Passibile di condanna
Passibile di condanna Passibile di condanna da uno a tre anni dì carcere Non capita spesso che una persona si dichiari colpevole di un reato che non ha commesso. Ma talora succede anche questo strano caso. E questa è la volta di Felice Marconi, dichiaratosi colpevole di un omicidio cui sarebbe stato del tutto estraneo. Il fatto dovrebbe far meditare e consigliare sempre una certa prudenza nella divulgazione di confessioni, magari imprudentemente presentate, quali benemerenze di coloro che le avrebbero provocate, come, in genere, nella divulgazione di particolari, oggettivi e soggettivi di delitti, tanto più suggestivi per grande numero di lettori, quanto più gravi e misteriosi nei moventi. Se sono esatte le « ultime notizie », sarebbe stato accertato sicuramente, con indagini estranee alle indicazioni dello stesso auto-imputato, l'alibi di Questi. Ed è evidente che, se le risultanze sono chiare e precise, resti superato e annullato il valore di quella confessione che vuol essere considerata come la < regina delle prove », e che, così di frequente, con varia fortuna, viene ripudiata da colui che l'ha fatta. Ma se la dimostrazione dell'innocenza dell'auto-accusato porta a doverlo senz'altro scagionare dal reato, non determina tuttavia la chiusura della partita per l'ex imputato innocente. Caduta l'auto-accusa, ne sorge un'altra, d'ufficio, quella del reato di cui all'articolo 369 Codice penale, che prevede la pena della reclusione da uno a tre anni per chiunque, mediante dichiarazione a qualcuna delle autorità competenti a ricevere denunce, incolpi se stesso di un reato che sappia non sia avvenuto, o di un reato commesso da altri. La < Giustizia » non può essere presa- a gabbo, neanche momentaneamente, con un comportamento che svii l'Auto* rità nell'accertamento dei reati, sia per quanto riguarda la loro sussistenza, sia per quanto riguarda l'identificazione del colpevole. Si sono, talvolta, verificate delle confessioni dettate da un sentimentalmente apprezzabile scopo di salvare altri. La Re-' sistenza ha espresso, a questo riguardo, dei nobilissimi esempi, i quali, certo, non cadrebbero nel campo di applicazione dell'art. S69 succitato, tanto perchè non si trattava allora della confessione di un « reato», sibbene di un'auto-accusa di un fatto ingiustamente considerato come passibile di morte da un illegittimo €padrone», quanto perchè, a norma dell'art. SS, non è punibile chi ha commesso il reato, qualunque esso sia, per esservi costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio, od altrui, contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta. Ma l'impunità non potrebbe venire prospettata, quando lo scopo fosse quello di subire in proprio, anche se per personale spirito di sacrificio, le conseguenze di un fatto, legittimamente punibile, di altri. Il caso Marconi parrebbe non rientrare nelle ipotesi suindicate di impunità, essendo al Marconi del tutto ignota la persona del colpevole. E sarebbe, quindi, giustificata l'azione penale per il detto art. 369, a meno che, le concrete circostanze della confessione riconducessero la mantfestazione al campo dell'infermità mentale che, sotto altro aspetto, determinerebbe la irresponsabilità dell'auto-calunniatore, a norma dell'art. 88 Codice penale. DR. Peretti-Griva
Persone citate: Felice Marconi, Marconi, Peretti-griva
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