Il Piccolo Teatro della Città di Torino

Il Piccolo Teatro della Città di Torino Il Piccolo Teatro della Città di Torino Inizio delle rappresentazioni con «Gl'Innamorati» di Goldoni e ttn «proverbio» di Alfredo De Musset o e o a a a a n , s e a o a o . 1 i ; ; a i ; a a l a o o l o o , n . i o Il «Piccolo Teatro della Città di Torino» ha dato iersera la sua prima rappresentazione al «Gobetti»; ed ha scelto uno spettacolo cordiale. Nulla di più amabile, e spiritoso, e divertente, nulla di più familiare degli Innamorati di Goldoni. E' una commedia « classica», che si legge a scuola e che si ricorda e si cita volentieri; ed è esempio e modello di piacevolezza teatrale. E prima di Goldoni, un festevole « proverbio » di Alfredo De Musset: Non si può pensare a tutto. Serata dunque che si affidò, e con successo, al bel garbo e agli allegri sorrisi. Gl'Innamorati sembrano molto facili, e sono molto difficili. S'intende, per gli attori. A prima vista e teatro bell'e fatto; così incalzante, così vivo, con quel dialogo che scatta, con il fraseggio incantevole, con le « arie » staccate e per dir così concertanti, e le macchiette, il colore, la vocalità meravigliosa, il dramma lieve... Ma poi; a seguire e ricavare i sensi molteplici e capricciosi, sentimentali e verbali, dei personaggi e delle situazioni, a sottolineare o sorvolare gli accenni intimi e delicati, a non essere manierati o falsi o preziosi, ma anzi sinceri semplici schietti come lo scrittore esige, a dare insomma voce e figura a una commedia così teatrale e cosi « vera», ci vuole esperienza grande e sicurissimo istinto. Perchè quando si è detto che Gl'Innamorati sono forse la più divertente commedia italiana, non si è detto tutto; in questa commedia divertente v'è una vena forte, un'osservazione acuta, una moralità psicologica che sfiora il dolore e tocca appena, ma stupendamente, la piagata realtà della gelosia d'amore. Sotto la civetteria settecentesca e la domestica bonarietà occhieggia l'abisso di un egoismo crudele. Eugenia non è soltanto la fanciulla innamorata, un po' scontrosa, un po' puntigliosa e dispettosa, che fa le bizze, lunatica e stramba; Fulgenzio non è soltanto il giovane di sangue caldo, tutto impeto e furore, che non si domina, sempre in estasi, sempre rapito nell'entusiasmo o nella disperazione, sempre pronto agli eccessi; non sono essi soltanto due ragazzi inesperti che subiscono le prime prove d'amore; più che gli < innamorati », sono già gli « amanti ». Il loro male, checché si dica o accenni nella commedia stessa, e che sono fumi, e che il matrimonio li guarirà, il loro male è più profondo e intrinseco; è Io struggimento immedicabile dell'amore-passione... Queste cose, Goldoni, da quel grande maestro d'arte e di vita ch'egli era, le suggerisce svelto, ma ci sono tutte; e danno alle scene il gusto sapido, quel che di profondo, e ne fanno un capolavoro. (Non trascurino gli attori tanta finezza di cenni e di allusioni). Eugenia è poi, nella commedia, la dominatrice; il suo carattere sarà forse un po' particolare e capriccioso, ma è soprattutto donnesco, con l'imperio lusinghiero e aspro, con la delicatezza tenace; e Fulgenzio è il debole, è l'uomo sensibile e vinto... La giovane attrice Lucia Catullo, che abbiamo ascoltata ieri sera, ha rappresentato Eugenia molto graziosamente; era cosi gentile, intenerita, che ha suscitato subito un'onda di simpatia e di cordialità. La sua recitazione è lieve, i toni scorrenti e smorzati. Era piacevole seguirne l'innocente malizia, i giochetti sentimentali, i sospiri, i dispetti. Ma forse fu troppo diclamo così « bambina », troppo patetica, a scapito dell'impeto nervoso, della contraddizione aggressiva, dell'estro avverso e affascinante dell'Eugenia goldoniana. La rappresentazione fu perciò anche più familiare e meno intensa. Divertente nello stupore dell'improvvisa, insorgente passione, nello scatto involontario, nel comico patimento Vittorio Di Giuro, che fu un Fulgenzio accorto e vivido. I due giovani, afflatati e lepidi, ebbero festosi consensi. Sull'aggraziata cornice scenografica le loro figurine erano leggiadre, e a contrasto spiccava più che mai caricaturale 10 zio Fabrizio, nell'accesa interpretazione di Nico Pepe. I loro compagni, variamente efficaci: Wanda Benedetti (Flaminia), Carlo Enrici, Pier Paolo Porta, Clara Auteri, il Barpi, il Bosso, la Mion. In quanto all'atto di De Musset, aveva avuto altri interpreti: Lia Angeleri (io Contessa), Luciano Alberici (il Marchese), Carlo Lombardi (ti Barone). Che dire? La commediola del Musset è una cosetta proprio da nulla, un componimento di occasione, tratto da una pièce di Carmontelle, scritto per uno spettacolo di beneficenza più di cent'anni fa... Si affida al piccante del linguaggio di società; e la storiella dei due amanti svagati, fantastici, sempre distratti, è uno scherzo che tanto meglio si accetta quanto più fluida e vorremmo dire distratta e svagata è la recitazione stessa. La quale fu ieri sera vivace e amena; ma le mancò, se non erriamo, una certa sprezzatura, il fatuo respiro, il tono inconcludente e sconfinante dal teatro alla pura mondanità. Gli attori segnarono i caratteri, i dialoghi non senza pittoresca accortezza; ma bisognava far capire subito che quella sonatina era una piccola burla, una frivolezza fuggevole. Cosi come si svolse, lo spettacolo (regista Anna Maria Rimoaldi) ebbe tuttavia una sua colorita, faceta ed eloquente gentilezza; simpatico, sensibile, e di ameno rilievo. E particolar attenzione hanno meritato, per duttilità espressiva, Lia Angeleri. la Catullo, l'Alberici, il Di Giuro; e in tutti fu manifesto !1 buon volere e fu efficace il tratto. Questa nuova formazione di attori che fa capo a Nico Pepe, ora che anche il comune di Torino ha 11 suo «Piccolo Teatro» s'è impegnata in un'impresa senza dubbio non facile, e che richie¬ ddHbctamcIseltagnddlnnrlBltdqreftgtdciecnazs de con freschezza di animo, e di intenti, devozione di studio. Ha iniziato le recite con garbo, e il pubblico ha consentito con sorrisi e con applausi, battendo le mani e chiamando gli attori alla ribalta. E' questo 11 migliore, il più lieto degli incoraggiamenti. £ k

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