La giornata della disfatta

La giornata della disfatta La giornata della disfatta (Nostro servizio particolare) Buenos Aires, 10 settembre, Perón è caduto. Alle ore 18 il generale ha diramato al Paese un messaggio In cui rassegnava le dimissioni. Poco dopo Lucerò, comandante delle forze antirivoluzionarie, rimetteva il suo mandato ad una giunta militare Incaricata di trattare la resa. Alle 32,35 la radio statale annunciava che la giunta accettava di sospendere le ostilità e di iniziare a mezzanotte le trattative con 1 rivoltosi. Lo crisi è precipitata improvvisamente. Dopo i combattimenti della notte, gl'insorti hanno avuto un deciso sopravvento che ha indotto Perón prima a sollecitare trattative con il < Comitato di Liberazio-r ne rivoluzionario * e poi ad offrire le sue dimissioni. Premuto dai suoi stessi collaboratori, dopo una giornata che ha visto moltiplicarsi da un capo all'altro del paese numerose sedizioni di reparti governativi a favore dei rivoltosi, Perón ha tentato senza successo di convocare i capi degli insorti per negoziare. E' stato un rapido e drammatico capovolgimento dèlia situazione. La radio di Buenos Aires, ' che . per tutta la mattinata aveva lanciato trionfanti bollettini che davano per stroncata l'insurrezione, ha rivolto all'improvviso un appello al «Comitato di Liberazione* per sollecitare trattative. L'appello è stato letto alla radio dal generale Lucerò, comandante m capo dello forze governative, il quale ha detto di essere stato autorizzato « da sua eccellenza il Presidente della Repubblica * ad invitare il comando rivoluzionario al Ministero della guerra per l'avvio di un negoziato. Gli insorti hanno risposto immediatamente respingendo l'offerta e sottolineando che non potrà esservi pacificazione se non dopo le dimissioni di Perón. A Lucerò che ti invitava a recarsi a Buenos Aires essi rispondevano offrendo allo stesso Lucerò di recarsi sulla nave ammiraglia dei rivoltosi per portare le dimissioni del presidente. Non c'era più via di scampo per Perón ed hn finito con l'offrire le proprie dimissioni,, itia nel tono vago ed ambiguo col quale già le aveva presentate due settimane fa. •:■ L'Esercito può assumere i poteri di governo ai fini della pacificazione del paese prima che Ma troppo tardi. Ciò si impone per la difesa dei superiori interessi della nazio¬ ne », ha detto Perón, aggiungendo che era arrivato a questa decisione per risparmiare un ulteriore spargimento di sangue. E concludeva; . « Io sono profondamente lacerato nel mio animo da questa lotta e da questo martirio. Credo però che tale debba essere la mia condotta dinanzi alla minaccia di bombardamenti ai danni di popolazioni innocenti ». A fare precipitare la situazione a favore degli insorti^ sono stati due fattori: la der fezione di numerose truppe governative che, dopo tre giorni di esitazione, si sono dichiarate stamane solidali con la rivoluzione, e il sempre più minaccioso concentramento di unità navali ribeili in vista di Buenos Aires, di Mar del Piata, e di altre località costiere. Era le defezioni dei presidi la più grave e determinante è stata quella che ha visto passare al completo, sotto le bandiere della insurrezione, la Seconda Armata, di stanza nella provincia di Mendoza. Alla defezione di questa importante piazza militare hanno fatto seguito quelle dei presidi di San Luis e di San Juan. Queste tre località sono situate a nord-ovest della capitale e comprese nella regione di Cuyo, vastissima e confinante con il Cile. Appena decisa la defezione dei tre grossi contingenti governativi il generale Julia Alberto Lagos, comandante della Seconda Armata ha assunto il comando delle tre guarnigioni in nome della Oiunta rivoluzionaria, costituita dal generale Videla Bélaguer, e radio San Luis ha comunicato: «Tutta la regione di Cuyo si è levata in armi. Perón ha ormai commesso fin troppi abusi contro la famiglia argentina. Egli non ha il diritto di causare ancora vittime. Perón deve rassegnare immediatamente le dimissioni ». A questo comunicato, trasmesso ripetutamente per tutta la mattinata, si alternava un altro bollettino, a firma del « Comando della Liberazione * che- reclamava anche le dimissioni del generale Franklin Lucerò, capo delle forze governative. « In giornata anche Buenos Aires sarà liberata e. i nostri fratelli della capitale cominceranno anch'essi a godere di quelle libertà che .sono già state riconquistate dalla regione di Cuyo e da numerose altre città >. Affermavano le radio di San Luis e di Puerto Belgrano: « La rivoluzione sta trionfando ». Da Radio Mendoza si ap¬ prendeva poi che la quarta brigata aerea di Plùmerillos si era schierata con gli insorti e che dagli aeroporti di Villa Reino, nella provincia di San Luis, erano già pronti i bombardieri destinati ad investire la capitale e quelle altre località che si fossero ostinate ad opporre resistenza all'ingiunzione di resa. Il tono delle radio degli insorti si faceva sempre più minaccioso nei confronti del regime i I un comunicato di mezzogiorno annunciava fra l'altro che indulgenza vi sarebbe stata < ma