè nessuno allora voleva essere il primo a parlare. Tutti avevano paura ed anch'io non sape¬ vo decidermi. I giovani comunisti erano jenuti da Sian e ci incitavano a raccontare le nostre sofferenze, i torti patiti, ma nessuno aveva il coraggio dì fare una cosa simiZe. Poi si fece avanti Cian Huei, si mise con le spalle contro quest'albero e cominciò a gridare la sua storia mandando all'aria i timori che ci perseguitavano da generazioni ». Il capo del villaggio parlava con sicurezza, era persino impaziente perchè l'interprete non si spicciava nel tradurre. Alla fine disse, indicando col dito un uomo già vecchio, con la faccia che faceva pensare ad una pallottola di carta- stropicciata: « Quello parlò per un pomeriggio intero. Non lo si poteva più far tacere perchè si sfogava come un indemoniato. Cominciando dalla sua infanzia, aveva settant'anni di vita da raccontare ». Immaginai, e non era difficile, la scena di quei giorni, intorno all'albero della piazzetta: la vita a Kau Ti Pu era stata scossa con violenza e cosi era avvenuto in tutti gli altri villaggi vicini, lontani, più lontani ancora; così era avvenuto tn tutta la Cina. Guardando il contadino Cian Huei, e quell'altro che aveva la faccia come una pallottola di carta stropicciata li vedevo sorridenti e con l'animo in pace. Avevano avuto una soddisfazione che, forse, superava quella del vedersi ora piccoli proprietari o soci d'una cooperativa. E subito esclamai che la faccenda di quelle confessioni, di quelle requisitorie e di quelle accuse doveva essere stata lunga. Già avevo saputo che gli abitanti di Kau Ti Pu superavano di poco i settecento, che le famiglie erano centodieci e le persone che avevano raccontato la propria triste vita, gridandola a se stessi più che agli altri, novanta. < Eh, sì — mi fu risposto — la faccenda delle nostre confessioni durò quasi un mese ». Ricordo che si spegne Nessuno (almeno per quel che ne so io) ha posto, l'attenzione a simile vaZa?iga di racconti e. di sfoghi che per mesi e mesi si rovesciò dalle bocche di mi/ioni di contadini. E' uno degli aspetti più insoliti d'una rivoluzione sociale e non è difficile credere che sia soltanto di quella cinese. Quel che per lo più accade nel segreto dello studio d'un medico psicanalista, qua capitava all'aperto, in mezzo a centinaia di amici: il sacco, come si dice, veniva vuotato con energia e trovo che fu un espediente sottile per togliere di dosso a questi uomini che venivano spinti verso una nuova vita, il peso umiliante di quella vecchia che abbandonavano. Tale provvedimento, giocato su fattori psicologici che dicono con quale inteZZigenza venne guidata la rivoluzione nelle campagne, ha avuto buoni effetti e già Zi avevo visti in molte altre occasioni. Anzi, gli effetti sono stati ottimi, e così < liberatori », che. di rado ormai si torna col ricordo a quei giorni, quasi si trattasse d'una vicenda lontana nel tempo. Il caso l'aveva rievocata sulla piazzetta di Kau Ti Pu ed in maniera viva mi illustrava qual era stato il primo passo non verso la riforma agraria, ma verso una riforma umana. D'altronde non si può capire tutto il resto della storia di questi anni se non ai conosce bene un simile punto di partenza: meraviglioso e, nello stesso tempo, quasi incredibile. Per colmare un attimo dì silenzio, domandai che cosa avessero fatto dopo. < Dopo — mi disse il copo del villaggio — cominciammo ad organizzarci. Vennero altri attivisti e ci fecero capire che possedere la terra non significava nulla Quel che conta è il nostro lavoro ». Quadernetti misteriosi Tornammo vers la sede della cooperativa. Era una stanza disadorna, sulle pareti pendevano il ritratto di Mao ed alcune bandierine vinte come premio per il buon raccolto di quest'anno; il pavimento era di terra battuta, il soffitto l'avevano ricoperto con giornali incollati, ma ugualmente si sentiva il puntiglio della pulizia. In questa stanza per tre mesi mia specie di tribunale presieduto dai kan-pu fgZi attivisti specialmente istruiti per la riforma agraria) aveva lavorato per classificare i contadini in poveri o medi o grossi o ricchi; e per stabilire se tra i grossi ed i ricchi qualcuno aveva colpe speciali come sfruttatore; usuraio o despota, In tutta la Cina fu un'operazione colossale: le statistiche dicono che si trattò di esaminare i casi di diciassette miZioni di con/<.-*ini grossi e di ventun miliu 'i di contadini ricchi. Si agiva sotto la spinta di un fine non economico, ma soltanto sociale; e me ne accorgo attraverso le parole di questo capo villaggio, che chiacchiera tenendo gli occhi su un quadernetto che all'improvviso ha cavato di tasca. Là sopra ci sono poche cifre, ma abbastanza chiare e penso che tutta la rivoluzione nelle campagne è oggi scritta su centinaia di migliaia di simili quadernetti e a Pechino, al Ministero dell'Agricoltura, ci deve essere la somma di tutti questi appunti: la fortuna o la sfortuna della Cina comunista è racchiusa in tali pagine. Si parla sempre di mu, che è 'una misura di terra press'a poco uguale ad un campo di tennis; e siccome a Kau Ti Pu ce n'erano poco più di duemila, così ne diedero quasi tre ad ognuno dei suoi abitanti; e si capisco che le famiglie numerose si trovarono avvantaggiate. « Anche questa faccenda — mi dice il capo villaggio con orgoglio — l'abbiamo fatta con calma e bene. Ecco qua». SuZ suo quadernetto vedo cifre e nomi, che adesso non vale la pena di ripetere ad uno ad uno. E' una specie di diario, che si dilunga per otto mesi, il tempo che ci volle per definire la ripartizione della terra e per rendere definitive le diverse classificazioni. Mi si racconta, come esempio di giustizia, che anche ad un ricco proprietario di centodieci mu, gliene toccarono dodici: tre per lui, tre per sua moglie e tre a ciascuno dei due figli. Quel che si fece a Kau Ti Pu venne fatto in tutti i paesi, nei più sperduti villaggi della Cina e ci vollero quasi tre anni perchè l'immensa operazione fosse compiuta dalle province della Manciuria a queZZe del Sud; e sebbene non risolvesse nessun problema della produzione agricola, la si ritenne una grande vittoria politica. D'altronde ci vuol poco ad ammetterlo: da milioni di uomini avviziti e, come ho detto, umiliati hanno di colpo ricavato uomini ohe sono tutto il contrario; ma anche li hanno messi in un rapido e nuovo giro di pensieri, di sentimenti, di velleità. Come una specie di arma, che ricade su chi l'ha lanciata, milioni di piccoli proprietari comparivano nella vita cinese come una realtà che quasi contraddiceva l'essenza stessa della rivoluzione socialista. Bisognava in qualche modo imbrigliarli, soprattutto impedire che dai piccoli proprietari nascessero ancora quelli medi e poi quelli grossi;, e ben presto fu messo in moto un altro ottimo espediente psicologico. Me l'aveva annunciato lo stesso capo del villaggio dicendomi: «Possedere la terra non significa nulla, perchè quel che conta è il nostro lavoro ». La riforma agraria era così entrata in un'altra fase, forse la vera e definitiva, come cercherò di raccontare la prossima volta. Enrico Emanuelli

Persone citate: Cian, Mao, Sian

Luoghi citati: Cina, Manciuria, Pechino