Da quando gli spararono Nasser ha perso il sorriso di Nicola Adelfi

Da quando gli spararono Nasser ha perso il sorriso -= LE SVOLTE DELLA DITTATURA EGIZIANA Da quando gli spararono Nasser ha perso il sorriso Sempre meno popolare, sempre più chiuso in se stesso, Nasser, per rialzare le sorti del regime ha ottenuto la fornitura delle armi sovietiche e scatenato l'odio contro l'Occidente - E' più che altro una questione di propaganda; ma questa sua politica filorussa sarà soltanto un giro di valzer, o diventerà una dura catena? (Dal nostro inviato speciale) Il Cairo, 19 ottobre. Il mondo arabo è pieno di contraddizioni, ma questa forse è la più sfacciata: da una parte Abdel Nasser assicura che vuole le armi per scopi difensivi, e in sostanza per mantenere la pace nel Medio Oriente, dall'altra proclama che in questa parte del mondo non vi sarà pace se non con l'estirpazione dello Stato di Israele. La verità è che Nasser vuole la pace, però ritiene vantaggioso predicare la guerra; e anche in questo non si discosta dalla politica abituale dei dittatori. Vuole la pace per risoSvere i molti e diversissimi problemi interni e teme la corsa agli armamenti perchè le casse dello Stato sono vuote; pur tuttavia agita davanti alla fantasia popolare la banI diera della bella guerra, la promessa che 'verrà il giorno in cui l'esercito egiziano travolgerà le frontiere israeliane, getterà a mare l'odiato ebreo: La conclusione è che oggi nell'Egitto c'è un clima di guerrd imminente, ma nessuno fra le persone di buon senso pensa seriamente alla guerra. C'è poi un notevole rancore contro l'Occidente, mentre sempre più in alto sale la stella della Russia. Ogni sera al teatro dell'Opera di qui c'è una rappresentazione di mediocri ballerini e cantanti russi, uno spettacolo da quattro soldi, di tono provinciale; e ogni sera gli applausi salgono al cielo, assumono le proporzioni del trionfo. In tutti i ricevimenti ufficiali incontrate i diplomatici sovietici, sorridenti, affabili, sempre pronti a distribuire calorose strette di mano e a raccontare storielle spiritose'; dappertutto sono accolti con salamelecchi, raccolgono vasti successi mondani. Il ragionamento che vi fanno gli egiziani è questo: «La colpa è dell'Occidente se ci siamo trovati nella condizione di dover scegliere fra la stella rossa di Mosca e la stella bianca di David*. Quanta spontaneità vi sia in questi e in analoghi discorsi, è difficile capire. Qui la Polizia è onnipresente* onnipotente. Dire come sia ridiventata tale è lo stesso che disegnare la parabola di questa, come in genere di tutte le dittature. Tre anni e due mesi fa i giovani ufficiali gettarono giù dal trono Faruk con le migliori intenzioni di questo mondo, e uno dei pri- mi atti della Rivoluzione fu bruciare gli elenchi segreti della Polizia, lacerare e disperdere la fitta rete dello spionaggio politico. Il bruno generale Mohammed Naguib era certo dell'affetto popolare, e non s'ingannava; se mai vi fu un dittatore amato, quello fu sicuramente Naguib col suo sorriso umano, con i suoi modi da contadino del Nilo, con la sua benevola tolleranza verso tutti, compresi i nemici. Egli era finanche troppo un buon uomo, non aveva il temperamento rivoluzionario nè le ambizioni del dittatore; e cercò di disturbare il meno possibile la gente, lasciò che le cose, anche le pessime, continuassero ad andare per il loro verso. Siccome la Rivoluzione aveva una sua logica, certe sue necessità storiche, un suo programma di raddrizzamento del Paese, due anni fa Naguib fu messo da parte e sostituito dal tenente colonnello Gamai Abdel Nasser. Il quale aveva allora 35 anni, tutti 10 consideravano il cervello della Rivoluzione, si sapeva che era un uomo coraggioso, ostinato, di grande onestà. Per cominciare, il nuovo e più autentico dittatore cercò di sostituirsi a Naguib nell'affetto del popolo: anche lui sfoderò un suo costante sorriso, si mantenne semplice, si fece vedere da tutti, si mischiò spesso alla folla comune nelle strade e piazze del Cairo. Ma non ebbe successo; era sembrato antipatico al tempo di Naguib, lo divenne ancor di più quando mise da parte Naguib. Nasser è un grande lavoratore, e di lui la propaganda dice che lavora 18 ore al giorno; non per questo però appare meno antipatico alla gente. Nasser ha mandato avanti molte ed eccellenti opere, soprattutto la riforma agraria che ha permesso di distribuire ai fellah un cinque per cento della terra egiziana togliendolo ai latifondisti, e la bonifica di una nuova provincia, detta della Liberazione. Ottime cose, che tuttavia non hanno diminuito nè di molto nè di poco l'antipatia