Galere borboniche

Galere borboniche Galere borboniche Ignoro se nelle scuole si leggano ancora, come ai miei tempi, alcuni capitoli delle Ricordanze di Luigi Settembrini; dubito assai che, non filosofo, anticlericale, galantuomo vero e liberale schietto, egli abbia trovato grazia presso i gentilcrociani, i fascisti, i papalini, che da qualche decennio a questa parte rimestano e infestano i programmi d'insegnamento. E' vero che il Carducci non lo' dimenticò nelle sue Letture del Risorgimento italiano e nel '49 Giuseppe Gallico ne diede un'edizione scolastica annotata — ma da allora in poi, molt'acqua è passata sotto i ponti. Cosicché sapore di novità hanno oggi le Opere scelte di Luigi Settembrini (Torino, Utet, 1955) a cura di Luigi Negri, che ristampa per intero .il testo delle Ricordanze della mia vita, dà appena un saggio della Protesta del popolo delle due Sicilie, riproduce un frammento della versione dei dialoghi luciancschi, e — purtroppo — neppur una pagina delle Lezioni di letteratura italiana, dove, per esempio, si dicono del Manzoni cose giustissime. Vittima un po' dell'insofferenza che deriva dai scolastici ricordi, riesumato frettolosamente nel '45 per la Protesta e L'ergastolo di Santo Stefano (Ventotene), poi trascurato perchè non utilizzabile — come accadde per Carlo Pisacane — in funzione pre-marxista, Luigi Settembrini aspetta sempre la sua ora. La sua estetica tradizionalistica anziché tedescheggiante alla De Sanctis, la sua storia letteraria ghibellina, per la ferma opinione dell'incompatibilità del potere temporale e dell'influenza, spirituale romana con l'Italia uscita dal Risorgimento, gli hanno nuociuto. E, aggiungiamolo francamente, il suo moralismo non era — e non è — fatto per suscitare adep' ti nel paese dei compromessi, delle clientele, delle politiche astuzie, per cui rossi e clericali vanno sottobraccio. Certi suoi atteggiamenti, che sbalordirono gli arruffapopoli ottocenteschi, sono oggi più scandalosi che mai. Leggere, con l'occhio fisso al '4^:-'46 e al successivo decennio, la sua descrizione dei casi del 1848 è provare, una volta di più, che la razza umana non cambia, e che i rivolgimenti sociali e politici danno lùoftb allo stesso spettacolo. Chian. to, dopo le sue dimissioni da capodivisione al Ministero dell'Istruzione nel '48 (su cui ritorneremo) dal Ministro delle Finanze, é offertogli da costui maggiori incarichi è retribuzioni, «gli rispose che in vita sua non aveva studiato che letteratura, e non Sapeva affatto di finanza. — Per un uomo d'ingegno, replicò l'eccellentissimo, questa non è cosa difficile: anch'io non ne sapeva niente, ed in quindici giorni l'ho imparato, e ne sono maestro. — Ma io non posso paragonarmi con voi ,— gli replicai, lo salutai, e me ne 'andai» (pag. 263). Eguale ripulsa diede, dopo l'esodo dei Borboni, a chi lo invitava a occupare una direzione generale al Dicastero dei Lavori Pubblici, e sì che gli appalti, sub-appaltavansi per sei volte! Un secolo è passato, e gli scrupoli del Settem-. brini sono scomparsi. Adesso che si rivalutano anche le pensioni fasciste — e ci vorrebbe poco a fare i nomi — sarebbe bene ricordarsi che, propostane una al Settembrini per un mese e mezzo di impiego ministeriale, ricusò dicendo: «Non ho reso alcun grande servizio, non merito pensione. Sono avvezzo a lavorare, ed essere compensato: un dono mi umilia, e mi fa vile a me stesso» (pagina 262). E il suo lavoro era di insegnante privato, avendolo l'arresto del 1839 segnato come « politico » e quindi toltagli la cattedra di liceo. Nato a Napoli nel 1813 da famiglia di avvocati, e da un padre che la rivoluzione del 1799 aveva condotto nelle stesse carceri che dovevano ospitarlo nel 1854, basta leggere nei primi capitoli delle Ricordanze gli episodi della reazione borbonica per vedere, in pochi tratti, l'ambiente di terrore, di oppressione, di sangue (la rosa infilzata nello spillone, e fatta fiutare dai gendarmi; il carbonaro battuto dal boja). La superstizione fioriva: una bella signora appartatasi in una cappelietta con un ufficiale, e sorpresa all'uscita * da un ragazzino, fu scambiata per un'apparizione della madonna, e il guaglione che l'aveva creduta tale, ne trasse miracolando profitto. Spronato agli studi dal padre, e da pochi degni maestri, Luigi Settembrini ebbe la sua crisi mistica, ma ne guarì presto: «I collitorti stavano nei più alti posti, e io vedevo l'Intendente della provincia, ogni mattina servire a messa come un sacristano;ed ogni domenica radunava tutti i suoi impiegati, se li menava dietro come pécori, e tutti in chiesa... guai a chi mancava! » (pag. 48). Virgilio, Chateaubriand, l'Ariosto, la rivoluzione francese del luglio 1830, l'emanciparono. La costituzione di Francia scaldava gli animi, e provocava i primj moti di rivolta, crudelmente repressi. Anche qui, la sobria descrizione ' del Settembrini, riconduce la memoria a