Il 1955 è stato un anno di prosperità di Ferdinando Di Fenizio

Il 1955 è stato un anno di prosperità Il 1955 è stato un anno di prosperità I conti non sono ancora chiusi nè i totali definitivamente accertati. La « Relazione sulla situazione economica del Paese », del resto, non sarà presentata al Parlamento dall'on. Vanoni se non fra qualche mese, ma già, in dichiarazioni^ ufficiali, trapelano i primi dati sul nostro reddito nazionale. Si può dunque scrivere: l'ari: nata economica che in queste settimane si chiude fu di insperata prosperità per il nostro Paese. Il reddito nazionale lordo (disse l'on. Vanoni e confermò il sottosegretario al Bilancio Ferrari-Aggradi, ier l'altro, al Lussemburgo) si accresce, negli ultimi dodici mesi, del 7% circa su base reale; in misura dell'8% in moneta corrente. Sicché persino l'incremento del 1953 è superato. Quanto ai progressi in rapporto allo scorso anno, essi subito si apprezzano avvertendo che nel '54 l'incremento del reddito nazionale lordo, su base reale, fu del 4,6%, nonché del 6,3% in moneta corrente. A quali cause si deve fare risalire questa eccezionale prosperità, non sperata neppure dai compilatori del « piano Vanoni », i quali anticipano un incremento medio decennale del 5% nel reddito nazionale lordo? Detto in breve, al fortunato concorso di tre fattori. Per incominciare, l'annata agricola che fu eccezionalmente favorevole. Il raccolto del grano è pari a 86 milioni di quintali, 14 milioni in più dello scorso anno. L'unico punto nero, in questo quadro, è offerto dal raccolto di olive, che, tuttavia, sul prodotto nazionale lordo della nostra agricoltura ha un peso trascurabile. Poi, secondo fattore, i favorevolissimi risultati dell'annata industriale. Que. sta produzione aumentò-nei primi nove mesi del '55 del 0% circa, essendo le indù strie estrattive riuscite a controbilanciare validamente la strutturale crisi dei tessili. Infine, terzo non trascurabile elemento, il forte incremento nel turismo estero, che, ad annata conclusa, toccherà un nuovo vertice, forse i 12 milioni di individui, superando di gran lunga il massimo stabilito nel 1954. Così le attività terziarie, vale a dire quelle che producono servizi commerciali, di trasporto, ecc., sono state alimentate da nuova linfa. In conclusione: quando si tirano le somme riguardanti questa annata, si trovano miracolosamente ben poche zone d'ombra nel bilancio economico nazionale. Ed il reddito, come fu anticipato, aumenta del 7 per cento almeno. Ma per un altro verso le attese dei compilatori dello « schema Vanoni » possono dirsi realizzate nel 1955. Come si ricorderà ef«i, nel desiderio di assicurare, in capo ad un decennio, 4 milioni di nuovi posti di lavoro (a sollievo della nostra endemica disoccupazione ), avevano parecchio insistito sulla necessità che si addivenisse ad un aumento della percentuale che unisce gl'investimenti lordi al reddito nazionale lordo. Anzi una serie di misure furono allora ventilate per sorvegliare l'incremento dei consumi della nostra collettività e stimolarne, per contro, risparmi ed investimenti. Orbene, ogni cifra definitiva, a questo proposito, sarebbe fuori luogo. Ma è di certo significativo che l'on. Ferrari-Aggradi abbia assicurato, nel suo recente discorso lussemburghese, che il rapporto fra investimenti lordi e reddito nazionale, pari al 20,6% nel '53, salito al 21% nel '54, aumenterà ancora ulteriormente nel '55: forse ad una cifra di poco superiore al 22%. Sicché i rapporti del 24-25 per cento, utilizzati nello schema econometrico di sviluppo, non sembrano più così lontani e irreali come mesi fa si riteneva. Conseguenze? Già si possono notare: l'occupazione operaia, come ha accertato l'ultima indagine dell'Istituto Centrale di Statistica sulle « forze di lavoro », è parecchio aumentata nel 1955. Ma oggi si asserisce che il 1955 non soltanto ha dato occupazione ai giovani di nuova leva, ma in più ha ridotto la vera disoccupazione (dei disoccupati già occupati) di almeno 100150 mila unità. Un altro rimarchevole risultato. Che mai allora si dovrebbe concludere? Forse che il « piano Vanoni » si va realizzando, non palam sed clam; vale a dire più apertamente: non per virtù di economia programmata, ma per merito delle forze propulsive che già animano il nostro sistema economico; sicché di altro non ci si dovrebbe in futuro preoccupare se non di controllare, quanto più e meglio riesca, le pressioni inflazionistiche che, in ogni tempo e luogo, sono connesse a periodi di intenso sviluppo? Se ci si limita all'esperienza di questo primo anno, in quelle proposizioni, innegabilmente, vi è del vero. Difatti le nostre autorità economiche centrali furono più occupate nell'esercitare un'azione di freno sull'economia che a controbatterne fasi di rilassamento o di stasi. Ma non è detto che gli altri nove anni, invero piuttosto lunghi, che ancor ci separano dal 196*4, siano altrettanto fortunati quanto codesto esordio. Parecchie ragioni, al di fuori del nostro controllo, hanno sostenuto, infatti, tali favorevoli risultati. L'aumento delle nostre esportazioni, ad esempio, verso i Paesi europei dove minacciava l'inflazione, ha permesso di ridurre il nostro disavanzo commerciale, ohe è conseguenza, tra l'altro, delle maggiori importazioni, connesse allo sviluppo produttivo. E, d'altro canto, l'aumento degli investimenti privati esteri in Italia non soltanto ha rafforzato il nostro risparmio, nel creare maggior reddito e maggior occupazione ma ha migliorato altresì la situazione della nostra bilancia dei pagamenti, che costituisce per noi, pur sempre, un punto di minore resistenza, Orbene chi mai potrebbe assicurare che il 1956 sarà altrettanto fortunato della annata che si conclude ? Meglio, al solito, non addormentarsi su conquiste ottenute per merito, oltreché nostro, altrui. Meglio, come sempre, prevedere; anzi, prepararsi al peggio. Quanto mai opportuni sono, dunque, a questo proposito, i colloqui che fra l'altro si svolgono in questi giorni a Parigi ed a Roma come al Lussemburgo, per assicurare al nostro Paese quella collaborazione europea, che da sola può tutelare il nostro sviluppo economico a lungo rageio. E, nello stesso tempo, donare all'Europa un Mezzogiorno economicamente prospero e socialmente progredito. Ferdinando di Fenizio

Persone citate: Vanoni

Luoghi citati: Europa, Italia, Lussemburgo, Parigi, Roma