Democrazia ed onestà di Filippo Sacchi

Democrazia ed onestà Democrazia ed onestà C'è nella cronaca delle notte tra il 1° e il 2 dicembre, in cui si è preparata la decisione di sciogliere il Parlamento, cosi portando la crisi del regime democratico in Francia a quel limite estremo oltre il quale non c'è che o rovesciamento o rottura, un breve dialogo, un dialogo di due sole battute che sintetizza il dilemma fondamentale che posa l'esercizio della democrazia. Ci sono nella storia esempi di questi dialoghi che fissano un conflitto di principi: tale quello che Tucidide mette in bocca agli ateniesi e agli abitanti di Melos, e in cui 2300 anni prima di Hitler si prospetta tutto il dramma tra il principio di libertà e il principio dello spazio vitale. Questa volta non si tratta probabilmente di un dialogo storico, però è egualmente interessante per noi. Interlocutori il ministro Teitgen (M.R.P.) e il ministro Bourgès-Manoury (radicale) nel Consiglio dei Ministri radunatosi immediatamente dopo il voto di sfiducia. Eccolo: Teitgen: « Abbiamo contro di noi la maggioranza costituzionale. Bisogna approfittarne ». Bourgès-Manoury: « Sì, noi abbiamo il diritto di approfittarne, ma soprattutto Ù dovere di non approfittarne ». Che significa tutto questo ? Teitgen formalmente era a .posto. Poiché, battendo il governo con sei voti in più della maggioranza assoluta, l'Assemblea aveva posto da sè il governo nella posizione prevista dalla Costituzione francese del '51, di poter chiedere al Capo dello Stato la dissoluzione del Parlamento, Teitgen non faceva che trarne la conseguenza più favorevole per lui e per i suoi colleghi della coalizione di centro-destra: approfittarne per sciogliere il Parlamento, è fare loro le elezioni, tenendo il Bastone per il manico, cioè i prefetti, la polizia, e soprattutto quella famigerata legge elettorale degli apnarentamenti che Camera e Senato si erano concordemente rifiutati due volte di approvare. Mai si sarebbe presentata anco ra l'occasione di^ pigliare tanti piccioni con una' fava sola: un piccolo semplice decreto di scioglimento delle Camere! Dunque avevano il diritto di approfittarne. Ma, dice allora Bourgès-Manoury, più forte del diritto di approfittarne era stavolta il dovere di non approfittarne. Basta solo pensare a questo assurdo: se il governo fosse stato battuto con 312 voti contro 224. avrebbe dovuto dimettersi immediatamente, senza poter sciogliere l'Assemblea. Ma è stato battuto con 318 voti contro 218, e allora, siccome ci sono sei deputati in più che non han no fiducia in lui, Faure re sta, manda a casa il Parla mento, e fa le elezioni con la legge che gli accomoda. Ci può essere beffa più crudele e più svergognata del principio stesso su cui si fonda la democrazia, cioè il mandato rappresentativo ? O dovremo vedere un'altra volta questa farsa, che, pri ma di votare contro il go verno, i rappresentanti del popolo francese escano a contarsi accuratamente fuori in cortile per assicurarsi che non saranno più di 312 ? E', mi pare, questo il senso del sollazzato grido di trionfo del ministro Bonnefous: « Ne hanno messi troppi! » (di voti negativi nell'urna). Io sarei più cauto prima di ridere. Percl.è insomma la democrazia è una cosa seria, e bisogna stare attenti a farsene gioco: non sopporta gli scherzi prolungati. Ora si ha l'impressione che i francesi stiano tirando la corda. Tutto è fatto, si dice, per dare stabilità ai governi democratici, e quindi per difesa della democrazia. Ma è un curioso modo, questo, di difendere la democrazia, cominciando con il violare sfacciatamente con un cavillo la volontà sovrana del Parlamento, e quindi esautorando in partenza il principio perno delle istituzioni democratiche. Ed è un curioso modo di difendere la democrazia, l'imporre un sistema elettorale che defrauda masse intere di cittadini del diritto di rappresentanza. Si può fino ad un certo limite riconoscere una ragione all'apparentamento: finché vige una proporzionale, l'apparentamento può correggere ciò che essa ha qualche volta di ingiusto, difendere il diritto all'esistenza di correnti d'opinioni che, benché minori, hanno qualche cosa da dire per il bene del Paese. Ma non bisogna capovolgere i rapporti. Un sistema elettorale come il francese, per cui un partito che abbia ottenuto il 49 per cento dei voti, non ha diritto di avere per quel collegio nemmeno un rappresentante al Parlamento, perchè due partiti avversari apparentati, sommando faticosaments assieme i loro voti, hanno raggiunto il 51 per cento, riduce la sacra dignità del voto ad una barzelletta. Conosciamo l'antifona: è per difendersi dai comunisti. Ciechi, essi corrono alla loro rovina. Non capisco no che la forza della demo crazia è proprio in ciò che essi giudicano la sua debolezza: cioè l'assoluto rispetto delle regole del gioco, la lealtà verso gli amici come verr / gli avversari, il coraggio nella forza invincibile della propria fede e delle proprie idee. Quando mancano la fede e il coraggio, quando si incomincia a non sentire più il « dovere di non approfittarne », e si imbrogliano le carte, quando insomma ad una democrazia, per far fronte a coloro che propongono soluzioni rivoluzionarie e perciò abbaglianti, non restano a difenderla che vecchi parlamentari corrotti' e maneggioni e giovani ministri ci' nici, ho paura, ma è piutto sto in cattive acque. Ancora, per fortuna, da noi siamo lontani da quei punti. Ma segni premonitori appaiono da un po' di tempo anche tra noi, che avremmo torto a trascurare. Perciò dobbiamo continuare a tenere in questi mesi il riflettore puntato sulla Francia. Potrebbe essere la partita decisiva. Filippo Sacchi

Persone citate: Bonnefous, Hitler, Manoury

Luoghi citati: Francia