Si possono applicare nuove cure ma non farne la prova sui pazienti di Francesco Argenta

Si possono applicare nuove cure ma non farne la prova sui pazienti UN PROBLEMA MEDICO CHE DESIA ANSIE JA' Si possono applicare nuove cure ma non farne la prova sui pazienti (Dal nostro inviato speciale) Genova, 13 ottobre. Non è nè apparente nè fortuita la connessione che lega il congresso di etica sanitaria svoltosi nei giorni scorsi a Parigi ed il congresso che si è aperto oggi a Genova per iniziativa dèh c Accademia internazionale di medicina legale e di medicina sociale >. L'una e l'altra iniziativa si inquadrano in quel vasto moto che ha per fine il progresso della scienza, ma anche il perfezionamento dei rapporti fra uomo e uomo, su un piano di comprensione, di fraternità, di reciproco aiuto, di concreta e fattiva solidarietà. Inaugurato al mattino nell'aula magna dell'Università, alla presenza delle autorità politiche ed accademiche, il congresso ha tenuto la sua prima riunione scientifica al pomeriggio nel < Salone delle compere > dello storico Palazzo San Giorgio. Ed è toccato al prof. Pié- delièvre, presidente dell'Ordine dei medici di Francia e promo- tore del recente congresso svol- tosi a Parigi, aprire i dibattiti riferendo su un tema che è per la classe medica di un'attualità estrema e torturante: l'applicazione d'una terapeutica Inedita, assolutamente nuova, può essere considerata alla stregua di una comune problematica sperimentazione? Il quesito, seppure l'enunciazione fosse diversa, era già stato posto all'assise parigina. Ma là la questione era stata prospettata esclusivamente sotto il profilo della responsabilità morale cui il medico può andare incontro nell'applicare un nuovo indirizzo terapico: in questa sede, dinanzi ad un'assise di medici-legali, dinanzi si può dire all'assemblea plenaria dei maestri della medicina legale (e i partecipanti al congresso, venuti d'ogni parte, anche d'oltre Atlantico, sono più di trecento) il quesito era posto con una portata diversa, più ampia for- se, ma nello stesso tempo più definita. Certamente al cammino evo¬ lutivo della scienza non hanno da frapporsi remore intralci ostacoli impedimenti. Ma non per questo H medico ha da prendere delle iniziative che possano risultare pericolose per i pazienti: egli non deve lasciarsi suggestionare dai motivi pubblicitari che accompagnano la apparizione d'un nuovo specifico, d'un nuovo ritrovato, deve riflettere e controllarsi e se è assillato dalle pressioni dei cosiddetti « volontari >, coloro cioè che si dichiarano disposti a saggiare le virtù d'un nuovo farmaco, qualunque possano essere le conseguenze, egli non deve dimenticare che aderire o incoraggiare l'esperimento inconsiderato da parte dei volontari significa spesso dar luogo alla configurazione d'un'ipotesi di tentato omicidio premeditato. Per questo il prof. Piédelièvre ha concluso che quando il medico intende adottare un nuovo indirizzo terapico deve preventivamente accertarsi che esso non sia pericoloso. In soccorso del medico, nell'accertamento della pericolosità d'un nuovo farmaco, d'un nuovo indirizzo terapico, potrebbe intervenire tuttavia lo Stato. E a tal fine l'oratore ha auspicato il sorgere in ogni Paese di appositi organi incaricati di compiere 1 più adeguati e rigorosi controlii. Contro la creazione di siffatti organi, che moltiplicherebbero, senza vantaggi, la ingerenza dello Stato in un campo dove lo Stato ha dimostrato slnora di intervenire in forma sempre tardiva e paralizzante, si è dichiarato il prof. Domenico Macaggi, direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università di Genova e presidente e animatore del congresso. Il prof. Cesare Gerin, direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università di Roma, rilevando a sua volta che il consenso del malato alla sperimentazione d'un nuovo indirizzo terapico, anche se nella prassi è richiesto, presenta un valore sempre assai limitato, ha sostenuto che il medico è esclusivo giudice dell'utilità o del danno che può arrecare la applicazione d'una nuova terapia. Ma l'applicazione di una terapia inedita non è mai da confondersi con la sperimentazione vera e propria: se il tentativo di intervento del curante è ammissibile nella pratica medica, la sperimentazione, come tale, deve essere decisamente bandita. La discussione è proseguita elevata e nutrita. E mentre il prof. Franchini, dell'Università di Padova, dopo avere rilevato che la socializzazione della medicina cui si va assistendo si traduce a volte in un < esperimento sull'uomo », ha richiamato l'attenzione del congresso sul problema della « potestà» di diagrlosticare, sostenendo che nell'ambito di essa il medico deve badare, prima ancora di tentare cure audaci, di non ricorrere a mezzi audaci di diagnosi, il prof. Cattabeni dell'Università di Milano ha osservato che le questioni nascenti dal problema posto dal prof. Piédelièvre non possono farsi rientrare nel controllo devoluto alla Magistratura ordinaria, ma han da rimanere esclusivamente affidate alla cognizione e al controllo degli organismi professionali. Nessuna legge, ma, invece, l'intervento attento e sollecito degli Ordini dei medici onde diffon- dere, sul piano etico, il «enso morale e professionale del medico, si che la sua formazione diventi il più possìbile completa anche dal punto di vista etico. Ed ecco, dopo altri interventi e dopo che il prof. PiédMlèvre, nel rispondere ai vari oratori, ha riconosciuto che il problema della diagnosi è fondamentale, soggiungendo tuttavia che « quando la malattia è molto grave non si»può non far correre un rischio al malato», una nota vivace e d'attualità e non priva d'un certo effetto coloristico. L'ha portata il prof. Doukrer" parlando dei' cosiddetti cocktails terapeutici, cui tanti si abbandonano, secondo un indirizzo di moda, e che consistono nell'ingestione 'e nella mescolanza irragionevole di medicamenti disparati, spesso di composizione e di effetti contrari. Cos'ha da fare il medico in questi casi? E' assai semplice: impedirli e porre in guardia i pazienti contro i pericoli che possono offrire. Francesco Argenta

Persone citate: Cattabeni, Domenico Macaggi, Franchini

Luoghi citati: Francia, Genova, Milano, Padova, Parigi, Roma