I due anziani coniugi morti avvelenati dall'ossido di carbonio

I due anziani coniugi morti avvelenati dall'ossido di carbonio L'autopsia ha chiarito il mistero della sciagura di Chivasso I due anziani coniugi morti avvelenati dall'ossido di carbonio Gli infelici avevano lasciato chiusa la chiavetta di tiraggio della stufa (Nostro servizio particolare) Chivasso, 11 novembre. I due anziani coniugi Giuseppe e Felicita Reposi sono morti avvelenati dall'ossido di carbonio sprigionato dalla stufa. La causa del decesso è stata accertata oggi pomeriggio nel corso dell'autopsia dal professore Sergio Tovo dell'Istituto di medicina legale di Torino. Cadono pertanto le ipotesi di un delitto o di un duplice suicidio che si erano presentate dopo che era stata scartata la prima spiegazione di una intossicazione da funghi. Il mistero della morte dei due coniugi è stato di semplice soluzione. Il pretore capo dottor Minella ha concesso il nulla osta per la sepoltura e prima di sera le due bare sono state tumulate nella tomba di famiglia al cimitero di Chivasso. Dei figli era presente soltanto Enrico, che fa il guardiani! del telegrafo a Verres: gli altri due, Alessandro e Francesca, sono in Cile dove hanno due negozi di pasticceria a Santiago. Giuseppe e Felicita Reposi sono morti per una disgrazia. Purtroppo dovuta in buona parte all'imprudenza. L'autorità giudiziaria, chiudendo la istruttoria con un procedimento di archiviazione, ha ricostruito in modo chiaro la sciagura. Martedì sera marito e moglie verso le 7,30 si sedettero a tavola per cenare. Abitavano al primo piano di una casetta in via Cairoli 11. Una camera che faceva da tinello e da ingresso, la cucina, la stanza da letto. Mangiavano in cucina. Per scaldarsi si servivano di una grossa stufa a metano, smaltata in bianco. Avevano ridotto al minimo la fiamma e per evitare dispersione di calore per il camino avevano chiuso la chiavetta del tiraggio, come purtroppo si usa fare in tante case. Il prodotto della combustione — il terribile ossido di carbonio — invece di srlire per il tubo si disperse nella cucina saturando l'aria. E mentre essi cenavano avvelenò loro il sangue. In mezz'ora' o poco più persero conoscenza: il tempo di giungere alla frutta come provano le mele cotte al forno lasciate a metà. Non si accorsero dell'ossido di carbonio perchè questo è inodoro. L'unica sensazione che esso dà è un mal di capo ed una invincibile sonnolenza. La donna è stata trovata distesa sul divano: evidentemente andò a coricarsi nella speranza che passasse il malore. Il marito cadde presso il lavandino, forse voleva andare a prendere un bicchiere di acqua per la moglie, forse voleva sporgersi sull'acquaio perchè sentiva gli stimoli del vomito (effetto secondario dell'ossido di carbonio). La morte sopravvenne per ambedue un paio di or© dopo. Quando il mercoledì, a mezzogiorno, la lavandaia Agnese Bartolo, che portava la biancheria pulita, fece la macabra scoperta, in cucina c'era una temperatura di 35 gradi, perchè la stufa continuava ad ardere, e l'aria era irrespirabile. L'ipotesi che la morte fosse dovuta ai fungjhi avvelenati venne spontanea quando si osservò che nella padella c'erano ancora i resti di una peperonata con « famiole ». Giuseppe Reposi, pensionato delle Poste, benché avesse VI anno, era un appassionato cacciatore. Piccolo, grassoccio, gioviale, quasi tutte le mattine alle 6 andava a svegliare i suoi amici Giovanni Regls, titolare del chiosco di benzina, Luigi Cena, anch'egli pensionato, Domenico Pitti Ferreris, ferroviere, e Carlo Rota, il padrone della trattoria Corona: il Rota con la sua vecchia « balilla» portava tutti quanti per la campagna. In mancanza di selvaggina si accontentavano di mettere nel carniere qualche fungo. Così fecero ancora martedì mattina. Furono gli amici del Reposi a dire che a Montalenghe egli aveva raccolto delle « famiole » e che le aveva tenute benché essi avessero espresso il dubbio che non fossero commestibili. Ma le umili « famiole » sono risultate innocenti. _ tg. tr.

Luoghi citati: Chivasso, Cile, Montalenghe, Santiago, Torino, Verres