10.700 casi di lettere anonime risolti con l'ausilio della scienza di Francesco Argenta

10.700 casi di lettere anonime risolti con l'ausilio della scienza PARLA LO "SHERLOCK HOLMES FRANCESE 10.700 casi di lettere anonime risolti con l'ausilio della scienza Tutte vicende torbide, tenebrose, con epiloghi, spesso, drammatici - Il dott. Locard ne è venuto à capo puntualmente, mirabilmente - E i suoi insegnamenti si sono propagati; hanno impresso una svolta ai tecnicismi investigativi (Nostro servizio particolare) Lione, dicembre.. Il dott. Edmond Locard, lo tSherlpcU Holmes franrese», come lo chiamano con affettuosa ed' ammirata confidenza i criminalisti di tutto il mondo (ma i criminali che egli ha concorso a smascherare lo considerano, piuttosto, uno stregone ed abbrividiscono al pensiero di ritrovarlo ancora sul proprio cammino) sta avviandosi verso gli 80 anni. Da cinque anni ha lasciato la direzione del Laboratorio di polizia scientifica di Lione, che egli aveva fondato quarant'anni prima, ed 'al quale ha dedicato, giorno per giorno, una attività che non ha, forse, l'eguale, nè in campo pratico ne in campo scientifico, e che ha fatto di questo istituto un centro di applicazioni tecnicV-lnvestigativ?. la cui eco ed i cui insegnamenti si sono propagati nel mondo. Estro ed « humour » Ma, prossimo, ormai, agli 80 anni, Edmond Locard conserva la vitalità e la vividezza dei suoi anni migliori. Continua ad occuparsi di un mucchio di cose (presiede, nella sua Lione, una decina di sodalizi a carattere culturale) e non cessa di tener d'occhio il panorama delle conquiste che va offrendo la scienza nel campo della criminalistica. Chi pensasse, tuttavia, che egli dedichi questi anni della sua verde vecchiezza a stendere le proprie memorie (e sarebbero di un interesse eccezionale, appassionanti e frissonantes più di un' romanzo.- poliziesco modellato' sugli 'schemi del grandguignolj si ingannerebbe! Locard attende a tutt'altro: va compilando l'opera che da tempo gli stava più a cuore: una catalogazione completa dei licheni della flora francese... Quanto ai risultati, spesso sensazionali, delle sue esperienze e ricerche nel campo della criminalistica, egli, li ha già segnalati al mondo degli stu-, diosi in una miriade di lucide e dense pubblicazioni, che vanno dal monumentale « Trattato di criminalistica », in sette grossi volumi, a tante altre opere minori, tutte valide ancora, e colme di suggestione. Senonchè della sua attività pluridecennale, dispiegatasi in mille sensi, lungo tutte le direttrici della evoluzione scientifica (fan testo, universalmente, tanto per ridurre l'esemplificazione ad un solo caso, % suoi insegnamenti sull'utilizzazione delle polveri contenute nei vestiti per l'identificazione dei cri «a? li) così come delle o. e che egli ha dato alle stampe, il dott. Locard è restio a parlare. Se accenna a discorrerne, lui, causeur instancabile e piacevolissimo, io fa con un tono di distacco e punte di humour che lasciano, ad un tempo, divertiti e perplessi, come quando, nell'intraprenderc la narrazione di un caso capitato sotto la sua osservazione, soggiunge; « Una bella signora viveva di espedienti... Ma questo capita di frequente nel, gran mondo...». C'è, tuttavia^ un tema sul quale egli non rifugge dal parlarn: quello delle lèttere anonime. Nella sua lunga carriera, gli sono stati sottoposti dai giudici più di 10.700 casi di lettere anonime: tutti tenebrosi, tutti apparentemente inestricabili; torbidi e sinistri nelle loro diaboliche volute; funesti e drammatici nei loro sviluppi e nelle loro conseguenze. Ebbene, in ogni caso, il dott. Locard è venuto a capo del mistero: per fondo e tenebroso che fosse. Sulla base di questa così ricca ed eccezionale esperienze^ egli ha costruito quella sua teorica deU l'anonimografla (intesa con questa espressione la mania di subissare il prossimo con una pioggia di anonimi) che è stata accettata universalmente dalla scienza e che ha condotto a constatazioni stupefacenti. Secondo Locard — e, nella sua soia, tutti i criminalisti — J'anonimografla ha da considerarsi come un brevetto di verginità. Capita ben di rado che gli anonimi siano redatti in termini innocenti e misurati. Poiché alla base dell'anonimo è l'intento di diffamare e vulnerare, il linguaggio prescelto dall'anonimo è sempre quello turpe, quello osceno, sia perchè offende nella forma, sia perchè dilania nella sostanza. Orbene — e può sembrare paradossale — nove volte su dieci questi saggi osceni emanano da giovani o giovanette che hanno avuto un'educazione esemplare ; che sconoscono o dovrebbero sconoscere le brutture della vita; che hanno, in società, un comportamento irreprensibile, usano, entro e fuori la cerchia dei familiari, un linguaggio corretto e castigato. Caratteristica sostanziale E' questa, certamente, secondo Locard, una delle caratteristiche, fra le più evidenti e sostanziali, dell'&xionimografia. La baronessina Maria de Morell, sedicenne, cresciuta in un ambiente di un'austerità assoluta, dove la virtù era un imperativo o la regola dominante, fece condannare