Aria di crisi di Vittorio Gorresio

Aria di crisi Aria di crisi Roma, 18 novembre. Ogni giorno che passa diventa più difficile trovare la via d'uscita. Ieri si sono irrigiditi l'uno contro l'altro il segretario della D. C. ed il segretario del partito comunista: Fanfani ripetendo che voti democristiani non sarebbero mai confluiti sul nome di un candidato del PCI; Togliatti rifiutando sdegnosamente ogni suggerimento che gli veniva fatto prò bono pacis a rinunciare alla candidatura di un uomo del suo partito ad occupare uno dei quindici seggi della Suprema Corte Costituzionale. Togliatti parte dal principio che non sono ammissibili discriminazioni a danno di un partito che, avendo raccolto circa sei milioni di voti e contando 192 rappresentanti in Parlamento, non può essere ignorato. Fanfani obietta che nessuno più crederebbe alla sincerità della lotta anti-comunista impegnata dalla D. C. qualora voti democristiani contribuissero ad eleggere ad uua carica qualsiasi un uomo del PCI. Questa chiusura fra la D. C. e l'estrema sinistra è, come è noto, la cagione dell'arresto nelle votazioni per i giudici della Corte; ma la situazione si è complicata ulteriormente per la rottura dei rapporti praticamente avvenuta anche fra la D. C. e la destra. Si .ricorda, difatti, che mercoledì sera i democristiani cessarono di votare, per il senatore Condorelli, candidato monarchico - missino alla funzione di giudice; oggi, gravando maggiormente la mano, hanno escluso ogni esponente della destra dalla rosa dei candidati a rappresentare l'Italia nell'assemblea della C.E.C.A. Perciò, per ovvia rappresaglia, le destre oggi hanno negato il loro votò ai candidati del centro ed è venuta quindi a mancare la costituzione della nostra rappresentanza a Strasburgo. Dei nove componenti soltanto due sono riusciti eletti: Cavalli un po' per caso e Pella per motivo del prestigio che egli gode a titolo personale negli ambienti di destra. I due rifiuti della D. C. verso sinistra e verso destra sono due fatti nuovi. Nella precedente delegazione italiana presso la CE. C.A. la destra aveva un rappresentante nella persona dell'on. Selvaggi. Costui è uscito dal partito monarchico e sta muovendo a grandi passi per allinearsi con il centro (gli si attribuisce l'intenzione di iscriversi al partito liberale) : perciò la destra avrebbe voluto designare un altro uomo. Si parlava di una probabile designazione dell'on. Cantalupo, che sarebbe stata una successione ovvia e pacifica: invece, al posto lasciato libero dall'on. Selvaggi, la D. C. ha voluto collocare un altro dei suoi uomini. Cinque d. c. su nove erano nella precedente delegazione; in questa che è da eleggere avrebbero dovuto essere sei. Ponendosi dal punto di vista della destra si comprende l'irritazione insorta in quel settore. Anche lo sdegno dei comunisti ha, d'altra parte, la stessa origine. Bisogna, infatti, ricordare che negli anni scorsi i d. c. non avevano sollevato alcuna preclusione nei riguardi di un candidato comunista per la Corte Suprema. Gli accordi raggiunti nel 1953 attribuivano due giudici alla D. C, uno al P.C.I., uno al P.S.I.: fu il quinto seggio che si era incerti ad assegnare che causò il fallimento delle votazioni del 1953. i rano in gara per il quinto seggio i partiti del centro laico e i partiti dell'estrema destra: la D. C. non si volle pronunciare nè per ^li uni nè per gli altri, temendo forse (si era nei primi mesi del governo Pella) di qualificarsi anzitempo. Così andarono a vuoto le elezioni, senza comunque che nessuno si fosse fatto avanti a sollevare il caso dell'inammissibilità di una candidatura comunista. Con qualche ironia un quotidiano non sospetto di simpatie per il comunismo, qua! è il Giornale d'Italia, ier l'altro osservava che la D. C. è caduta preda di un caso di coscienza tardivo poiché rifugge solo oggi da ima contaminazione che per due anni aveva considerato con acquiescenza, o per lo meno senza repulsióne. Oggi si è, invece, fatta intransigente nei confronti di tutti, e, se respinge Crisafulli dal soglio della Corte, disdegna pure che Cantalupo vada a prendere il posto di Selvaggi. Intransigenze di questo genere possono anche essere lodevoli in politica, a condizione di avere la forza di sostenerle: ma questa forza, che mancava nel 1953, manca tuttora alla D. C., che, anzi, attraversa proprio adesso una delle sue fasi più difficili. Ci si domanda, quindi, da che cosa siano dettati i nuovi atteggiamenti. Mandare a vuoto le elezioni degli ultimi tre giudici può nascondere il calcolo d'impedire la costituzione della Corte Suprema. Mandare a vuoto le elezioni dei rappresentanti a Strasburgo è invece meno facilmente spiegabile, poiché non è davvero la D. C. che può avere qualcosa da eccepire contro il funzionamento del primo e solo organismo europeistico esistente. Allora? Allora quasi c'è da pensare che in realtà non sia in gio co la Corte Costituzionale né la preoccupazione di curare i nostri interessi nell'assemblea della C.E.C.A. si tratterebbe piuttosto del proposito di dimostrare che con questo governo o addirittura con questo Parla mento non è possibile tirare avanti. L'aria di crisi si comincia a diffondere e già corrono vóci sulla necessità di anticipare le elezioni: nessuno ancora è disposto a credere che l'uno o l'altro evento sia inevitabile, ma lo fanno temere ogni giorno di più gli sconfortanti episodi delle ultime cronache parlamentari. Vittorio Gorresio

Luoghi citati: Italia, Roma, Strasburgo