Dopo aver scatenato la guerra Hitler se la dormiva tranquillo

Dopo aver scatenato la guerra Hitler se la dormiva tranquillo LE MEMORIE DI HEINZ UNGE, EX-CAMERIERE DEL FUEHRER Dopo aver scatenato la guerra Hitler se la dormiva tranquillo Egli era puerilmente convinto che il mondo avrebbe accettato senza reagire anche l'aggressione alla Polonia ■ Lo sbarco degli inglesi in Francia io lasciò indifferente - Si piegava in due dal ridere al pensiero che la cavalleria polacca attaccasse con le spade i carri armati tedeschi ■ Ingresso trionfale In Danzica e Varsavia con ripresa cinematografica diretta dall'attrice Leni Riefenstahl Berlino, novembre. Uno dei ricordi che sono rimasti più impressi nella mia mente, è quello dell'inizio della seconda guerra mondiale. Credo che in Occidente tutti pensino che nelle quarantotto ore che precedettero l'inizio della guerra tra la Germania da una parte e l'Inghilterra e la Francia dall'altra, il Fuehrer si trovasse in uno stato di grave tensione. Nulla potrebbe essere più lontano dal vero. Egli trascorse la sera del 2 settembre 1939 alla Cancelleria del Reich in perfetta tranquillità. I generali Keitel e Jodl e Martin Bormann erano con lui. Discutevano insieme i particolari della campagna che avrebbe esteso di centinaia e centinaia di miglia in direzione est le frontiere del Reich tedesco. Le conversazioni alla Cancelleria proseguirono per gran parte della notte; ma non avevano per oggetto mosse diplomatiche. Gli « ultimatum » di Londra e di Parigi avevano lasciato perfettamente impassibile Hitler e il fatto che importantissime conversazioni si svolgessero proprio in quella notte a Downing Street e nella capitale francese, non significava assolutamente nulla per lui. c L'Inghilterra non si preoccuperà della Polonia — mi aveva detto — non ha fatto nulla per la Cecoslovacchia non farà neppure ora >. Egli aveva reso noto il suo ultimatum alla Polonia quando aveva giudicato che non c'era alcun rischio di interventi da parte dell'Inghilterra e della Francia. Non ricordo le parole esatte dell'ultimatum, ma in esso Hitler dichiarava a chiare note che esigeva la resa totale di quella nazione. Egli aveva deliberatamente formulato le sue richieste in modo tale che nessuna nazione, per quanto intimorita, avrebbe potuto accet tarlo. Il Fuehrer voleva la guerra con la Polonia; ma doveva trattarsi di una guerra breve e decisiva. Egli non temeva una guerra mondiale. Era convinto che una volta conquistata la Polonia, avrebbe potuto contare su una così enorme superiorità di uomini, di armi e di aerei che l'Occidente non avrebbe potuto fare altro che addivenire ad un compromesso. Quindi era sua intenzione di restarsene tranquillo fino al momento in cui sarebbe stato pronto a colpire di nuovo; e questa volta si sarebbe trattato della Russia. Nelle prime ore del mattino del 3 settembre, fu dato l'ordine della partenza per le nove e trenta. Io accompagnai il Fuehrer alla stazione, e ricordo che mentre eravamo ancora in automobile, e sul punto di metter piede sul treno speciale, egli mi disse: Non do-bbiamo avere preoccupazioni per l'Occidente. L'Inghilterra e la Francia potranno tentare la lotta, ma i loro tentativi si infrangeranno contro il bastione delle nostre fortificazioni occidentali ». Egli si sentiva così sicuro di sè, che se ne andò a letto appena fummo saliti sul treno; e mentre questo correva velocemente alla volta della frontiera polacca,' nel momento in cui Chamberlain annunciava per radio che l'Inghilterra era scesa in guerra contro la Germania, egli se la dormiva tranquillamente. Quando si destò verso le due del pomeriggio, e fu informato dell'annuncio, di Chamberlain, egli pronunciò delle parole volgari a proposito dell'ombrello del primo ministro britannico. La sua mente era dominata da un solo pensiero: la conquista della Polonia. Se l'era passata liscia tante volte e si era sentito dare tante volte ragione, qualunque cosa facesse, che era ormai sicuro che gli sarebbe andata bene anche in questa occasione. Quella sera verso le 9,30, raggiungemmo Gogolin presso la frontiera polacca. Scendemmo dal treno e facemmo con i generali un breve tratto a piedi. Nel momento in cui varcava il confine, Hitler si fermò e disse: < Abbiamo messo piede sul suolo della Polonia, ma