il ten. De La Ronderò accusandolo, con una serie iterata e perversa di anonimi, di atti innominabili, che ella descriveva minutamente, con una fantasiosità accesa, ina con un'assoluta, formale verosimiglianza di situazioni modalità e meccanismi. Il caso della baronessina sedicenne è ormai remoto, ma al pari con quello stanno altri casi recentissimi e recenti. Racconta il dott. Locard: — Una signorina, educata al Sacro Cuore, di eccellente famiglia, pia, caritatevole, di condotta esemplare, ha scritto, sui giovani che incontrava in società, le cose più nefande. E questi suoi saggi perversi ella faceva pervenire ai parenti, ilare e soddisfatta se la sua offensiva diffamatoria sortiva effetti penosi e drammatici. Una giovane, di 25 anni, litigiosissima, al pan della madre, ha scritto, in collaborazione con lei, centinaia di anonimi con un contenuto di oscenità al cui confronto la Garsonne appare un libro innocente. E che dire di Angele Lavai, l'autrice delle lettere di Tulle t Furono migliaia, tutte sconce, infamanti, intessute di brutture. Ebbene, Angele Lavai era una ragazza di una condotta esemplare, di un linguaggio castigatissimo e controgeni, in linea morale, neppure l'accusa, dopo tante indagini, potè elevare alcun appunto. Un caso-limite L'affaire di Tulle è un po' il caso-limite in questa materia, per quanto il dott. Locard sostenga che J'anonimografla continua ad avere insospettati cultori ed il malvagio andazzo di diffamare e vulnerare attraverso l'anonimo, lungi dal tramontare, ha finito per perpetuarsi e, potremmo dire, razionalizzarsi nel dopoguerra, tanto da costituire una delle più nere e deprecabili sòuillures del nostro tempo. Ma è proprio l'affaire di Tulle, con tutto 10 scompiglio ed i drammi che ha scatenato, che ha costituito per il dott. Locard 11 banco di prova della sua sagacia investigativa, della sua eccezionale abilità nella smascheratura degli anonimi. Di lì sono partite le sue scoperte e le sue sensazionali applicazioni future. Angele Lavai, cui si era unita la madre nel forgiare i testi infamanti (e vedremo, fra poco, attraverso la stessa parola del dottor Locard, come l'anonimografia sta terribilmente contagiosa) usava vergare con caratteri tipografici — il che richiedeva infinita pazienza e fatica — i suoi anonimi onde mascherare il proprio segno grafico. Quando » sospetti finirono per cadere su dì lei. Locard fu chiamato a Tulle: gli furono consegnati S00 saggi — un piccolo campionario della colluvie rovesciatasi sulla città — e, in un locale dell'ufficio di istruzione, gli fu fatta trovare Angele Lavai. Il dott. Locard diede subito inizio agli esperimenti. Sentiamo da lìti come ebbero a svolgersi : < La ragazza — poco più che trentenne, esile, bruna, con grandi occhi neri, intelligenti — ebbe subito delle crisi caratteristiche. Consentì a scrivere in caratteri ti¬ UlIIIIIIIIIIIIIIIlllllItllllllllIflIlllllllIlllllllllllll pografici, ma, per tracciare la prima linea del testo, impiegò più di dieci minuti. Ella ritornava sempre sui suoi segni, cercava di camuffarli, di deformarli. Le dissi che avrebbe dovuto riempire molte pagine ed ella rinunciò allora a continuare nella dissimulazione. Dopo poche linee, la identificazione già si rendeva possibile. Ma ecco, ben presto e con rapidità sorprendente, ella cominciò a creare un nuovo tipo di 'grafia, del tutto dissimile da quello degli anonimi e nel quale insistette una mattinata intera. Occorse la stanchezza di un secondo e lungo esperimento, per farla ritornare, Verso la fine della sèsta pagina, al segno grafico usato negli anonimi. La prova era raggiunta ed era concludente... ». A dispetto di questo, Angele Lavai non confessò: cercò la morte, insieme alla madre, e, sopravvissuta, mentre la madre perì miseramente, travolta dalla corrente del fiume, si Ottino a non capitolare. Ma non si è mai dato, osserva a mo' di conclusione il dott. Locard, che un anonimografo abbia confessato. E' una règola, cotesta, alla quale manca ancora l'eccezione, E, invece, è provato, provatissimo, che l'anonimografia è terribilmente contagiosa entro e fuori la cerchia dei familiari: — In un caso — spiega il celebre criminalista — ho visto il padre, la madre e il figlio collaborare strettamente nella fabbricazione degli anonimi; in un altro, una giovane sposa, la prozia, la sorella ed il fratello; in un altro, ancora, due giovani sorelle; nella più parte degli altri casi, marito e moglie; più spesso, ancora, la concubina e l'amante... Come difendersi dagli anonimografi? Quali i mezzi più idonei per reprimerne i torbidi impulsi? Il dott. Locard è scettico sull'efficacia intimidativa delle sanzioni che la legge commina. Le armi più valide sono la trique e la douche: il bastone e la doccia: — Ho visto, con l'uno e con l'altra, ottenere dei risultati decisivi e durevoli. — Ma ciò non toglie che l'anonimografia, come tanti altri capitoli della criminalistica, possa riguardarsi, al tempo stesso, come un capitolo della psicopatologia. Francesco Argenta

Persone citate: Edmond Locard, Estro, Ottino

Luoghi citati: Lione