Francia inqueta

Francia inqueta Francia inqueta A commento della crisi politica francese, Francois Mauriac ha scritto l'altro giorno: «Vorremmo che Edgar Faure fosse sensibile al rischio di quel capitolo della Storia che gli e destinato; lo impareranno gli scolari che non sono ancora nati e ne immagino questa prima frase: "Si può far datare dal ministero Edgar Faure il momento in cui tutto è stato risolto per il nostro Paese e in cui esso è stato istradato senza possibilità di ritorno sulla stessa china ch'era già stata discesa dalla Spagna. Fu lui che consegnò lo Stato ai generali "». E' un giudizio spietato, che si giustifica con l'accoramento e l'indignazione di chi assiste alla progressiva degradazione d'un grande Paese, ma è forse un giudizio eccessivo. La presente crisi francese non è infatti la conseguenza dei dissensi intorno ad un determinato problema, che si sono manifestati in questi giorni all'interno del Ministero. Essa ha origini più remote e più vaste: nella patria della democrazia, la crisi non è del Governo di Edgar Faure. E' la democrazia che è in crisi. Ebbe inizio con le elezioni del 1951. Una legge elettorale che falsò i risultati della consultazione popolare e dette vita ad un Parlamento che non corrispondeva alla volontà dell opinione pubblica è il punto di partenza di questa crisi, di cui la Francia paga oggi le disastrose conseguenze. Le elezioni del 1951 avvennero infatti mediante un sistema maggioritario di apparentamenti, applicabile soltanto nelle circoscrizioni in cui non prevalevano gli elettori operai, che compromise irreparabilmente la lealtà del giuoco democratico. Con quél sistema discriminatorio furono accresciute sproporzionatamente le rappresentanze della destra nell'Assemblea Nazionale. Si creò così uno squilibrio che è pesato, poi su tutto lo svolgimento della legislatura, impedendo la formazione di maggioranze coerenti e paralizzando qualsiasi possibilità di un'azione governativa rivolta a risolvere i problemi vitali del Paese. Ad aggravare le cose, sopravvenne poi la legge Baranger per l'insegnamento confessionale nelle scuole, che separò definitivamente i socialisti da ogni possibile maggioranza e spinse i democristiani a legarsi sempre più indissolubilmente con le destre. Edgar Faure è considerato in Francia il più abile tecnico* del compromesso e per otto mesi è riuscito a barcamenarsi attraverso le contraddizioni della sua maggioranza parlamentare. Ma anche gli altri Presidenti del Consiglio di questa legislatura, sia che fossero uomini di destra come Antoine Pinay e Joseph Laniel, oppure radicali come René Mayer, avevano avuto la necessità di fare come lui. Per tutti costoro il.compromesso è stato possibile finché non si è trattato di affrontare questioni di carattere improrogabile; l'immobilismo è stata la loro regola di Governo finché non si sono trovati nell'obbligo d'una scelta. La situazione politica francese si presenta oggi assolutamente identica a quella che si determinò nel giugno 1954, dopo la catastrofe di Dien Bien Phu. Anche allora l'immobilismo aveva lasciato che i problemi si accumulassero, che si facessero tanto urgenti da minacciare la stessa esistenza della Repubblica. Il disastro appariva ormai così inevitabile che il Parlamento non osò opporsi alla costituzione d'un Governo che non corrispondeva affatto alla sua maggioranza Per 7 mesi e 17 giorni lasciò che quel Governo agisse per liquidare gli errori dei suoi predecessori. Nei 7 mesi e 17 giorni, il Governo di Pierre MendèsFrance liquidò la questione dell'Indocina e quella della C.E.D., che da anni awele nava la politica interna e le relazioni internazionali del la Francia senza che uomini come Georges Bidault o Antoine Pinay avesse ro il coraggio di presentarla per una decisione definitiva all'Assemblea Na> zionale. L'unico che, one' stamente, avrebbe voluto farlo, Robert Schuman, fu sconfessato e costretto a lasciare il Ministero degli Esteri dagli stessi compa gni del suo partito. Il Governo dei 7 mesi e 17 gior ni fece anche approvare immediatamente una politica di ricambio alla C.E.D., m stabilì le basi d'una sincera collaborazione francotedesca, riportò la pace in Tunisia. Molti altri compiti gli rimanevano perchè l'eredità dell'immobilismo era grave e di lunga liquidazione. C'erano i problemi del Marocco e dell'Algeria, che minacciavano di diventare non meno pesanti di quanto fossero stati quelli della Tunisia e dell'Indocina. E c'era, soprattutto, il raddrizzamento economico della Francia, la necessità di farne un Paese moderno, con una struttura fondata sull'iniziativa e sul lavoro invece che su privilegi particolari di categoria. Ma appena Mendès-France si accinse ad affrontare questi nuovi compiti, la maggioranza parlamentare, espressione della legge elettorale anti-democratica del 1951, gli si rivoltò contro. Coltivatori di barbabietole, produttori di vini così scadenti da non servire ad altro che ad essere distillati a spese dello Stato, evasori dal fisco, colonialisti, tutti rappresentanti degli interessi in contrasto con gli interessi generali del Paese si coalizzarono contro di lui e rovesciarono il suo Governo. Soltanto un tecnico del compromesso come Edgar Faure poteva assumerne la successione, e bisogna dire che per otto mesi c'è riuscito brillantemente. Annullando tutti i provvedimenti che Mendes-France aveva preso per combattere l'alcoolismo, rinviando la riforma fiscale e lasciando che gli antichi privilegi economici si sentissero garantiti dal ritorno all'immobilismo, Edgar : Faure è riuscito per otto mesi a sopire le contraddizioni della sua maggioranza. Ma intanto i problemi avevano ripreso ad accumularsi ed era fatale che dovesse venire il momento in cui' non potevano più essere rimandati. Se hon fossero stati il Marocco e l'Algeria, sarebbero state le rivendicazioni salariali della classe lavoratrice, la crisi industriale prodotta dalla scarsità dei nuovi investimenti e dalla mancata riconversione delle aziende, oppure il disagio dovuto ad una produzione agricola anti-economica, mantenuta con enorme sacrificio della collettività; sarebbe stato uno qualunque di questi problemi a provocare la rottura, ma era fatale che ciò dovesse accadere perchè non è possibile che un grande popolo rinunzi alle sue immense risorse per lasciarsi inaridire dall'immobilismo della sua classe dirigente. La situazione è in ogni modo migliore di quella del giugno '54, perchè fra pochi mesi ci saranno le elezioni politiche in Francia. La gravità del momento è una lezione che non può andare perduta, cosicché sembra logico prevedere una sostanziale trasformazione della rappresentanza parlamentare, anche se gli scrutini si svolgeranno con la vecchia legge elettorale. Ma se ciò non avvenisse, è certo che la Francia non potrebbe assolutamente sopportare altri cinque anni d'immobilismo. mobilismo. Sandro Volta o 1111 ) 11 il 111111111111 i ■ 111111 e 111111111 i 11111 ■ 1111111 i 111 La caserma del '406° reggimento d'artiglieria a Rouen, dove si sono svolti 1 conflitti tra la polizia ed 1 riservisti che si erano rifiutati di partire per l'Africa settentrionale (Tel.)