Ricominciare di Luigi Salvatorelli

Ricominciare Ricominciare Nei giorni della conferenza di Ginevra fra i quattro capi di governo la « distensione » divenne discorso comune, e fatto generalmente riconosciuto — sia pure, da parecchi, a denti stretti e con strani contorcimenti. Essa però venne interpretata da molti, probabilmente dai più, in maniera non rispondente nè alla realtà dei fatti nè alla logica del concetto. Si intese, cioè, per « distensione », un componimento già ben avviato, e anzi inoltrato e prossimo a esser raggiunto delle questioni più ardue, dei dissidi più gravi, che da un decennio si ponevano fra i due maggiori sistemi internazionali. Questo, e nulla di meno, ci si riteneva autorizzati a credere, dal momento che le voci più autorevoli annunziavano la fine, 0 già avvenuta o prossima, della « guerra fredda ». Effettivamente, guerra fredda e distensione erano e sono- idee correlative: e la migliore definizione della seconda consiste nel considerarla come il superamento della prima. Senonchè, proprio qui nasceva l'equivoco: nel crédere che, una volta cessata (o sospesa) la guerra fredda, le questioni fossero risolte. Sull'equivoco specularono coloro che della distensione non volevano sapere, o almeno non si fidavano, e che pertanto della guerra fredda desideravano la prosecuzione e magari la intensificazione. Che di tali ce ne fossero in Occidente, non è dubbio; ma possiamo giurare (pur mancando di informazioni attendibili) che ce ne erano anche dall'altra parte. Con questo di peggio : che in Occidente il campo dei « duri » era occupato prevalentemente — non diciamo unicamente — da privati non responsabili, almeno presentemente, mentre in Oriente, in forza della differenza di regime e di ambiente, i « duri » non potevano non essere uomini di governo. La guerra fredda non era stata che una maniera particolare di trattare le questioni controverse* fra Oriente ed Occidente: maniera anormale divenuta metodo e programma, e che, così divenendo, aveva sconvolto completamente, e anzi virtualmente troncato, le relazioni generali e quotidiane fra Stati e popoli dell'uno e dell'altro gruppo. La differenza capitale fra la politica internazionale antica e la nuova, consisteva precisamente in questo: che una volta i dissidi particolari, anche gravi, fra «uesta o quella potenza, fra questo o quell'aggruppamento di potenze non alteravano sostanzialmente le relazioni politiche normali fra governi, e quelle sociali, economiche, culturali fra i popoli. C'era non solo la coesistenza materiale, ma la convivenza morale, la relazione umana. E' invece la scomparsa, o almeno la riduzione estrema, di codesta relazione umana, ciò che ha contraddistinto il periodo della guerra fredda. Nel ristabilimento di relazioni normali consisteva dunque, propriamente, la distensione; e a tale ristabilimento occorreva seguitare a lavorare per consolidarla. Il consolidamento ottenuto avrebbe creato il clima, e spianato la via, per la soluzione delle questioni particolari. Esaminando sotto codesto angolo visuale l'ordine del giorno della seconda conferenza ginevrina, concordato senza difficoltà a New York il 27 settembre fra i quattro ministri degli Esteri, si arriva alla conclusione che 1 tre punti in esso elencati avrebbero dovuto essere affrontati nell'ordine esattamente inverso a quello adottato: e cioè, cominciando dalle relazioni generali fra Est e Ovest, per passare al disarmo, e arrivare infine alla sicurezza euro^-- e alla riunificazione tedesca. Quest'ultimo era l'argomento più specifico, e altresì il più difficile: quello, notoriamente, per cui le posizioni delle due parti risultavano più distanti. Ove si fossero conseguiti buoni risultati negli altri, trattati nell'ordine suddetto, probabilmente si sarebbe visto che la materia della contesa, riguardo alla questione germanica, si riduceva a poca cosa, mentre gli spiriti che dovevano trattarla si sarebbero trovati nelle disposizioni più favorevoli. Venne invece affrontata per prima la