Un grande Sindaco

Un grande Sindaco Un grande Sindaco Domani la città inaugura nel giardino reale un bunto a Teofilo Ronni di Montelera Non facile Impresa per il compianto Edoardo Rubino ritrarre Teofllo Rossi di Montelera quale domani vedranno 1 torinesi nel bronzo donato dalla famiglia al Comune e collocato nel Giardino Reale presso il monumento al Carabiniere, Figura tozza, massiccia, quella del grande < Sindaco dell'Esposizione >: una testa che con un cappellone da olandese del Seicento avrebbe potuto degnamente apparire in un consesso di notabili dipinto da Frana Hals. Ma lo scultore puntò sullo spirito che, vivido, arguto, sprizzava da quel volto di grassone: e ne balzò l'immagine di un uomo intelligente, anzi, ge niale. Un industriale che parlava di Dante con la sensibilità di un poeta e la sicurezza d'un filologo, un commerciante che collaborava ai Bollettini delle Società storiche, un amministratore che pubblicava 1 risultati dei suoi privati studi sulla Rivoluzione > piemontese del '21, Tale era il sagace versatile successore a Palazzo di Città dell'aristocratico dittatore edilizio Ernesto di Sambuy («Chi l'ha fait ioli? El cónt Sambuy!) e del democratico Secondo Frola: un dotto che ammorbidiva col gusto l'erudizione, un umanista che sapeva leggere i bilanci. E come li leggeva!, tenacissimo, esigente e intransigente; salvo poi sorridere bonario delle umane debolezze, anche delle proprie, e star volentieri allo scherzo (fabbricava un vermut eccellente, ma una volta ad un ricevimento ufficiale avverti faceto: « Bevetelo tranquilli, non è del mio >), ed alla burla, come quando, presidente del « Circolo degli Artisti >, si travestì da « Monsieur le Maire de Paris > in' visita a Valsópata. Cronaca di Arrigo Frusta: <A l'ha 'n magnifich cilinder, bin bèrlu3ent, e d'antórn la bèdra n'afé còma vint méter de s-cirpa ross bianch e bleu. B a parla ant el pi gustós Hnguagi 'd Gargantua e Pantagruel >. Soprattutto un piemontese purosangue. D'esserlo sentiva l'orgoglio, è come sindaco di Torino, e come senatore e come ministro fedele al liberalismo progressista di Giolitti, fedele alla memoria del glorioso Parlamento subalpino. Che il suo accento potesse far sorridere i toscani quando andava in giro per le città italiane a tener conferenze dantesche e a declamare le Cantiche, non gliene importava nulla. Nei , suoi concittadini voleva infondere la fierezza d'esser nati ai piedi di Soperga, d'essere 1 figli di quelli che sul Mincio avevano cominciato «a fare l'Italia > Ben lo dimostrò allorché si chiuse il sipario sulla < bella epoca >, e l'eco del cannone del Carso giunse Ano a Torino, ciascuno avvertì che dopo lunghi giorni sereni l'età delle tempeste cominciava. Anche per questo fu un grande sindaco. Ma la sua ora più bella non coincise coi successi dell'ottimo amministratore che vedeva la sua città arricchirsi d'utili edifici, dal Palazzo delle Poste a quello della Scuola di Guerra; ampliarsi e migliorarsi urbani stlcamente col rispetto (ahimè tramontato) della tipicità locale, pulsare di nuove Industrie, splendere la notte d'una illuminazione che appariva allora meravigliosa, risanarsi e umanizzarsi per provvidenze igieniche e ospedaliere. Scocco con l'inaugurazione dell'Esposizione Mondiale del 1911. Cara Torino in festa, come mai più la si vide. Pennoni, bandiere, stendardi per ogni dove, ridenti tutti i visi, sovrani, principi, illustri personaggi d'Europa Intera a spasso per le strade e pei corsi in quel maggio davvero radioso, il Valentino coperto di fenomenali e un po' buffe architetture di cemento e di ferro, di legno e di stucco, e musiche e fuochi d'artificio. Non si può, non si deve dimenticare quella onesta e fiduciosa stagione torinese, che fu la stagione del « Sindaco Teofilo >: una delle più luminose e patetiche di Torino, sospesa in una vaga atmosfera -fra De Amlcia e Gozzano. Parrà comico quel baffuto signore in stiffelius e cilindro e guanti bianchi presentato dal settimanale illustrato « L'Esposizione di Torino > come il «Direttore delle schiere ginnastiche > all'inaugurazione dello Btadium. Ma Torino intanto s'intonava al passo misurato e saldo di Giovanni Giolitti su e giù pei portici, la sera, di corso Vittorio Emanuele nelle sue brevi soste torinesi; un passo cui rispondeva quello, altrettanto saldo e misurato, di Giovanni Agnelli che entrava il mattino alla Fiat. Una stagione ancor oggi da ritenersi esemplare, t mar. ber. qdmbafcncdmidd■iiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiim^

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