Lascia buone memorie anima mia

Lascia buone memorie anima mia Lascia buone memorie anima mia n el o 3 u è ae a 4. 5 el inil e a o o di leo te ne nore 'è La garbata e cordiale polemica su un verso di Bertacchi, si arricchisce ogni giorno di nuove voci. Altre lettere infatti ci sono giunte che propongono modifiche o confermano il testo già citato. Chi poteva immaginare che il poeta valtellinese avesse tanti segreti cultori ed ammiratori? Evidentemente la sua voce limpida e modesta ha lasciato risonanze. Il lungo silenzio che ha circondato il nome del poeta non era dimenticanza. Familiari ed amici ne saranno lieti. Ci scrive l'avvocato Angelo Luzzara: « Caro Direttore, Giovanni Comisso, sulla fede dell'aw. Nilo Tibaldi, risponde alla mia lettera che denunciava la sfortuna di Bertacchi e rettificava i versi notissimi del carro che «oltrepassò d'erbe ripieno », scrivendo che nemmeno le mie correzioni sono esatte perchè avrei tentato di correggere, e gliene dispiace per me, sbagliando a mia volta. Anche nella seconda edizione del 1912 i versi sono come io li ho citati e quindi il tema di licenza liceale proposto dall'on. Credaro, Ministro valtellinese dell'epoca, ha fatto riferimento alla quartina così come io l'ho riprodotta e non certo ad una edizione di... otto anni dopo, così come indicato dal collega Tibaldi. Resta in ogni modo pacifico che nè prima, nè dopo il 1912, Bertacchi non scrisse mai così come ha citato a memoria Comisso nell'elzeviro « Il pane d'un tempo». Comisso, letterato illustre delle nuove generazioni, non ricordava il nome del poeta ed io avevo ragione di lamentarmi della sfortuna di Bertacchi. Di questo parere è anche il dott. Rezio Bertacchi, nipote del poeta, che così mi ha scritto: «Ricevo La Stampa ove ella, con memore affetto, ricorda i meriti e la sfortuna di mio zio Giovanni Bertacchi. Le sono infinitamente grato per le sue buone parole che puntualizzano una situazione che è fonte di ambascia per noi e per gli amici dello zio che in questi anni hanno lavorato per cercare di vincere il silenzio che circonda l'opera di poesia e bontà del poeta lombardo. Grazie ancora di cuore per il suo intervento ». Perdona la nuova noia ed abbiti cordiali saluti dal tuo Aw. Angelo Luzzani» Anche un vecchio amico del poeta vuole esprimere il suo parere sul tormentato verso e scrive: « Signor Direttore, Perdoni se anch'io — buon ultimo, forse — intervengo nella curiosa disputa sorta frr. Giovanni Comisso e l'avv. Luzzani a proposito di quel la famosa quartina bertacchiana che, gravemente fer ta senza volerlo dal prime di essi, fu poi non del tutto perfettamente guarita dal secondo. Il testo originale, ch'io ben conosco, è quello che si ritrova a pag. 143 della raccolta «A fior di silenzio», edita — nel 1912 — da Baldini e Castoldi di Milano — ed è il seguente: 11 carro oltre passò, d'erba ripieno, e ancor ne odora la silvestre via, sappi fare ancor tu come quel fieno, lascia buone memorie, anima mia. L'avv. Luzzani trascrisse imperfettamente l'ultimo verso perchè invece di: «lascia buone memorie » nella lettera diretta a Lei, egregio Sig. Direttore, e pubblicata In data del 10 corrente da La Stampa, si legge: « lascia buona memoria... » al singolare, il che immiserisce sensibilmente il concetto del poeta. Oggi poi — 16 settembre — ecco che interviene nella disputa l'avv. Nilo Tibaldi di Milano il quale vi reca un nuovo elemento tùtt'altro che chiarificatore, in quanto egli afferma che, nella edizione del 19levascnampobi«seritrfubdtogl'lappadd40pecmluraoftadnrEliFCstmsdnsep o e i i e e o d 1920, ch'io non posseggo, si legge: 11 carro oltre passi) d'erbe ripieno, e ancor ne odora la silvestre via; anima, fatti far come quel fieno, lascia buone memorie, anima mia. Se è così veniamo a trovarci di fronte ad un nuovo scherzo giuocato dalla fortuna contro il buon Bertacchi; ma perchè attribuire a Lui — poeta d'indiscutibile alta probità artistica — quell'orribile «fatti far» quando basta il semplice buon senso a suggerire che deve assolutamente trattarsi d'un semplice «refuso » tipografico? Evidentemente il Poeta ha bensì modificato il terzo endecasillabo del suo «Precetto» ma in meglio, non In peggio come mostra di credere l'avv. Tibaldi, in questo modo: c anima, sappi far come quel fieno » lasciando inalterati gli altri pochi bellissimi versi, che non pochi italiani conoscono ed amano. A questa conclusione m'induce la conoscenza personale dell'Autore, il quale per oltre 40 anni mi onorò della Sua purissima fraterna amicizia; e non altra preoccupazione, che quella di difenderne il nome e l'opera da ogni altrui calunnia volontaria o involontaria che sia. Con 1 più devoti ossequi mi abbia, egregio Sig. Direttore, obbl.mo Suo Alessandro Freschi P.S. - Giovanni Bertacchi fu, giovanissimo, salutato Poeta da G. Carducci e di Lui e delle Sue liriche si occuparono in seguito uomini di chiara fama come Filippo Turati, Ettore Janni, Galletti, Bartoli, Crespi, Cecchi, Fraccaroli, Flora, Borsa ecc. ». Ma non è finita. Il signor Celeste Ferdinando Scavini ci segnala che la solitaria quartina è stata citata anche dal medico Ernesto BertarellI nel suo libro « Invecchiare sorridendo », ma così modificata :.| c Un carro oltrepassò d'erbe ripieno. Tutta, ne odora la silvestre via: Anima possa tu far come quel fieno, Lascia buoni ricordi anima mia ». Anche L. A. Mondini ben noto giornalista, vuol dire la sua e scrive da Roma: « Caro Direttore, Povero Bertacchi! La sua esile voce di troppo facile poeta ci è arrivata attraverso un disgraziatissimo verso che, riprodotto a orecchio da Comisso corretto da Luzzani, è sddcmpaqcltpgtndeqsrvdènU stato già corretto e ricorretto dall'autore. Nella 2* ediz. (Baldini e Castoldi, 1912) leggo: Sappi fare tu pur come quel fieno lascia buone memorie, anima mia. E, francamente, anche così corretto il verso è brutto, molto brutto. Cordiali saluti da un terzo pignolo. L. A. Mondini» . Chiusa amara dopo tanto affetto di ricordanze. Eppure questo « troppo facile poeta » che ha saputo esprimere con le semplici parole di tutti sentimenti di quieto ottimismo a precetti di sana morale ò giunto fino a noi. Nella solitudine dei suoi monti più che nel tumulto della vita cittadina seppe cogliere immagini ed armonie fatte di niente, quasi sospese nell'aria. E' il suono uguale di acqua scorrente «anima arcana della valle» o l'odor d'erbe buone del carro che passa. Qualcosa è rimasto. Forse Bertacchi non chiedeva di più.

Luoghi citati: Credaro, Milano, Roma