dobbiamo portare il più lontano possibile le frontiere della Germania; così, se i nostri nemici tenteranno delle incursioni aeree sul nostro territorio, saranno attaccati lontano e non potranno raggiungerlo ». In quel tempo il Fuehrer amava l'esercito; si fidava dei suoi generali e dei suoi uomi-ni; non era ancora ossesslo- nato dall'idea di essere un genio militare ed era contento di lasciare la direzione della guerra nelle mani del generale Blaskowitz, colui che doveva più tardi ricevere la resa di Varsavia, Appena fummo discesi dal treno, ci giunse la notizia che la cavalleria polacca si lanciava contro i carri armati tedeschi, tentando di infilzare le spade nei fianchi delle autoblinde. Hitler si piegava in due dal gran ridere. « Credono che siano fatti di cartapesta! — esclamava —. Qualcuno deve aver parlato loro dei carri armati tedeschi che erano fatti effettivamente di materiale leggero, prima che io diventassi il Fuehrer. Ora si accerteranno di persona! ». Era trascorso qualche giorno, e Hitler continuava a ignorare che in Occidente la situazione si andava evolvendo. Egli non prestò particolare attenzione neppure alla notizia che un esercito britannico era sbarcato in Francia. < Verseranno un bel po' di sangue », osservò un giorno. E più tardi: «Il resto del mondo non mi interessa affatto. Per il momento mi importa soltanto di vedere la nostra frontiera spostata il più possibile verso Oriente ». Hitler seguiva da vicino le sue truppe che avanzavano attraverso la Polonia. Quando il tempo lo permetteva, viaggiava su di una vettura scoperta perchè i suoi soldati vedessero che egli era con loro. Era contento di essere visto, ma detestava di viaggiare allo scoperto quando la luce solare era troppo viva, perchè gli procurava dolore di testa e gli inaridiva la pelle. Io portavo sempre con me della vasellina, di cui Hitler si spalmava il viso pr lenirne il bruciore. Fu in questo periodo ch'io cominciai a portare con me una rivoltella, tutte le volte che accompagnavo Hitler. Questi, dal canto suo, aveva sempre con sè un'arma quando viaggiava, anche in tempo di pace. Egli portava anche un frustino di pelle di bue dal pomo d'argento, su cui era inciso il suo nome, e che possedeva Un dagli anni immediatamente I successivi alla prima guerra | mondiale. 1 « Prima di diventare il Fueh rer della Germania — egli mi disse un giorno —, io mi servivo di quel frustino per aprirmi ia strada tra le folle ostili. Oggi esso è per me un simbolo ». Dopo che furono trascorsi quindici giorni senza che la Polonia si decidesse alla resa totale, Hitler cominciò a dar segni d'impazienza e ad esercitare pressioni sull'Esercito, perchè avanzasse più rapidamente. Dimostrava il suo nervosismo camminando frettolosamente su e giù e spalancando all'improvviso con violenza la porta della sala del comando. In questo periodo ci eravamo provvisoriamente sistemati all' Hotel « Kasino » di Zoppot. Hitler conferiva di frequente con Kei tei, in attesa dell'occupazione di Varsavia; si preparava a fare il suo ingresso trionfale nelle città di Danzica e di Varsavia. Ricordo che l'attrice Leni Riefenstahl si trovava in Polonia per dirigere la ripresa cinematografica dell'ingresso del Fuehrer nelle città polacche. Hitler si divertiva molto ad osservare il suo abbigliamento, da lei stessa ideato, che consisteva di un paio di pantaloni neri, stivaloni, una giubba lun ga attillata, berretto militare e pistola alla cintola. Giunse finalmente la notizia che potevamo proseguire per Danzica. Attraversammo la città tra due ali di folla plaudente. Ritto in piedi nella vettura, il Fuehrer rispondeva col saluto militare. Io dovevo stare in pie di al suo fianco, per evitare che qualcuno dei mazzi di fiori lanciati dai balconi lo colpisse. Ci recammo direttamente al municipio, dove Hitler tenne un discorso sulla < liberazione » di Danzica. Leni Riefenstahl era lì con la sua macchina da presa, e si trasferì successivamente a Varsavia quando Hitler vi fece il suo ingresso da conquistatore. Da Varsavia il Fuehrer si recò ad ispezionare alcuni castelli polacchi dove si erano svolti violenti combattimenti. Quindi facemmo ritorno a Berlino dove dovevano aver luogo alcune importanti riunioni. Heinz Linge Copyright dell'* United Press» e de « L» Stampa »