"L'Angelo di fuoco" per la prima volta alla Fenice

"L'Angelo di fuoco" per la prima volta alla Fenice "L'Angelo di fuoco" per la prima volta alla Fenice (Dal nostro inviato speciale) . Venezia, 14 settembre. Un inusitato raccoglimento favori la preparazione spirituale a questo melodramma. Da vent'anni- era stato pubblicato L'Angelo di fuoco,, romanzo di Valeriano Briussoff, (1873-1924), rievocante un'antica leggenda bavarese, quando, 1927, il musicista ne trasse liberamente il libretto, stendendolo in cinque atti, scissi in sette quadri L'azione si svolge per lo più a Colonia durante il Cinquecento. A Renata, ancora bambina, un Angelo di fuoco, Madlel, era apparso, benevolo, amoroso, e più volte tornò a vederla. Giovinetta e innamo rata, ella gli si offerse. Sdegnato, l'Angelo spari, avvertendola in sogno che l'avrebbe riveduto in sembianza umana, Imbattutasi'nel conte Enrico, gli si diede, credendo ch'egli stesso fosse Madiel; abbandonata, sgomenta, vagabonda, accusata di maleflzi, è sconvolta da tremende allucinazioni e paure: tuttora lo ama, e spera nei soccorsi della magìa. Il cavaliere Ruprecht tenta di quietarla, di consolarla e di avvincerla. Respintone l'amo- re, Renata lo scongiura di pu-j nire Enrico, di ucciderlo. Se 10 uccide, sarà sua. Insieme lo ritrovano. Ruprecht provoca Enrico, nel quale Renata crede ora di intravvedere l'Angelo di fuoco, e perciò non vuole sia ucciso. In duello Ruprecht è ferito. Pentita, Renata s'innamora di lui, poi decide di entrare in un monastero. Ruprecht incontra in una taverna Faust e Meflstofele. I demoni invadono il convento, dove l'Inquisitore viene ad esorcizzare la giovane. Improvvisamente isteriche, le monache invocano if diavolo, bai lano, si rotolano per terra. 1 soldati menano Renata al rogo. Questo, molto sommariamente, l'intreccio, che abbonda di episodi misteriosi e divagazioni sulla« magìa. Narrano I biografi che per immergersi nell'ambiente germanico e rivivere le esaltate manifestazioni della Controriforma, Prokofleff visse diciotto mesi a Éttal, un. villaggio nell'Alta Baviera, che immaginava prediletto dal Diavolo, quanto il vicino Oberammergau è caro al buon Dio. Taluni giornalisti russi collegarono la scelta del soggetto col proposito di ironizzare sul fanatismo religioso e sull'Isterismo borghese. Ma nulla induce a tale sospetto. Il musicista previde forse le risorse duno spettacolo sorprendente. Si può credere pertanto che la strana vicenda, e 11 contrasto della sensualità e del misticismo nella persona di Renata con 11 realismo e l'allegorico delle diavolerie e delle stregonerie, abbiano sollecitato la sua scelta'. Gli esperti di drammaturgia sanno quanto raramente sia riuscita anche a forti musicisti la piena rappresentazione di ambiguità psichiche, di incubi, di allucinazioni, di fantasmagorie. Superbe realizzazioni furo no quelle di Verdi nel Macbeth, di Mussorgski nel Boris. Non basta infatti che il libretto Informi: il tal personaggio è un visionario, un folle. Occorre che tale lo determini con i propri mezzi il musicista, e, s'intende, lo poetizzi, sicché a noi risulti concreto e idealizzato. Della Renata di Prokofleff si può dire che la morbosa mentalità non è una presunzione didascalica, ma si fa evidente col contributo di tutti gli elementi sonori, e convince ed emoziona. Il contributo orchestrale e vocale è ricco e potente, specialmente nel primo e nell'ultimo quadro. Conservate le caratteristiche essenziali della sua natura musicale, Prokofleff si afferma, come suol dirsi, artista psicologo, cioè un creatore di anime, di cui II dramma non è statico, ma progressivo, mutevole, via via più intenso e tormentoso, e, ciò che assai vale, inconsapevole e consapevole nelle sofferenze radicali e' In quelle che l'ammalato, quasi perverso contro se medésimo,'sollecita ed accresce. Prokofleff oi presenta all'Inizio dell'opera Renata in un momento di smarrimento e di pena. Subito ne siamo interessati, tanto umana è l'agitata e afflitta concitazione, emergente dalla quasi amorfa, martellante recitazione. Nel racconto delle sue aspirazioni e mortificazioni la febbrile accensione dell'anima e dei sensi, l'incontenibile bisogno di confidenze, la supplice Invocazione di aiuto, la delusione e la speranza, la resistenza ad improvvisi stimoli sessuali, si succedono di attimo SsdtlIiep1gt j in attimo, formando come un ampio arioso, rivelatore delle più segrete intimità. . La presentazione è tanto esplicativa e sufficiente che