Implacabilmente accusato dai figli di avere avvelenato la loro mamma

Implacabilmente accusato dai figli di avere avvelenato la loro mamma Condannato a 14 anni in Appello per tentato omicidio Implacabilmente accusato dai figli di avere avvelenato la loro mamma "Aveva bisogno di molte cure, e lui sostituiva le medicine con il tossico» - "L'ho visto io mettere nel latte una polverina bianca „ - Anche i medici confermano il rinvenimento di arsenico negli alimenti (Nostro servizio particolare) Roma, 1 dicembre. Essere condannato per aver tentato di avvelenare la moglie ed avere fra i più accaniti accusatori i propri due figli: questa è stata la sorte di Mario Frezza, un mezzadro di Orte, al quale ieri mattina i giudici della Corte di Assise d'appello hanno confermato la condanna a li anni Eraldo ed Eralda Frezza, infatti, non hanno fatto nulla per risparmiare al padre la pena che gli aveva inflitta nel gennaio scorso la Corte d'Assise di Viterbo. Anzi, ogni qual volta il loro genitore ha cercato disperatamente di difendersi, il ragazzo di 18,.anni e la ragazza di 16 sono apparsi implacabili. « Siamo convinti che egli abbia cercato di avvelenare nostra madre >, hanno ripetuto concordemente i due ai giudici. Ed hanno spiegato con dovizia di particolari la ragione di questo loro convincimento. La prima accusa che inve¬ sti Mario Frezza è stata quella della moglie Sentina Monesi, una donna di trentasette anni, la quale ricoverata nel luglio del 1953 all'ospedale di Orte disse che la ragione di tutti i disturbi di cui lei soffriva e di cui i. medici non sapevano dare una spiegazione era suo marito. « Mario — ella spiegò, — che è un mezzadro del notaio Sconocchia di Tarquinia, sta cercando di avvelenarmi lentamente. Io non sono mai stata molto bene di salute. Ma mio marito ha sostituito le medicine prescrittemi dai dottori con del veleno ». E Mario Frezza finì in Corte d'Assise. Si difese affermando che l'accusa era il frutto di una fantasia. Ma una indagine più accurata accertò che effettivamente nella donna vi erano ancora tracce di avvelenamento arsenicale. I giudici lo condannarono a Ih anni La Corte d'Assise d'appello ha voluto, però, prima di decidere, tornare ad esaminare da vicino la vicenda e dopo aver ascoltato il protagonista, Mario Frezza (il quale ha confermato di essere innocente e d'essere stato accusato dalla moglie che voleva liberarsi di lui e vivere cosi con suo cognato di cui nel frattempo era diventata l'amante), ha deciso di chiedere dei chiarimenti ad alcuni testimoni, innanzi tutto a colei che avrebbe dovuto essere la vittima, la moglie. E Santina Moncsi ha confermato tutte le sue accuse: « Era min marito che mi preparava le medicine ed i pasti. Ed ogni volta, anziché . migliorare mi sentivo peggio ». Se ne è andata senza dare uno sguardo al marito cui aveva aperto in tal modo le porte del carcere. Poi è stata la volta di Eraldo Frezza, il figlio. <.Io — ha spiegato senza esitare e rendendosi conto che in tal modo segnava la sorte del padre — uno volta l'ho sorpreso mentre stava sostituendo una siringa con la quale avrebbe dovuto fare una iniezione a mia madre. Appena mi vide cercò di far scomparire la siringa sperando che io non mi fossi accorto di nulla ». siinslpEVsncatatvaalsCssr< Quello che ha detto mlo|acabile l'altra figlia di Mario Frezza, Eralda — è esattamente vero. Anch'io sono convinta che mio padre ha tenta, to di avvelenare mia madre. Voleva prepararle da mangiare. Andava personalmente a mungere il latte nel quale una volta disciolse una polvere bianca. — Ma sono tutte menzogne — ha reagito Mario Frezza dal banco degli imputati — sono tutti d'accordo con mia moglie per rovinarmi. Il colpo di grazia Mario Frezza l'ha avuto poi da due medici, il dott. Elvio Danieli, di Orte, e il prof. Giuseppe Ambrogini, di Perugia, i quali eessrdmsdAdhanno'a'plégaiò di~ave'r riscon- j ^trato nella donna tracce di avvelenamento arsenicale. I difensori hanno sostenuto che le accuse sono il frutto di una prevenzione e di suggestione alimentate dal pettegolezzo paesano. Mario Frezza, prima che i giudici si ritiras- I dzasiii(iiiiiftiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiifiiiitiiiiiiiiiiiiiiiila stufa la sera in camera di consiglio, ha insistito nella sua tesi; <Sono innocente, sotto io la vittima, non mia moglie». Ma la Corte è stata d'avviso contrario ed ha confermato la condanna.

Luoghi citati: Orte, Perugia, Roma, Tarquinia, Viterbo