Colloquio di Gronchi con Segni, Merzagora e Leone di Enzo Forcella
Colloquio di Gronchi con Segni, Merzagora e Leone fi Parlamento elegge martedì I giudici costituzionali Colloquio di Gronchi con Segni, Merzagora e Leone Segni smentisce la voce di dimissioni in caso d'un risultato negaiivo ' Roma, 11 novembre. Gronchi ha convocato congiuntamente, nel pomeriggio d'oggi, al Quirinale, i presidenti delle'due Assemblee legislative, sottolineando così ulteriormente l'importanza che egli attribuisce all'elezione dei giudici costituzionali cui il Parlamento dovrà provvedere martedì prossimo. Leone, accompagnato dal segretario generale della Camera dei deputati, è andato a prendere, a Palazzo Madama, Merzqgora, anch' egli accompagnato tdal segretario generale del Senato, e tutti e quattro sono stati introdotti, alle 18, nello studio del Capo dello Stato. Ne sono usciti dopo un'ora e un quarto, pochi minuti prima che arrivasse al Quirinale il Presidente del Consiglio, il quale ha avuto anche lui un lungo colloquio con Gronchi. Nessuno, ovviamente, ha fatto dichiarazioni di sorta. E' facile identificare la materia degli incontri; per dire, invece, qualcosa sul merito, occorre affidarsi ad indiscrezioni ed alle voci di corridoio che non mancano mai in queste circostanze. Il Capo dello Stato, in primo luogo, avrebbe pienamente condiviso il punto di vista emerso nella recente riunione quadripartitica circa il diritto della maggioranza di eleggere tre giudici su cinque. Tra tante incertezze questo è uno dei pochi punti che si può considerare definitivamente acquisito. E' un punto, come abbiamo ripetutamente spiegato, che non avvicina alla soluzione del problema, perchè la maggioranza si è rifiutata anche di scegliere tra opposizione di destra ed opposizione di sinistra, ed ha avvertito che è disposta a votare i candidati della minoranza solo se essi saranno concordemente designati da tutti i gruppi della stessa, evento questo tutt'altro che probabile. Di fronte a queste difficoltà da qualche parte è stata allora avanzata la proposta di sospendere la votazione e porre subito in discussione la modifica del sistema elettorale in vigore, che richiede la maggioranza di tre quinti per rendere valida l'elezione. Sceiba, ieri sera, ha fatto sapere che è pronto a prendere una iniziativa del genere: oggi si è associato a lui Pacciardi, e lo stesso Merzagora avrebbe mostrato, nella mattinata, una certa propensione per il rinvio. Ma — restiamo sempre nel campo delle indiscrezioni e delle voci — nella piccola conferenza dei presidenti una tale eventualità sarebbe stata nettamente scartata. Le Camere sono state già solennemente convocate per le ore 16 del 15 corrente ed una proposta di rinvio delle operazioni di voto potrebbe essere presa in considerazione soltanto nel caso — puramente teorico — che nessun parlamentare vi si opponesse. Leone, cui spetta la presidenza della seduta, indirà la votazione, e, se essa non apporterà ai candidati il necessario numero di voti, ne indirà un'altra, ed un'altra ancora, continuando non — come è stato inesattamente detto — fino « ad esaurimento >, ma fino a quando non risulterà chiaro che l'intesa tra i raggruppamenti politici è praticamente impossibile. Le speranze che si raggiunga un accordo prima dell'inizio della seduta sono ormai molto tenui. Tutta l'attenzione, invece, si sta spostando verso quello che potrà avvenire tra una votazione e l'altra. Si verificherà una situazione analoga a quella cui si assistette nel maggio scorso durante l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Nella prima votazione la maggioranza, come oggi hanno concordato i rappresentanti dei gruppi interessati, voterà soltanto i suoi tre candidati: Cappi, Cassandro e Ambrosini o Salomone. Non riusciranno eletti poiché occorrono altri voti che le opposizioni logicamente non daranno senza una contropartita. Negli intervalli tra le successive votazioni, pressati dalla prospettiva del fallimento, i gruppi vedranno allora se è possibile smussare le reciproche intransigenze. C'è bisogno di una rinuncia, sia pure solo formale, che quasi certamente penserebbe poi Gronchi a ristabilire l'equilibrio: Bonomi, a nome dei coltivatori diretti, che contano tra i parlamentari d. c. una quarantina di portavoce, ha detto oggi che in ogni caso essi non voteranno il candidato comunista. Il Presidente del Consiglio ha nettamente smentito la decisione che gli era stata attribuita di dimettersi nel caso che non si riesca ad eleggere i tre candidati della maggioranza. « Il desiderio — ha rilevato ironicamente — fa a volte vedere anche quello che non è vero ». La voce è nata da una frase di Saragat, anch'essa male interpretata. li leader del partito socialdemocratico aveva detto che Segni gli aveva annunciato il proposito di dimettersi se venissero eletti solo i candidati della maggioranza e quello della destra, poiché in questo caso ne sarebbe derivata una caratterizzazione ben diversa da quella della maggioranza governativa. Era un avvertimento alla D. C. di non farlo trovare di fronte ad un fatto compiuto. Con un senso, quindi, ben diverso da quello che gli è stato dato. Enzo Forcella ■iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimmiiiiii niiiiiiiiiiiiii
Luoghi citati: Roma
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