questione germanica : importantissima, certo, e non accantonarle indefinitamente, ma non di particolare urgenza nè di immediata pericolosità. Per auanto si può capire, l'« uomo della strada » nella Germania occidentale (la parte di gran lunga più grossa) non sente l'assillo della riunificazione, pur desiderandola in massima e dichiarandola — se interrogato — indispensabile. Più di uno pensa, a ragione o no, che lo stesso governo di Bonn, o almeno Adenauer, non avrebbe per sè, in proposito, una fretta particolare. Ma Adenauer è costretto a insistere, e a farne una questione pregiudiziale, a causa dell'opposizione socialdemocratica, la quale rimprovera al Cancelliere di aver creato alla riunificazione un ostacolo insormontabile con l'inclusione nell'alleanza atlantica della Germania Federale. E ci si può domandare, senza troppa esagerazione, se dopo il ritiro di Churchill non sia Adenauer il direttore supremo della politica occidentale. Venuti dunque i quattro ministri a discutere della riunificazione, si è visto subito che il veto sovietico a una Germania riunificata e libera di unirsi all'organizzazione militare atlantica, permaneva intero. Nessun dubbio preventivo poteva esserci ragionevolmente su questa persistenza. Dove, invece, c'è stata . sorpresa autentica da parte degli Occidentali, è quando Molotov ha escluso una riunificazione immediata, mediante libere elezioni pangermaniche, anche a parte la questione militare, ed ha richiesto non soltanto un concorso formale del Governo della Repubblica Popolare tedesca al processo graduale di riunificazione, ma una sua influenza sostanziale sulla nuova struttura pangermanica. E' stato detto che Molotov domandava la sovietizzazione dell'intéra Germania. Non crediamo che l'U.R.S.S. pensi, come suo obbiettivo politico, a niente di simile; e che in sostanza si tratti per essa di man' tenere presentemente lo statu quo, e, quando la riu nificazione apparisse inevi nemtmcnNllcntlrspocgpstlnsmtbarqnplfvpgtamhi i 111 e i r 1111111111 ri 1111 gii iiifi tabile, di ottenere il mantenimento di certe riforme economico-sociali nella Germania orientale, uno statuto legale per un Partito comunista pangermanico, nonché un riconoscimento definitivo della frontiera OderNeisse. Ma è certo che, parlando come ha parlato, Molotov ha suggerito quella catastrofica interpretazione; mentre non ha raggiunto lo scopo — dato che se lo proponesse — di ottenere un qualsiasi affidamento su quei punti concreti da parte degli occidentali, i quali hanno mostrato (non ostante accenni non equivoci da parte del loro antagonista) di ignorarli completamente. * * Che il risultato della discussione germanica sia stato di alterare fortemente l'ambiente distensivo, è innegabile. A tale alterazione sarà da attribuire precipuamente il fatto che sugli altri due punti, su cui sarebbe stato possibile arrivare ad accordi concreti, sia pure particolari. e modesti, questi non siano stati ottenuti. Inutile, dunque, e neppure sicuramente effettuabile nello stato attuale d'informazione, precisare le diverse proposte e valutare i punti in contrasto. Lasciando agli uomini di governo di fare la loro parte tecnica, l'opinione pubblica occidentale dovrebbe domandare due cose: il mantenimento e rafforzamento della solidarietà europea e atlantica — non soltanto militare, ma politica, economica, morale —; e la ripresa del lavoro per l'avviamento di relazioni normali con i Paesi dell'alleanza di Varsavia. Una collaborazione volenterosa dell'altra parte è naturalmente indisnensabile per un simile obbiettivo. Sarebbe impossibile affermare che la condotta sovietica nella trattazione del terzo punto dell'ordine del giorno ginevrino abbia incoraggiato le speranze. L'onesta e precisa esposizione di Macmillan è stata illuminante in proposito. Luigi Salvatorelli iiimmi unni n iiiiiiimiiiiiimiiiu iimmiii

Persone citate: Adenauer, Churchill, Macmillan, Molotov

Luoghi citati: Bonn, Germania, Germania Federale, Ginevra, New York, U.r.s.s., Varsavia