Padri e figli: cercare di conoscersi di Filippo Sacchi
Padri e figli: cercare di conoscersi Padri e figli: cercare di conoscersi Dunque hanno riaperto a Parigi la scuola dei genitori. La notizia sarà stata apprezzata con una certa soddisfazione dai nostri ragazzi. E' un pezzo probabilmente che lo pensavano: almeno fin da quel giorno che presi alla sprovvista, per poter dire la data della pace di Westfalia, abbiamo dovuto fingendo una improvvisa amnesia dare una frettolosa sbirciata ai Nuovissimo Melzi. Dopo tutto neanche per noi sarebbe, spiacevole tornare un po' a scuola. Oltre che, davvero, ci rinfrescheremmo di tante nozioni utili, pensate che diversivo. La mattina, invece di andare alla fabbrica, o in ufficio, o al tribunale, o all'ambulatorio, ci avvieremmo a scuola con i nostri libri sotto il braccio. Là seduti in belle aule chiare, accanto a simpatici compagni di banco, ascolteremmo intelligenti professori che ci spiegherebbero i misteri della psiche dei nostri figlioli, ed insegnerebbero 1 perfezionati metodi moderni per educarli. Sarebbe divertentissimo. Tutt'al più quando al sabato 1 ragazzi verranno a domandare i soldi per il cine, o per la gita in moto con l'amico, o per la partita dell'indomani, dovremo rispondere: « Scusate, figlioli, ma questa settimana non posso darvi niente: son dovuto andare alla scuola dei genitori». Ho idea che la settimana seguente verrebbero assieme in commissione a dirci: « Sai, papà, abbiamo pensato che puoi tralasciare di andare a scuola. Per noi vai benissimo così ». : Questo non è affatto per concludere che un po' di scuola dei genitori non starebbe bene anche da noi. E si dice scuola per intendere la necessità di impostare anche l'educazione familiare su principi obiettivi e razionali, quale deve sapersi lare anche nelle cose morali un secolo e una civiltà che è giunta a tale altezza di sapere scientifico. Vige purtroppo ancora nella nostra società il concetto che l'educazione sia puramente affare di istinto. Di questo concetto vediamo i frutti in questa crisi dei rapporti tra figli e genitori di cui tanto si parla. Con l'istinto si comincia a tirarli su alla carlona, quando sono bambini, confondendo l'educare con una sviscerata e bamboleggiente adorazione che. soddisfa soprattutto il nostro amor proprio di genitori felici. Fino a che un giorno ci si sveglia davanti alla stupefacente rivelazione che il pargoletto è diventato un essere fatto, col suo carattere con la sua volontà con la sua forza: è diventato improvvisamente un problema. E siccome un problema prende tempo e riflessione (e, siamo giusti, si torna a casa stanchi, e si hanno tante grane per la t" '.a), il giorno che l'istinto non serve più, si preferisce abdicare e rimettere tutto alla Provvidenza. E qui comincia la frattura tra le due generazioni. Ora, è vero che senza l'istinto, ossia senza la chiaroveggenza dell'amore, non si dà educazione. Ma non si dà nemmeno educazione .:enza ragione, anzi privo di questa l'istinto è cosa confusa e aleatoria, che lasciata sola produce talvolta guasti Irrimediabili. Senza la ragione, questa suprema maestra dell'uomo, l'educazione non ? che o frigida nozione o vago sentimentalismo. Sì, anche l'educazione, come la virtù, < si può insegnare ». Sono princìpi normativi che 1 pedagogia e la psicologia moderna hanno ormai stabilito, e la cui ignoranza è ingiustificabile come sarebbe ingiù- stificabile l'ignoranza di cer te norme profilattiche. Ma soprattutto ci aiuterà il prendere una maggiore coscienza del mondo attuale nei suoi problemi, coscienza delle forze che si agitano in esso, ricordando che moti e riflussi che arrivano a noi già franti e attenuati, arrivano a loro direttamente, investendo in pieno, la loro intelligenza e la loro fantasia,, e producendo in essi reazioni e sconvolgimenti profondi. Anche questo si può imparare. Andiamo dunque a scuola, ci farà bene. Impariamo, dice il prof. Heuyer, a conoscere e a capire meglio 1 nostri figli. Però, per fare cosa completa, abbiamo l'impressione che anche i nostri figli dovrebbero qualche volta studiare per capire e conoscere meglio noi. Forse se noi co- minciamo, anche loro lo faranno. Quel giorno non parleremo più di problemi educativi. Che bellezza. Filippo Sacchi
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