dell'uomo comune per 11 dittatore. Pulizia nel costume Nasser ha fatto anche una notevole pulizia nel costume, a cominciare dalla corruzione dei pubblici funzionari. Per l'esattezza, non si può dire che ci fosse una corruzione nel senso che si dà da noi a questa parola; avveniva che per qualsiasi provvedimento delle autorità una volta dovevate pagare: tante piastre per un visto, tante per un timbro, tante lire per un decreto e così via. Ma era un uso generale, di vecchia data, ormai una stagionata consuetudine; e le tariffe della corruzione erano più o meno contrattabili, allo stesso modo come lo sono i prezzi nei negozi di tutto il Medio Oriente. Ora, intendiamoci, c'è ancora molta corruzione negli uffici; però chi dà e chi riceve lo fa di ìiascosto, col batticuore. E ogni giorno funzionari disoìiesti o svogliati o. negligenti finiscono in carcere. In altri Paesi questa lotta al malcostume avrebbe suscitato consensi e simpatie; per Nasser non è stato invece lo stesso. Le delusioni tuttavia non disarmarono l'ostinato giovane. Egli continuò ad abbracciare bambini e fellah, ad andare in giro per le strade, a sorridere. Poi, un anno fa, il dittatore conobbe l'ora dell'entusiasmo popolare: fu il 19 ottobre 195i, quando firmò l'accordo per l'evacuazione delle basi militari inglesi dal Canale di Suez. Una settimana dopo ad Alessandria, mentre stava per parlare a una immensa folla acclamante, un uomo gli sparò otto colpi di pistola. La dittatura da un giorno all'altro si chiuse in se stessa, si irrigidì. Sei giovani furono impiccati, la ri¬ suscitata polizia politica tornò a tessere una rete più fitta di quella del tempo di re Faruk, vennero ricostituiti gli elenchi segreti delle persone sospette. Le critiche al Regime divennero cautissime mormorazioni, i tamburi della propaganda si fecero assordanti, la persona del dittatore fu avvolta e resa lontana dal popolo da dense nubi di incenso e da sciami di poliziotti. Come sempre avviene in queste svolte della dittatura, lo stesso Nasser divenne un altro; il suo sorriso diventò una specie di rictus nervoso; egli cessò dal mischiarsi nella folla comune, i Quotidiani furono indotti a pubblicare tutti i santi giorni da quattro a cinque fotografie del dittatore. Due sconfitte 1/ antipatia popolare aumentò, crebbe il numero dei nemici, e anche se la gente lo temeva sempre di più, il suo prestigio fino a due settimane fa era in netto declino. I dittatori non si possono permettere il lusso di una sconfitta, e Nasser ha dovuto incassare due sconfitte capitali nel giro di pochi mesi. La prima porta il nome di Bagdad, dove l'Iraq firmò un trattato di alleanza con la Turchia, spezzando in due il mondo arabo e spazzando via la grande ambizione di Nasser di unire intorno all'Egitto tutte le Nazioni arabe, formando una lega neutrale fra Occidente e Oriente. La seconda sconfitta si chiama Sudan. Al tempo di Naguib, la cui madre era sudanese, il Sudan aveva eletto un Parlamento favorevole all'untone con l'Egitto: a parte ogni considerazione nazionalista, gli egiziani speravano di unni iiiiiiiiiuiiimiimnii i iiin trovare nelle ricchezze e nei vasti territori del Sudan una soluzione ai loro problemi economici più urgenti. Una propaganda sbagliata da parte dell'Egitto e altri errori hanno convinto i sudanesi che l'indipendenza vale molto di più della sudditanza. Ora, con l'accordo per la fornitura di armi sovietiche all'esercito egiziano e scatenando un'ondata di odio contro V Occidente, Nasser ha rialzato le sorti della dittatura. Provvisoriamente la gente ha dimenticato, o per lo meno finge di aver dimenticato Bagdad e Sudan. Tuttavia invano cerchereste di cogliere nelle strade di qui i segni di una sincera contentezza popolare. Forse nelle intenzioni di Nasser questo improvviso amoreggiamento con la Russia è solo un giro di valzer, destinato a procurargli maggiori attenzioni da parte degli Stati Uniti e in definitiva maggiori profitti di quelli raccolti finora. Ma saprà Nasser limitarsi ai giri di valzer t E' questa l'insistente, preoccupata domanda che nel loro intimo si pongono molti egiziani. La rigida logica che sospinge, trascina i dittatori a superare difficoltà e sconfitte con colpi sempre più grossi, sempre più clamorosi, non potrà mutare un giorno i giri di valzer in un amplesso che soffoca, in una catena di ferro t E' già avvenuto e potrà ancora accadere. Ricordiamoci di come noi italiani, dopo l'Abissinia, finimmo col trovarci, mani e piedi legati, alla mercè della Germania: e quali frutti amari di lì a gualche anno raccogliemmo. Nicola Adelfi mimiiiiiiiiiiiimiiiii i umilili iii