alcuni episodi seguenti e digressivi sembrano superflui' più che pleonastici E qui si constata che l'esigenza della nucleata melodrammaturgia è nell'apprezzamento d'un'opera d'arte legittima e sostanziale. Infatti la composizione è in tali episodi < fatta », come sapientemente e ingegnosamente Prokofleff sapeva; ne difettava la specifica densità creativa. Pallide, in questo senso, sono le grottesche chiacchiere con l'Indovina e le discussioni su i trattati di magia, la scena davanti alla casa di Enrico, quella nell'osteria presenti Faust e Menatotele. L'interessamento allora scema, e un'osservazione si diffonde e s'approfondisce: quella della confusione del fantastico con l'illogico. Di ciò Prokofleff si compiacque stravagantemente. Terminata l'udizione, ci si' domanda: come mai Renata sa-^ peva il nome di Ruprecht, nonancora incontrato? E che significa l'intervento di Faust e di Meflstofele? E che arreca al dramma il futile trucco del Garzone dell'osteria divorato da Meflstofele e vomitato intatto e vivo in una fontana? Queste domande si riferiscono ad incoerenti fatti soltanto visivi, non divenuti espressioni musicali. Altri quadri e pagine si congiungono "invece strettamente col primo atto, e cantano il divenire del dramma. Bello è perciò l'interludio orchestrale, che descrive il tumulto dell'animo di Ruprecht mentre si reca a consultare Agrippa, uno studioso di scienze occulte, anzi .uh < filosofo»; e bello è il loro colloquio nel laboratorio pieno di • oggetti utili alla magìa, di scheletri, di uccelli e cani imbalsamati. La sussultante, acre; ironica strumentazione accompagna il dialogo del sarcastico scienziato, dal registro tenorile acuto, stridulo, lancinante, col cavaliere, la cui voce baritonale si umilia, turbata, perplessa nell'ombra della superstizione. Patetico e nobile è l'arioso lamento di Renata accanto a Ruprecht ferito e svenuto. Eccellente infine è l'ultimo1 atto. Nella cupezza del sotterraneo nel convento echeggia un che di solennemente sacro e rituale. E' questa l'aura calma e mite che Renata desiderava propizia alla salvezza dell'animo, alla quiete della coscienza. Vano desiderio. Coloro che vogliono redimerla, la .materna Superiora, il duro Inquisitore, vigoroso personaggio, rinnovano la sua esasperazione, ed i suoi canti liricizzano alterni la stanchezza, la ribellione, gli indimenticabili ricordi, la volontà di annullamento. Attorno a lei è un conflitto di passioni, la Imperiosità della Chiesa, la trepida preghiera delle Monache impaurite, le invettive al Demonio, gli scongiuri e le calunnie, 1 beffardi cori di invisibili miscredenti. E' un tumulto di orrendi strepiti, disciplitiatlssimo, poiché ciascuna persona o ciascun gruppo di persone ha una individualità artistica ed energicamente la sostiene, e intanto l'associa con altre contrarie. Con maestria polifonica, pari alla veemenza fantastica, 1 cori blasfemi contrastano con i pii, sinché la condanna, ài rogo tuona tremenda sotto la vòlta deserta. Chi volesse avvicinare L'Angelo di fuoco all'altra opera di Prokofleff, di cui si discorse recentemente, Guerra e pace, in parte riscontrerebbe la medesima discontinuità del valore drammaturgico, in parte riconoscerebbe una più severa e lirica vena fantastica ed espressiva. Qui non romanze melodiose, « orecchiabili », cioè assuefatte in una maniera disinvolta, ma ariosi vigilati e liberamente svolgentisi; ed una solidarietà strumentale e vocale, diretta attuazione dell'immaginato dramma, che vigoreggia nell'evocazione dell'ambiente. Una tale opera, un'opera, diremmo, sul serio, meritava le molte fatiche e cure prodigate dal sempre desto, perspicace, bravo concertatore Nino Sanzogno e dai numerosi cantanti, fra i quali per brevità citeremo Dorothy Dow, Rolando Panerai, Enrico Campi, Mario Carlin. Molte lodi vanno anche a Giorgio Strehler, il quale, attenendosi alle poche didascalie e mirando allo spirito e al gusto della musica, ha congegnato le addicevoll scene di Luciano Damiani ed i costumi di Ezio Frigerio in una regia attraente e persuasiva. Presente e lontana è l'incompiuta mole del Duomo di Colonia, che, ancora recinta dalle impalcature, già torreggia gigantesca nella fede sulle case nane, squallide, dirute, degli uomini- tremebondi e pavidi nelle incertezze della magia. Ed al valore dell'opera ed alle fatiche degli interpreti il folto pubblico della Fenice ha dato il più giusto compenso. A. Della Corte

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