non per coloro che hanno fatto tanto male al Paese». <I membri del partito peronista — precisava un'emittente ribelle — saranno processeti e saranno puniti se risulteranno responsabili di crimini ». Poi le notizie si sono fatte di momento in momento più incalzanti da parte degli insorti, i quali con ogni nuovo comunicato annunciavano ,'a resa di guarnigioni governative. « Si è arresa anche quella di Rosario, dove è di stanza la terza divisione di fanteria », dicevano; « Gli aerei degli inso-ti hanno preso a martellare le formazioni governative che il generale Lucerò aveva mandato contro Puerto Belgrano e Bahia Bianca. L'investimento di quei reparti — precisava la radio dei rivoluzionari — é stato massiccio ed ha provoca to lo sbaragliamento completo delle truppe peroniste in marcia*. Nel primo pomeriggio la radio dt Puerto Belgrano ha smentito con sarcasmo le affermazioni del governo ohe davano per « riconquistata dalle forze del regime > la città di Cordoba. « Cordoba è con i rivoluzionari e gli esigui reparti peronisti che erano riusciti a mettere piede in città sono stati in parte sbaragliati e in parte accerchiati: questi ultimi non hanno via di scampo ». Il comando rivoluzionario di Puerto Belgrano annunciava successivamente che la flotta sì accingeva a bombardare la località di Mar del Piata: meno di un'ora più tardi Mar del Piata veniva difatti investita da un massiccio fuoco scatenato dai grossi calibri dell'incrociatore «Nove Luglio*, che devastava le attrezzature portuali e provocava incendi net depositi di carburante. Il comando del presidio di Mar del Piata poco dopo offriva la resa tramite il console uruguayano, ma una parte della locale guarnigione si rifiutava di arrendersi e allora le forze ribelli che stazionavano nei pressi della città sferravano un attacco. La lotta in questa città di 100.000 abitami posta a 600 km. a sud-est della capitale, è stata breve: la città è stata occupata dagli insorti ma una parte del presidio è riuscito a sganciarsi ed ha raggiunto un grosso contingente di truppa governativa concentrato da ieri a nord dell'abitato, agli ordini del generale Heraclio Eerrazano al quale il governo aveva affidato la difesa di Mar del Piata e quella di Buenos Aires. A Ferrazano è stato rivolto più volte durante la giornata l'invito alla resa. Il più drammatico di questi inviti è stato diffuso dalla radio mobile che trasmette da una delle navi da guerra visitanti al largo fra Mar del Piata e Buenos Aires. Esso ricordava al generale Ferrazano che la sua dignità di soldato gli imponeva di tenere fede alla parola data al Comitato rivoluzionario il 10 giugno scorso, in vista della sollevazione del 16 di quello stesso mese, parola con la quale egli si era impegnate a combattere contro Perón e 0 suo regime. Mentre le radio degli insorti trasmettevano comunicati annunciatiti la resa di guarnigioni e di presidi in varie parti della repubblica, la radio governativa di Buenos Aires dichiarava miserevolmente fallita l'insurrezione. «Cordoba è stata riconquistata dalle forze del regime », continuava ad insistere radio Buenos Aires, precisando che il colpo di grazia ai rivoltosi di quella città era stato sferrato nelle prime ore del mattino e che in breve volgere di ore gli insorti si erano arresi. E, sempre in mattinata, l'emittente statale lanciava un trionfante comunicato per annunciare che « tutti i centri della resistenza erano stati eliminati* e che le truppe governative avevano soltanto da levare di mezzo « gli agonizzanti rivoluzionari » rintanatisi a Puerto Belgrano, « ultimo pantano di sediziosi». Il governo metteva inoltre in ridicolo l'annunciato e mai vvenuto bombardamento della capitale ad opera della flotta ribelle. Si apprendeva poi in proposito che il bombardamento non era stato effettuato a causa della fitta nebbia e della violentissima pioggia che avrebbero, impedito una precisione di tiro necessaria per lasciare indenne' l'abitato dalle bordate dei grossi calibri destinate esclusivamente alle caserme e agli edifici governativi. , La tensione, che nella capi¬ tale era rimasta compressa in attesa di un chiarimento della situazione, si è improvvisamente esasperata quando si è saputo che il « Gomitato della rivoluzione » reclamava con la minaccia di un massiccio bombardamento, la chiusura delle trasmittenti radio di Buenos Aires che continuavano a dare ormai per scontata la vittoria delle truppe governative. Verso mezzogiorno, infatti, la radio dell'incrociatore « lt de Octubre » ■ della squadra che aveva preso posizione nelle acque della rada della capitale, annunciava: < Alle 13 locali avrà inizio il bombardamento di Buenos Aires*. C'è stato un po' di esitazione da parte del governo dinanzi a così drastica ingiunzione. Poi, quando era ormai chiaro a tutti che la vittoria era nelle mani dei rivoltosi e non del regime, l'emittente governativa ha irradiato il messaggio con il quale Perón si dichiarava disposto a dimet- a. p. I due protagonisti in ritirata destra), 11 generale Lucerò, Perón e, alle sue spalle, (a capo dell'esercito. (Telefoto)