qamftvtmdvcnadqrdunrcvddcrnccmpcsldccggngrmdbMDls quanto accadde fra noi dal '43 al '45: stessi tormenti, stessi tormentati. Un francescano, ch'era fra i ribelli, ne portò i segni tutta la vita: «gli vidi le mani livide, e le dita distórte e rattratte. Questo io vidi, e non ho dimenticato più,le mani storpie del frate» (pag. 67). Una prima volta arrestato nel 1839 quale cospiratore, fu assolto nel '41 ma nondimeno tenuto in carcere per altri quindici mesi a disposizione della polizia. Quali fossero, di quest'ultima e dèlia magistratura, usanze e costumi, le Ricordanze pacatamente narrano: è un quadro spaventevole, con venature comiche, giacché il denaro e l'indole degli uomini, vincevano ogni legge, o la rendevano più iniqua. Curioso, con la descrizione del colera del '37, durante il quale morì Leopardi, ciò che Ranieri ebbe a raccontare al Settembrini, di avere ottenuto sepoltura del poeta nella chiesetta di San Vitale a Napoli, con un piatto di triglie e calamai regalato a quel ghiottissimo parroco! L'anarchia del '48, il voltafaccia del Re, — che richiamò l'esercito mandato ad aiutare Carlo Alberta — e il tradimento della Costituzione da lui concessa, sono pagine di storia, e cronaca viva. Arrestato nel giugno '49 sotto l'accusa di capeggiar la «setta dell'Unità italiana », fu condannato a morte il ji gennaio 1851. E, sebbene l'autore non abbia potuto darle l'ultima mano, questa seconda parte delle Ricordanze ha un solo libro che possa starle a. pari: le Meniorie della casa dei morti di Dostojevskij. Entrambi i tiranni, il russo e il borbonico, vollero la commedia dell'esecuzione, e fecer grazia quando i condannati si credevano sicuri del supplizio, raffinatezza suprema. E tutti due gli scrittori entrarono all'ergastolo e vi si comportarono con un sentimento di umanità verso i reclusi per delitti comuni, che li affratella. I ritratti dei delinquenti, gente per 10 più rozza e selvaggia, con i quali per otto anni Luigi Settembrini divise la fetida cella di Santo Stefano, sono esemplari: è una galleria indimenticabile: « questi castighi sono continui, le battiture ogni giorno. Alcuni in varie volte ne hanno ricevuto oltre 'duemila, e ne muoiono consunti da tisi, ma non domati » (pag. 419). Cacciato in quell'inferno, Settembrini sentì «la morte della sua mente » sopravvenire: «qui il tempo è come un mare senza sponde, senza sole, senza luna, senza stelle, immenso ed uno ». Seppe resistere, e un dizionarietto e un testo greco da tradurre, lo salvarono. 11 « leggiadrissimo » Luciano, il Voltaire dei suoi tempi, gli fu conforto, ricreazione, quotidiana cura. Dialoghetti, fantasie, satire, empietà, tutto l'arsenale del libero pensiero del mondo antico, fu così pazientemente voltato nella nostra lingua, con una bella, semplice, familiare prosa, che poteva spiacere solo a Benedetto Croce. Il bibliotecario del British Museum, Antonio Panizzi, e i suoi amici inglesi, -tentarono di far fuggire Settembrini: la nave da loro noleggiata, affondò. Ma si avvicinava il '59, il Borbone sentiva le ondate dell'indignazione salire: propose agli ergastolani l'esilio in America, li imbarcò per Cadice, donde il figlio Raffaele Settembrini,.ufficiale della marina inglese, riuscì a far portare il padre in Inghilterra. Le sue prove erano finite, e Garibaldi nel '60 doveva fare il resto. Tornato agli studi, si presentò candidato alle elezioni del 1865 e 1867 (la nomina a deputato nel 1861 era stata annullata perchè ispettore alla Pubblica Istruzione : allora gli « statali » non cumulavano la carica di deputato! ) e non fu eletto. Senatore nel 1873, morì tre anni dopo. Le Opere scelte riportano un suo discorso parlamentare ch'è tutto un invito a far eco¬ nomie, a quadrare le spese con le entrate, a ridurre gli impiegati statali saliti allo «spaventoso » numero di ottantacinquemila (oggi sono quindici volte tanti!), ad amministrare lo Stato da « buon padre di famiglia ». Inutile dire che la proposta non trovò « l'appoggio » del Senato e cadde nella seduta stessa. Con l'avvertimento che tutti i guai derivano dal vizio di conservar delle carte, Settembrini ci ha lasciato quello che nel mondo esistono « due soli partiti, gli uomini onesti, e i birbanti », e poco importa dei nomi. La sua libertà fu «la libertà desiderata dagli uomini, onesti, e se amarla è delitto, mi confesso reo, e ne accetto la pena ». Una vita intemerata attestò la coerenza fra azione e pensiero. E Francesco De Sanctis, che pur da lui dissentendo gli voleva bene, lo battezzò « matto », « radicale », ossesso dalla triade: «il birro, la spia, il prete », ma poi concluse: « In verità, in questo secolo, non vedo nessuna grandezza morale pari alla sua: siamo fieri che Luigi Settembrini è nato a Napoli ». Bisogna rileggerlo. Arrigo Cajumi 111111111111111111111111111111111111111111111111 tiiiii

Luoghi citati: America, Francia, Inghilterra, Italia, Napoli, Torino, Ventotene