Una riforma che si attua dovunque mentre in Italia non se ne fa nulla di Francesco Argenta

Una riforma che si attua dovunque mentre in Italia non se ne fa nulla Una riforma che si attua dovunque mentre in Italia non se ne fa nulla (Nostro servizio particolare) Parigi, novembre. L'esperimento cui si dà inizio oggi a St. Etienne, dove trenta detenuti, condannati a lunghe pene, sono immessi provvisoriamente nella società, avviati al lavoro negli opifici del luogo, senza che alcuno sappia alcunché della loro condizione di captivi (al termine della giornata dovranno rientrare in carcere e la loro attitudine ad essere reimmessi definitivamente nell'aggregato sociale sarà valutata in base al comportamento tenuto in officina e fuori dell'officina) farà scuotere la testa a più di uno — e sono tanti, ancora, purtroppo — di coloro che credono e giurano nella forza o nella ineluttabilità della pena-castigo, della penavendetta; che escludono ogni possibilità di ricupero dell'antisociale, tacciano di sognatori quanti sostengono che l'umanizzazione della pena non basta e che la esecuzione ha da avere per obbiettivo, insieme all'emenda, il riadattamento civile del condannato. Intorno alla validità, ma, anche, all'opportunità dell'esperimento, si disfreneranno le polemiche, ne possiamo essere certi. Ma la portata dell'esperimento è tale da trascendere e subissare la grettezza dei partiti presi, delle posizioni preconcette, dottrinarie od ideologiche, da cui le polemiche saranno alimentate. Del resto, sono anni che la Francia, sotto lo stimolo propulsore della Società des Prisons, va cercando di plasmare la sua organizzazione carceraria in armonia cogli indirizzi. suggeriti dalla scienza e dalle grandi correnti del pensiero internazionale. Ne è prova la istituzione dei cosiddetti < cantieri esterni », che ha un collaudo, ormai, di dieci anni, ed alla cui insegna più di duemila reclusi conducono una vita esemplarmente operosa e disciplinata. Sotto la scorta di un uni-co agente, se ne vanno al mat-tino, lavorano l'intera giorna-ta, rientrano la sera in carcere, per riprendere, il giorno dopo, lo stesso andirivieni. Talvolta, i < cantieri esterni » (costruzione di edifici o di strade, per conto dello Stato o di privati) sono situati a diecine e diecine di km. dallo stabilimento carcerario. Ebbene, scortati, sempre, da un unico agente, i reclusi, in gruppi da dieci a venti, se ne vanno al lunedì mattina, alloggiano in baraccamenti che essi stessi han costruito in prossimità del cantiere, tor- nano in carcere il sabato sera per trascorrere entro la cinta del reclusorio la giornata festiva. Essi percepiscono una rimunerazione che è pari, per uguale lavoro, a quella corrisposta ai lavoratori che" vivono in libertà. E questo — ove si abbian presenti le diatribe che hanno sempre accompagnato, da noi, i tentativi di rivalutazione del lavoro carcerario e le opposizioni pullulanti, sia nell'ambiente padronale che in quello sindacale, per l'allineamento, sotto il riliesso della mercede, del lavoro carcerario con quello comune — può costituire la ficelle capace di- condurre a rendersi conto del successo che ha, in Francia, l'iniziativa dei cantieri. Del resto, il problema del lavoro e del conseguente ri cupero sociale dei detenuti (quest'ultimo, come è ormai, scientificamente, assodato, e d6t?"ut'l al trattamento in stretta connessione o dipendenza con l'altro) costituisce un < problema sociale », come ha sostenuto nel recente congresso di Ginevra un criminologo svizzero di idee aperte e moderne, il prof. Jean Graven, di essenziale importanza, che postula una accorta e rapida soluzione. Di qui, anche, le conclusioni cui è giunto il congresso, la raccomandazione rivolta a tutti Paesi civili perchè facciano iargo.il più possibile e nei con-] fronti del più gran numero di del cosiddetto « regime aperto ». A dir vero, qualche Paese ha già precorso i voti e .le raccomandazioni del congresso. La Groenlandia, un paese sterminato come estensione territoriale (2 milioni di kmq.) ma minuscolo come popolazione (24 mila abitanti), ha visto promulgare dalla Danimarca, alla cui sovranità è assoggettata, un Codice penale che è il più moderno, il più evoluto del mondo. Al classico e tradizionale sistema punitivo, comportante una graduatoria di pene restrittive della libertà personale è sostituito un fitto sistema di misure di difesa sociale: niente carceri, e, invece, l'amorevole intervento della collettività. Il codice è stato elaborato da giuristi che credono nel verbo ultimo della scienza, anche se nei suol dettami è, rintracciabile, vaga ed evanescente, l'eco degli insegnamenti fluenti dalla tradizione cara agli elementi autoctoni. Nel 1935, il Tribunale di Upernavik condannò ai lavori forzati un tale che aveva aggredito selvaggiamente una fanciulla, facendo scempio della sua virtù, ma i giudici stabilirono che il bruto dovesse andare esente da pena se avesse acconsentito a sposare una donna steri/e e di scarsa intelligenza. Il criminale accettò quest'ultima soluzione e finì per innamorarsi della moglie, per prendere gusto alla vita coniugale, per divenire un uomo per bene. Ma se la sostituzione delle sanzioni punitive con le misure di difesa sociale appare, ancora, un mito difficilmente raggiungibile nella più parte dei Paesi (le idee camminano, ma quanti sbarramenti incontrano per giungere al traguardo!) il regime del-« carcere aperto » è già una realtà in tanti Paesi del vecchio e del nuovo mondo. In Svezia, su 3200 detenuti, un migliaio 6 poco più vivono in stabilimenti « aperti », da cui l'evasione è in ogni momento possibile, ma dove l'evasione non si verifica mai. E porterebbe in lungo ricercare le cause psicologiche da cui è condizionato il fenomeno. Ma il fenomeno si riproduce ovunque, là dove il regime del carcere aperto ha trovato applicazione: in Inghilterra, dove l'esperimento data dal '36, in Belgio, in Svizzera, negli Stati Uniti, dove i detenuti si trattengono coi parenti, l'intero pomeriggio della domenica, intorno alla moltitudine dei tavoli disposti accortamente nel parco, così da dare la impressione di una folla convenuta ad un garden party. E in Italia? Il regolamento carcerario definisce e classifica come « case aperte > gli stabilimenti di Alghero, Castiadas, la ili, Mamone e Pianosa, che sono le vecchie colonie agricole risalenti all'epoca umbertina, o giù di li. L'im mobillsmo è, anche in questo campo, la regola da cui è, o appare dominata, tutta la nostra vita collettiva. La Commissione parlamentare di inchiesta sulle carceri, nominata qualche anno fa, ha trovato, dopo aver percorso in lungo e in largo la penisola, che tutto andava bene. E delle poche raccomandazioni rivolte all'esecutivo, per una più razionale organizzazione degli stabilimenti, quali han trovato attuazione? Il problema carcerario sorge e si propone, da noi, quando, dalla cinta di un carcere, esce, querula e insistente, la voce di un sopruso o di un preteso sopruso. Tutti si agitano e gridano all'allarme, in Parlamento e fuori. Ma allorché si è trattato di riformare il regolamento carcerario, i parlamentari hanno lasciato fare ai funzionari: alle riunioni della Commissione di cui erano stati chiamati a far parte, hanno anteposto le riunioni di partito. E le riforme sono di là da venire. Francesco Argenta

Persone citate: Jean Graven, Mamone