Eccesso di legittima ditesa di Ferdinando Vegas

Eccesso di legittima ditesa Eccesso di legittima ditesa Poco Importa stabilire a chi risalga la responsabilità specifica dell'ultimo, gravissimo incidente alla tormentata frontiera tra Egitto e Israele; sarebbe la tipica indagine destinata a risalire all'infinito la serie delle mosse delle due parti, senza speranza di concludersi con la identificazione di un colpevole primo ed unico. Ci troviamo di fronte infatti a .una di quelle situazioni oggettivamente complicate, nelle quali ambedue le parti hanno le lcro ragioni ed i loro torti. Conviene, quindi, tralasciare sia la vana ricerca di origini remote, sia l'esame minuto degli episodi contingenti; e fermarsi, invece, a un punto intermedio, che consenta una chiara prospettiva sulla situazione attuale. Da questo punto di vista appare evidente che la colpa d'Israele sta nella forma asBai energica del suo comportamento; ma la colpa dell'Egitto è ben più grave, sostanziale, perchè è proprio l'Egitto che ha provocato e messo alle strette Israele. In linea generale è assurdo pensare che questo giovane Stato abbia velleità aggressive e mire espansionistiche, mentre non desidera che dedi¬ carsi in pace all'arduo compito di costruire un focolare nazionale per il travagliato popolo ebraico; in particolare, poi, l'attuale atteggiamento israeliano è determinato dalla corsa agli armamenti iniziata dall'Egitto con i noti acquisti di armi cecoslovacche, e dagli sviluppi cui essa minacciosamente prelude. La reazione di Israele vuol dunque essere, in primo luogo, un vivace avvertimento alle grandi potenze, dato che 1 loro quattro ministri degli Esteri, a Ginevra, hanno dato poco ascolto alle pressanti richieste di Sharrett per un intervento prima che sia troppo tardi. D'altra parte, se Israele — come ha dichiarato lo stesso Sharrett — deve contare anzitutto sulla propria capacità di autodifesa, gli attacchi contro gli egiziani acquistano un comprensibile carattere preventivo. Anziché attendere che gli arabi si siano riarmati a tutto punto, gli israeliani preferiscono agire tempestivamente, dimostrando subito di essere pronti a rintuzzare ogni provocazione. C'è soltanto il pericolo che così dilaghi la guerra preventiva; pericolo veramente grave per le conseguenze irreparabili, cui po¬ trebbe condurre l'accensione della miccia nella polveriera del Medio Oriente. Bisogna tuttavia immedesimarsi nello stato d'animo d'un piccolo popolo che, conquistata la sua patria con le armi, da allora, da sette anni e mezzo, vive circondato da nemici pronti a saltargli addosso, decisi anzi a gettarlo a mare. La psicosi dell'assedio è indubbiamente una pessima consigliera, può condurre anche gli uomini più assennati all'esasperazione. Ben Gurion, che con l'aggravarsi della crisi ha ripreso come Primo Ministro il timone di Israele, non vuole certo la guerra; ma sa anche, per la personale esperienza del 1948, che questo estremo male può diventare ad un certo momento la unica alternativa all'asservimento del suo Paese. Occorrerebbe che dall'altra parte ci fosse egualmente Un vecchio ed esperto uomo politico. Invece c'è il colonnello Nasser, con tutte le rischiose impazienze che sono proprie dei giovani dittatori usciti da una rivoluzione. La vecchia classe dirigente egiziana fu spazzata via proprio a causa della condotta ignominiosa nella guerra con Israele; è natu¬ rale quindi che Nasser si senta impegnato ad agire diversamente su questo terreno. Peggio ancora, egli sembra tentare il solito diversivo dell'avventura esterna per distrarre l'attenzione popolare dalle molte difficoltà interne. Inoltre il neutralismo, l'accostamento all'Unione Sovietica e ora la minaccia di Israele sono tutti fatti che conferiscono peso alla politica di prestigio, che l'Egitto persegue nel mondo arabo. Una non trascurabile giustificazione, infine, sta al fondo della condotta egiziana: la rottura dell'unità del mondo arabo provocata dal Patto di Bagdad fra Turchia, Iraq, Iran e Pakistan, con la garanzia della Gran Bretagna. L'Egitto si è ritenuto sospinto in secondo piano, quasi isolato; e ha reagito nel modo che si sa. Per erigere un baluardo contro la Russia, Londra e Washington hanno disgregato l'unità araba, favorito la penetrazione di Mosca e messo a repentaglio Israele e la pace stessa. Il rimedio più saggio, suggerisce VEconomist, è ora di arruolare l'Unione Sovietica, al più presto possibile, nei ranghi di coloro che non vogliono una seconda guerra di Palestina. Ferdinando Vegas

Persone citate: Ben Gurion, Nasser